INCONTRO DI SETTEMBRE 2005
Natale Colombo (Usmate). Ben arrivati a tutti. Oggi avremo la possibilità di vedere i nuovi pannelli presentati al Meeting di Rimini. Ormai da sette anni, nel mese d’agosto, siamo presenti al Meeting con uno stand. Quest’anno abbiamo arricchito la mostra con due pannelli dedicati ai nostri figli.
Iniziamo con una preghiera e un canto.
Don Giancarlo. Attraverso il canto La Strada abbiamo la possibilità di ridirci che, dentro la fatica quotidiana, è bello vivere. E’ bello per chi ha un cuore semplice che non pretende che tutto accada secondo la misura del suo io. Ha un cuore nuovo chi sa portare sulla realtà uno sguardo positivo, frutto della consapevolezza che essa è stata salvata dall’amore di Dio incarnatosi in Gesù.
Vivere sui percorsi esistenziali, anche i più impervi e drammatici, è bello a condizione che lo sguardo del cuore riesca a vedere il positivo e abbia in corso delle amicizie che alimentino la speranza. Il positivo è la presenza di Cristo che chiama. Quando l’uomo risponde affermativamente costata il miracolo del suo cambiamento.
Preghiamo affinché siamo resi capaci di mendicare sempre a Dio questo nuovo cuore. Pregheremo anche durante l’Eucaristia, sorgente che infiamma. Gesù ci dice: “Chi mangia di me vivrà per me.Chi rimane in me e io in lui porterà molto frutto.” Il frutto più imponente è il cambiamento.
Questa estate ho fatto una vacanza con alcuni di voi. Al termine ci siamo detti che è proprio stata una bella esperienza perché ha illuminato e ritemprato il nostro cammino.
Chi cambia dentro tende a comunicarlo, a costruire nuove relazioni e a vivere rischiando la sua libertà. E’ un uomo che lotta con speranza e vive radicato nella Verità. E’ un uomo che non si lascia bloccare dallo spauracchio dei condizionamenti e dei limiti. E’ un uomo che si apre a tutta la realtà senza farsi imbrogliare dalla frontiere della lingua, della religione o della razza.
Oggi è la giornata in favore del Seminario, un’istituzione che porta a pensare alla parola vocazione. La vocazione vede sempre in gioco due fattori: l’iniziativa di Dio e la risposta dell’uomo. L’iniziativa di Dio è sempre grande, gratuita e mira al bene. L’uomo che è fatto per il bene porta in sé la ferita del peccato originale che può farlo diventare un abominio, mistero di iniquità. Noi che vogliamo essere uomini positivi pensiamo alla chiamata di Abramo, di Samuele, di Maria e chiediamo la forza del sì.
Recita dell’Angelus e della preghiera di Famiglie in Cammino.Poi si apre l’assemblea.
Nicoletta Rosselli (Varese). Questa estate sono andata in Abruzzo dove ho tenuto compagnia ad una signora a cui era da poco morto il figlio. Mi sono meravigliata per essere riuscita a fare qualcosa per lei. Alla partenza la signora piangeva perché le sarei mancata. Per sostenerla le telefono ogni domenica.
Anna e Icilio Antonelli sono andati a Lourdes. Anna mi ha telefonato piangendo di gioia perché il marito le aveva chiesto di accompagnarlo. Non si aspettava tale invito. Mi ha detto che questo è il frutto della nostra compagnia e mi ha incaricato di ringraziavi.
Matteo La Pescara (Busto A.). Le vacanze in montagna con don Giancarlo ed altri sei tra di noi sono state speciali. Speriamo che le prossime vacanze ci vedano più numerosi. La compagnia è meravigliosa e ci fa sentire a casa.
Pinuccia Borsani (Cassano Magnano). Anch’io e mio marito abbiamo trascorso le vacanze con don Giancarlo. Sono state vacanze sicuramente ricche. Mi ha colpito soprattutto la testimonianza fresca di padre Tiboni, un prete comboniano di ottanta anni che svolge la sua missione in Uganda da più di 40. Lì ha incontrato il movimento di CL.
Don Giancarlo. Padre Tiboni ci tiene a ribadire che il movimento non lo ha incontrato attraverso me o don Fabio Barroncini quando era in Italia e ci incontrava settimanalmente nella Basilica di S. Vittore di Varese (anni ’68-’72). Il carisma di don Giussani lo ha incontrato in Uganda in uno dei momenti più terribili della guerra civile. L’incontro col Signore che lascia la ferita indelebile del suo passaggio è imprevedibile e totalmente gratuita. Per svelarsi usa chi vuole, quando vuole e con modalità imprevedibili.
Pinuccia Borsani (Cassano Magnano). Padre Tiboni raccontava che si sentiva soffocato dalla presenza di Amin, uno dei più feroci dittatori ugandesi. Quando ha incontrato il gruppo di amici di CL era rimasto colpito dal fatto che ciò che li univa non era la resistenza politica ad Amin ma Cristo.
Abbiamo potuto ascoltare anche la testimonianza di don Ubaldo, missionario a Novosibirsk in Siberia. La sua parrocchia comprende ben sette fusi orari. Mi ha commosso quando ha raccontato delle vecchie contadine che hanno saputo conservare la fede cristiana attraverso i decenni di dittatura comunista. Una di queste vecchine che mensilmente riceveva la pensione, la donava alla chiesa. Don Ubaldo si preoccupava per come potesse sostenersi e lei rispondeva che nell’orto coltivava le patate e quei pochi soldi erano per Cristo. In un’altra occasione, visto che la pensione tardava, era andata da lui per scusarsi di non poter contribuire e ribadiva che le scuse erano rivolte a Cristo.
Don Ubaldo ci ha anche raccontato delle sue vacanze con altri sacerdoti della fraternità di S. Carlo vicino a Madonna di Campiglio. Ha sottolineato la diversità caratteriale e di stile di vita. Quello però che li univa era la fede in Cristo. Questo mi ha fatto subito pensare al nostro gruppo. Anche noi ci troviamo qui con le nostre diversità. Inizialmente siamo stati mossi dalla morte dei nostri figli. Oggi siamo insieme per Cristo che ci ha portati qui.
All’inizio anche per me lo stare con voi mi faceva sentire diversa per la mia storia. Ci sono voluti tempo, pazienza e soprattutto un cammino per capire che la diversità non è di ostacolo alla comunione.
Sono dispiaciuta di non avere potuto partecipare al Meeting di Rimini. So che don Carron ha chiuso il suo intervento leggendo la lettera di una mia carissima amica. La storia di questa persona è già stata grande ma Carron ha saputo interpretarla con uno sguardo più profondo. Questa amica è stata tra le prime che, dopo la morte della nostra Viviana, ha saputo farci intravedere una speranza.
Giorgio Macchi (Varese). Il Meeting di quest’anno è stato speciale. Il nostro stand era veramente bello. Voglio ringraziare le persone che hanno contribuito ad allestirlo e che hanno ideato i pannelli. Si è fermata tantissima gente. In alcuni momenti c’erano sette, otto, dieci persone che volevano parlare con noi. Personalmente ho ricevuto delle testimonianze bellissime che mi hanno fatto capire come Famiglie in Cammino sia diventato un segno di speranza. Ho notato che molti già ci conoscevano e quando si fermavano allo stand ci raccontavano le loro storie di solitudine o di amici e parenti che non volevano aprire la porta del loro cuore alla cruda realtà delle nostre tragedie.
Ho pensato a noi, messi insieme dal Signore e, oggi, testimoni della grazia ricevuta. Vivere il dramma della morte di un figlio nella solitudine è terribile. La nostra presenza al Meeting ha voluto essere veramente segno di speranza.
Essere al Meeting vuol dire anche essere a disposizione completa di quanto ti viene chiesto. Gli anni precedenti volevo adattare il Meeting a me stesso con un programma ben definito. Ho capito quest’anno cosa vuol dire vivere il Meeting con libertà: andarci ed essere disponibile verso gli altri e verso se stessi. Gli amici di Rimini, Angelo ed Enrica, ci hanno riservato un’accoglienza eccezionale. E’ stato come essere ospitati a casa.
Giuseppe Forame (Cormano) Nella settimana vissuta al Meeting mi sono sentito come un bambino che vive una nuova esperienza. Come il bambino che ritorna alla madre, mentre lo visitavo ritornavo allo stand dove vedevo il volto di Natale, di Giorgio, di tutti quelli presenti e riassaporavo il calore di un’amicizia. Io e mia moglie siamo andati ad ascoltare un ministro ma ad un certo punto ci sentivamo soffocare. Usciti, ci siamo infilati in una sala dove un Vescovo parlava della Chiesa che soffre. Siamo rimasti ad ascoltare la sua storia. Alla fine ho sentito il desiderio di ricevere la sua benedizione. Questa per me è stata una grande gioia.
Allo stand ho visto anch’io tanta gente che entrava, guardava, leggeva. Tanta gente usciva con le lacrime agli occhi e mi diceva: “Non ci sono parole”. Mi hanno colpito due persone di colore che hanno dimostrato interesse nel voler costituire un gruppo come il nostro dove vivono e nel percorrere la nostra stessa strada.
Carla Fertita (Busto Arsizio) Per me la settimana trascorsa al Meeting è stata un’esperienza paradisiaca. Ho visto grande unione. Siamo una famiglia. Il Signore ci ha messo insieme per camminare insieme nel dolore.
Don Giancarlo. Anch’io voglio raccontarvi qualcosa della mia estate. Nel mese d’agosto ho vissuto cinque esperienze diverse, con gruppi diversi, in vari luoghi d’Italia e poi in Germania per la giornata mondiale dei giovani. Sono tornato stanchissimo. Ne porto un bel ricordo. La fatica è la condizione e non il contenuto dell’esperienza. Quando si hanno mete grandi da raggiungere, la fatica la si mette in canto. Nella verifica mi sono reso conto che l’esperienza vissuta aveva corrisposto alle attese e al desiderio del mio cuore. Ciò che mi ha mosso è stato l’impegno della mia libertà nell’affronto delle realtà incontrate.
La realtà, nelle sue provocazioni, è sempre piena di fascino e di attrattiva. Da essa emerge sempre qualcosa che interpella, comunica messaggi, fa intravedere possibilità, promette un di più. Chi obbedisce alla realtà fa esperienze che lo rendono più libero.
Del mese d’agosto ricordo la grande fatica fatta e la bellezza dell’essermi messo al servizio dei presenti. Non solo perché in veste di sacerdote avevo delle incombenze precise. Ricordo i diciotto chilometri fatti a piedi da Colonia a Marienfeld. Un tipo un po’ sprovveduto che avevo invitato, anziché portare il minimo indispensabile, nel trasferimento a piedi si era portato appresso un borsone pesantissimo. Mi guardavo attorno per trovare qualcuno che lo potesse aiutare. Tutti erano però presi dalla loro fatica. Allora, l’ho fatto io, il vecchietto. Il servizio è vedere il bisogno e su di esso muoversi. Questo rende liberi.
Natale Colombo (Usmate). Con la famiglia Forame e Tagliabue, mia moglie ed io abbiamo trascorso le vacanze in Sardegna. Siamo arrivati all’isola di S. Antioco e una signora che avevo conosciuto solo per telefono e che conosceva la nostra storia ci ha messo a disposizione la sua casa. La cosa mi ha colpito. E’ stata un’esperienza bellissima. Si rimane sbigottiti di fronte a certi gesti. Ci si rende conto che quando uno fa l’esperienza di incontro con Cristo, cambia al punto da mettere a disposizione ciò che ha.
Giorgio Targa (Milano). Sono stato al Meeting e ho rinnovato la gioia di vedere un’opera così bella che vede coinvolti migliaia di giovani. Ritornando dal Meeting il Signore ci ha fatto incontrare due amici di vecchia data. Il mese prima avevano perso un figlio, architetto suicida di ventisei anni.
Con loro abbiamo trascorso parecchio tempo. Ho sentito una grande responsabilità verso di loro. Ho tentato di far loro capire che la forza per vivere la situazione comune a noi era venuta dal gruppo e dal cammino di fede. La Fede fa accettare il dolore e, nel tempo, cambia la vita.
Questi genitori vivono già la Fede seguendo il carisma di don Giussani. La cosa più giusta mi è parsa quella di invitarli nel nostro gruppo.
Raimonda Targa (Milano). Come è evidenziato dallo schermo che abbiamo davanti agli occhi, Famiglie in Cammino valorizza l’eredità lasciataci dai nostri figli. I genitori che abbiamo incontrato erano stati tra quelli che ci avevano sostenuto alla morte di nostro figlio. Al Meeting sono passati dal nostro stand e poi il Signore ce li ha fatti incontrare. E’ come se nostro figlio ci avesse lasciato il compito di aiutarli. Chiediamo al Signore di aiutarci. Sono rimasta molto colpita da una coppia incontrata a Rimini e desiderosa di farsi aiutare dal Signore seguendo le orme della figlia. Questa ragazza un paio di anni fa era passata dal nostro stand. Ne era rimasta commossa e, ritornata a casa, aveva incoraggiato i genitori ad interessarsi alla nostra storia. E’ come se il Signore preparasse le strade. Questa figlia è morta qualche mese fa in un incidente. I genitori, ricordando l’episodio, ci hanno cercato. Questa vicenda mi ha toccato da vicino perché ricordo come anche mio figlio, vedendomi preoccupata per il suo futuro, mi incoraggiasse dicendomi che la nostra vita è nelle mani del Signore e tutto ciò che Lui permette è per il nostro bene.
Natale Colombo (Usmate). Dopo gli interventi possiamo vedere il video con le poesie dei nostri ragazzi.
Video
Don Giancarlo. La vita è bella non perché priva di croci. E’ bella perché la Croce che l’evento cristiano ha portato nella storia come una novità rivoluzionaria, permette di vivere anche i fatti più drammatici dell’esistenza in un’ottica di speranza.
Durante l’anno ho iniziato ad usare il nostro testo di scuola di comunità “Il miracolo dell’accoglienza” per alcuni incontri formativi anche con un gruppo di volontari della mia Caritas parrocchiale. Ne abbiamo ricavato grande giovamento. Vi invito perciò a usarlo con più regolarità di come stiamo facendo.
Gli spunti offerti vanno calati nella quotidianità e fissati nella memoria come criteri alla luce dei quali affrontare la vita. Pinuccia, facendo riferimento alle vacanze di Madonna di Campiglio ci ha ricordato che, pur riconoscendo che il fattore che, inizialmente, ha unito le nostre vite è stata la disgrazia di una perdita. Oggi non è più così. Siamo diversi da quell’ inizio perché abbiamo spostato l’obiettivo dalla disgrazia alla bellezza di un’amicizia mossa dalla Fede nella Chiesa.Tanti che si sono messi insieme solo per la disgrazia oggi non sono più con noi. Quello che adesso tiene insieme noi e che alimenta la nostra unità non è più una perdita ma un guadagno. Lo sguardo si è sollevato e ha guardato oltre, un oltre che viene prima di tutto ed è il fondamento e la soluzione di tutto: Cristo. Stando insieme abbiamo imparato a seguirlo come il fattore decisivo e costitutivo della nostra unità.
In questa diversità, frutto di un cammino e di una grazia, noi aspettiamo con gioia il momento di rivederci mensilmente. Lo stare insieme volendoci bene, dandoci fiducia e ascoltandoci reciprocamente ci permette di accorgerci che non sono molti gli ambiti in cui si sta insieme così. Il nostro è uno stare insieme costruttivo perché percepiamo l’aleggiare della presenza dello Spirito santo che ci rinnova. Se tale percezione permane significa che ci stiamo radicando nella comunione ecclesiale. Di conseguenza ci conviene sempre appartenere e seguire. Così hanno fatto Giovanni e Andrea, schiere di santi e di martiri che la Chiesa indica come modelli.
Riprendiamo nuovamente il capitolo del nostro testo che si intitola “La familiarità come metodo del mistero”. Esso ci ricorda che il metodo per imparare a fare esperienza di accoglienza è l’amicizia con Cristo che vive in noi e opera attraverso di noi tenendo in mano le fila del nostro destino.
Il testo ci fa fissare l’attenzione su due tipi di accoglienza: quella che accoglie l’altro alla luce del disegno di Dio su di lui si chiama carità e quella che si ferma alla condivisione del bisogno dell’altro che noi chiamiamo caritativa.
L’accoglienza di carità fa accogliere l’altro nella sua interezza umana. Non si limita alla condivisione di qualche bisogno ma mira alla sua salvezza ed educa il cuore al dono permanente di sé. Quando la carità viene assimilata come mentalità diventa l’ anima di ogni rapporto.
Don Giussani dice: “Capisco oggi, a settantrè anni, le cose che vi sto dicendo”. E aggiunge: “Tutti noi vediamo le stesse cose, ma io vedo cose che voi non vedete”. Il cammino di maturazione rende consapevoli di ciò.
La caritativa è l’accettare di condividere qualcosa nella gratuità di Cristo. Serve a farci muovere i primi passi nell’ottica della gratuità. Per passare dalla caritativa alla carità bisogna pregare e far diventare l’esperienza dell’accoglienza lavoro quotidiano. Il testo di Scuola di Comunità e gli amici aiutano in questo cammino.
Prima del prossimo incontro riflettiamo sul nostro testo da pag. 78 a pag. 87.
Iniziamo con una preghiera e un canto.
Don Giancarlo. Attraverso il canto La Strada abbiamo la possibilità di ridirci che, dentro la fatica quotidiana, è bello vivere. E’ bello per chi ha un cuore semplice che non pretende che tutto accada secondo la misura del suo io. Ha un cuore nuovo chi sa portare sulla realtà uno sguardo positivo, frutto della consapevolezza che essa è stata salvata dall’amore di Dio incarnatosi in Gesù.
Vivere sui percorsi esistenziali, anche i più impervi e drammatici, è bello a condizione che lo sguardo del cuore riesca a vedere il positivo e abbia in corso delle amicizie che alimentino la speranza. Il positivo è la presenza di Cristo che chiama. Quando l’uomo risponde affermativamente costata il miracolo del suo cambiamento.
Preghiamo affinché siamo resi capaci di mendicare sempre a Dio questo nuovo cuore. Pregheremo anche durante l’Eucaristia, sorgente che infiamma. Gesù ci dice: “Chi mangia di me vivrà per me.Chi rimane in me e io in lui porterà molto frutto.” Il frutto più imponente è il cambiamento.
Questa estate ho fatto una vacanza con alcuni di voi. Al termine ci siamo detti che è proprio stata una bella esperienza perché ha illuminato e ritemprato il nostro cammino.
Chi cambia dentro tende a comunicarlo, a costruire nuove relazioni e a vivere rischiando la sua libertà. E’ un uomo che lotta con speranza e vive radicato nella Verità. E’ un uomo che non si lascia bloccare dallo spauracchio dei condizionamenti e dei limiti. E’ un uomo che si apre a tutta la realtà senza farsi imbrogliare dalla frontiere della lingua, della religione o della razza.
Oggi è la giornata in favore del Seminario, un’istituzione che porta a pensare alla parola vocazione. La vocazione vede sempre in gioco due fattori: l’iniziativa di Dio e la risposta dell’uomo. L’iniziativa di Dio è sempre grande, gratuita e mira al bene. L’uomo che è fatto per il bene porta in sé la ferita del peccato originale che può farlo diventare un abominio, mistero di iniquità. Noi che vogliamo essere uomini positivi pensiamo alla chiamata di Abramo, di Samuele, di Maria e chiediamo la forza del sì.
Recita dell’Angelus e della preghiera di Famiglie in Cammino.Poi si apre l’assemblea.
Nicoletta Rosselli (Varese). Questa estate sono andata in Abruzzo dove ho tenuto compagnia ad una signora a cui era da poco morto il figlio. Mi sono meravigliata per essere riuscita a fare qualcosa per lei. Alla partenza la signora piangeva perché le sarei mancata. Per sostenerla le telefono ogni domenica.
Anna e Icilio Antonelli sono andati a Lourdes. Anna mi ha telefonato piangendo di gioia perché il marito le aveva chiesto di accompagnarlo. Non si aspettava tale invito. Mi ha detto che questo è il frutto della nostra compagnia e mi ha incaricato di ringraziavi.
Matteo La Pescara (Busto A.). Le vacanze in montagna con don Giancarlo ed altri sei tra di noi sono state speciali. Speriamo che le prossime vacanze ci vedano più numerosi. La compagnia è meravigliosa e ci fa sentire a casa.
Pinuccia Borsani (Cassano Magnano). Anch’io e mio marito abbiamo trascorso le vacanze con don Giancarlo. Sono state vacanze sicuramente ricche. Mi ha colpito soprattutto la testimonianza fresca di padre Tiboni, un prete comboniano di ottanta anni che svolge la sua missione in Uganda da più di 40. Lì ha incontrato il movimento di CL.
Don Giancarlo. Padre Tiboni ci tiene a ribadire che il movimento non lo ha incontrato attraverso me o don Fabio Barroncini quando era in Italia e ci incontrava settimanalmente nella Basilica di S. Vittore di Varese (anni ’68-’72). Il carisma di don Giussani lo ha incontrato in Uganda in uno dei momenti più terribili della guerra civile. L’incontro col Signore che lascia la ferita indelebile del suo passaggio è imprevedibile e totalmente gratuita. Per svelarsi usa chi vuole, quando vuole e con modalità imprevedibili.
Pinuccia Borsani (Cassano Magnano). Padre Tiboni raccontava che si sentiva soffocato dalla presenza di Amin, uno dei più feroci dittatori ugandesi. Quando ha incontrato il gruppo di amici di CL era rimasto colpito dal fatto che ciò che li univa non era la resistenza politica ad Amin ma Cristo.
Abbiamo potuto ascoltare anche la testimonianza di don Ubaldo, missionario a Novosibirsk in Siberia. La sua parrocchia comprende ben sette fusi orari. Mi ha commosso quando ha raccontato delle vecchie contadine che hanno saputo conservare la fede cristiana attraverso i decenni di dittatura comunista. Una di queste vecchine che mensilmente riceveva la pensione, la donava alla chiesa. Don Ubaldo si preoccupava per come potesse sostenersi e lei rispondeva che nell’orto coltivava le patate e quei pochi soldi erano per Cristo. In un’altra occasione, visto che la pensione tardava, era andata da lui per scusarsi di non poter contribuire e ribadiva che le scuse erano rivolte a Cristo.
Don Ubaldo ci ha anche raccontato delle sue vacanze con altri sacerdoti della fraternità di S. Carlo vicino a Madonna di Campiglio. Ha sottolineato la diversità caratteriale e di stile di vita. Quello però che li univa era la fede in Cristo. Questo mi ha fatto subito pensare al nostro gruppo. Anche noi ci troviamo qui con le nostre diversità. Inizialmente siamo stati mossi dalla morte dei nostri figli. Oggi siamo insieme per Cristo che ci ha portati qui.
All’inizio anche per me lo stare con voi mi faceva sentire diversa per la mia storia. Ci sono voluti tempo, pazienza e soprattutto un cammino per capire che la diversità non è di ostacolo alla comunione.
Sono dispiaciuta di non avere potuto partecipare al Meeting di Rimini. So che don Carron ha chiuso il suo intervento leggendo la lettera di una mia carissima amica. La storia di questa persona è già stata grande ma Carron ha saputo interpretarla con uno sguardo più profondo. Questa amica è stata tra le prime che, dopo la morte della nostra Viviana, ha saputo farci intravedere una speranza.
Giorgio Macchi (Varese). Il Meeting di quest’anno è stato speciale. Il nostro stand era veramente bello. Voglio ringraziare le persone che hanno contribuito ad allestirlo e che hanno ideato i pannelli. Si è fermata tantissima gente. In alcuni momenti c’erano sette, otto, dieci persone che volevano parlare con noi. Personalmente ho ricevuto delle testimonianze bellissime che mi hanno fatto capire come Famiglie in Cammino sia diventato un segno di speranza. Ho notato che molti già ci conoscevano e quando si fermavano allo stand ci raccontavano le loro storie di solitudine o di amici e parenti che non volevano aprire la porta del loro cuore alla cruda realtà delle nostre tragedie.
Ho pensato a noi, messi insieme dal Signore e, oggi, testimoni della grazia ricevuta. Vivere il dramma della morte di un figlio nella solitudine è terribile. La nostra presenza al Meeting ha voluto essere veramente segno di speranza.
Essere al Meeting vuol dire anche essere a disposizione completa di quanto ti viene chiesto. Gli anni precedenti volevo adattare il Meeting a me stesso con un programma ben definito. Ho capito quest’anno cosa vuol dire vivere il Meeting con libertà: andarci ed essere disponibile verso gli altri e verso se stessi. Gli amici di Rimini, Angelo ed Enrica, ci hanno riservato un’accoglienza eccezionale. E’ stato come essere ospitati a casa.
Giuseppe Forame (Cormano) Nella settimana vissuta al Meeting mi sono sentito come un bambino che vive una nuova esperienza. Come il bambino che ritorna alla madre, mentre lo visitavo ritornavo allo stand dove vedevo il volto di Natale, di Giorgio, di tutti quelli presenti e riassaporavo il calore di un’amicizia. Io e mia moglie siamo andati ad ascoltare un ministro ma ad un certo punto ci sentivamo soffocare. Usciti, ci siamo infilati in una sala dove un Vescovo parlava della Chiesa che soffre. Siamo rimasti ad ascoltare la sua storia. Alla fine ho sentito il desiderio di ricevere la sua benedizione. Questa per me è stata una grande gioia.
Allo stand ho visto anch’io tanta gente che entrava, guardava, leggeva. Tanta gente usciva con le lacrime agli occhi e mi diceva: “Non ci sono parole”. Mi hanno colpito due persone di colore che hanno dimostrato interesse nel voler costituire un gruppo come il nostro dove vivono e nel percorrere la nostra stessa strada.
Carla Fertita (Busto Arsizio) Per me la settimana trascorsa al Meeting è stata un’esperienza paradisiaca. Ho visto grande unione. Siamo una famiglia. Il Signore ci ha messo insieme per camminare insieme nel dolore.
Don Giancarlo. Anch’io voglio raccontarvi qualcosa della mia estate. Nel mese d’agosto ho vissuto cinque esperienze diverse, con gruppi diversi, in vari luoghi d’Italia e poi in Germania per la giornata mondiale dei giovani. Sono tornato stanchissimo. Ne porto un bel ricordo. La fatica è la condizione e non il contenuto dell’esperienza. Quando si hanno mete grandi da raggiungere, la fatica la si mette in canto. Nella verifica mi sono reso conto che l’esperienza vissuta aveva corrisposto alle attese e al desiderio del mio cuore. Ciò che mi ha mosso è stato l’impegno della mia libertà nell’affronto delle realtà incontrate.
La realtà, nelle sue provocazioni, è sempre piena di fascino e di attrattiva. Da essa emerge sempre qualcosa che interpella, comunica messaggi, fa intravedere possibilità, promette un di più. Chi obbedisce alla realtà fa esperienze che lo rendono più libero.
Del mese d’agosto ricordo la grande fatica fatta e la bellezza dell’essermi messo al servizio dei presenti. Non solo perché in veste di sacerdote avevo delle incombenze precise. Ricordo i diciotto chilometri fatti a piedi da Colonia a Marienfeld. Un tipo un po’ sprovveduto che avevo invitato, anziché portare il minimo indispensabile, nel trasferimento a piedi si era portato appresso un borsone pesantissimo. Mi guardavo attorno per trovare qualcuno che lo potesse aiutare. Tutti erano però presi dalla loro fatica. Allora, l’ho fatto io, il vecchietto. Il servizio è vedere il bisogno e su di esso muoversi. Questo rende liberi.
Natale Colombo (Usmate). Con la famiglia Forame e Tagliabue, mia moglie ed io abbiamo trascorso le vacanze in Sardegna. Siamo arrivati all’isola di S. Antioco e una signora che avevo conosciuto solo per telefono e che conosceva la nostra storia ci ha messo a disposizione la sua casa. La cosa mi ha colpito. E’ stata un’esperienza bellissima. Si rimane sbigottiti di fronte a certi gesti. Ci si rende conto che quando uno fa l’esperienza di incontro con Cristo, cambia al punto da mettere a disposizione ciò che ha.
Giorgio Targa (Milano). Sono stato al Meeting e ho rinnovato la gioia di vedere un’opera così bella che vede coinvolti migliaia di giovani. Ritornando dal Meeting il Signore ci ha fatto incontrare due amici di vecchia data. Il mese prima avevano perso un figlio, architetto suicida di ventisei anni.
Con loro abbiamo trascorso parecchio tempo. Ho sentito una grande responsabilità verso di loro. Ho tentato di far loro capire che la forza per vivere la situazione comune a noi era venuta dal gruppo e dal cammino di fede. La Fede fa accettare il dolore e, nel tempo, cambia la vita.
Questi genitori vivono già la Fede seguendo il carisma di don Giussani. La cosa più giusta mi è parsa quella di invitarli nel nostro gruppo.
Raimonda Targa (Milano). Come è evidenziato dallo schermo che abbiamo davanti agli occhi, Famiglie in Cammino valorizza l’eredità lasciataci dai nostri figli. I genitori che abbiamo incontrato erano stati tra quelli che ci avevano sostenuto alla morte di nostro figlio. Al Meeting sono passati dal nostro stand e poi il Signore ce li ha fatti incontrare. E’ come se nostro figlio ci avesse lasciato il compito di aiutarli. Chiediamo al Signore di aiutarci. Sono rimasta molto colpita da una coppia incontrata a Rimini e desiderosa di farsi aiutare dal Signore seguendo le orme della figlia. Questa ragazza un paio di anni fa era passata dal nostro stand. Ne era rimasta commossa e, ritornata a casa, aveva incoraggiato i genitori ad interessarsi alla nostra storia. E’ come se il Signore preparasse le strade. Questa figlia è morta qualche mese fa in un incidente. I genitori, ricordando l’episodio, ci hanno cercato. Questa vicenda mi ha toccato da vicino perché ricordo come anche mio figlio, vedendomi preoccupata per il suo futuro, mi incoraggiasse dicendomi che la nostra vita è nelle mani del Signore e tutto ciò che Lui permette è per il nostro bene.
Natale Colombo (Usmate). Dopo gli interventi possiamo vedere il video con le poesie dei nostri ragazzi.
Video
Don Giancarlo. La vita è bella non perché priva di croci. E’ bella perché la Croce che l’evento cristiano ha portato nella storia come una novità rivoluzionaria, permette di vivere anche i fatti più drammatici dell’esistenza in un’ottica di speranza.
Durante l’anno ho iniziato ad usare il nostro testo di scuola di comunità “Il miracolo dell’accoglienza” per alcuni incontri formativi anche con un gruppo di volontari della mia Caritas parrocchiale. Ne abbiamo ricavato grande giovamento. Vi invito perciò a usarlo con più regolarità di come stiamo facendo.
Gli spunti offerti vanno calati nella quotidianità e fissati nella memoria come criteri alla luce dei quali affrontare la vita. Pinuccia, facendo riferimento alle vacanze di Madonna di Campiglio ci ha ricordato che, pur riconoscendo che il fattore che, inizialmente, ha unito le nostre vite è stata la disgrazia di una perdita. Oggi non è più così. Siamo diversi da quell’ inizio perché abbiamo spostato l’obiettivo dalla disgrazia alla bellezza di un’amicizia mossa dalla Fede nella Chiesa.Tanti che si sono messi insieme solo per la disgrazia oggi non sono più con noi. Quello che adesso tiene insieme noi e che alimenta la nostra unità non è più una perdita ma un guadagno. Lo sguardo si è sollevato e ha guardato oltre, un oltre che viene prima di tutto ed è il fondamento e la soluzione di tutto: Cristo. Stando insieme abbiamo imparato a seguirlo come il fattore decisivo e costitutivo della nostra unità.
In questa diversità, frutto di un cammino e di una grazia, noi aspettiamo con gioia il momento di rivederci mensilmente. Lo stare insieme volendoci bene, dandoci fiducia e ascoltandoci reciprocamente ci permette di accorgerci che non sono molti gli ambiti in cui si sta insieme così. Il nostro è uno stare insieme costruttivo perché percepiamo l’aleggiare della presenza dello Spirito santo che ci rinnova. Se tale percezione permane significa che ci stiamo radicando nella comunione ecclesiale. Di conseguenza ci conviene sempre appartenere e seguire. Così hanno fatto Giovanni e Andrea, schiere di santi e di martiri che la Chiesa indica come modelli.
Riprendiamo nuovamente il capitolo del nostro testo che si intitola “La familiarità come metodo del mistero”. Esso ci ricorda che il metodo per imparare a fare esperienza di accoglienza è l’amicizia con Cristo che vive in noi e opera attraverso di noi tenendo in mano le fila del nostro destino.
Il testo ci fa fissare l’attenzione su due tipi di accoglienza: quella che accoglie l’altro alla luce del disegno di Dio su di lui si chiama carità e quella che si ferma alla condivisione del bisogno dell’altro che noi chiamiamo caritativa.
L’accoglienza di carità fa accogliere l’altro nella sua interezza umana. Non si limita alla condivisione di qualche bisogno ma mira alla sua salvezza ed educa il cuore al dono permanente di sé. Quando la carità viene assimilata come mentalità diventa l’ anima di ogni rapporto.
Don Giussani dice: “Capisco oggi, a settantrè anni, le cose che vi sto dicendo”. E aggiunge: “Tutti noi vediamo le stesse cose, ma io vedo cose che voi non vedete”. Il cammino di maturazione rende consapevoli di ciò.
La caritativa è l’accettare di condividere qualcosa nella gratuità di Cristo. Serve a farci muovere i primi passi nell’ottica della gratuità. Per passare dalla caritativa alla carità bisogna pregare e far diventare l’esperienza dell’accoglienza lavoro quotidiano. Il testo di Scuola di Comunità e gli amici aiutano in questo cammino.
Prima del prossimo incontro riflettiamo sul nostro testo da pag. 78 a pag. 87.