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Novembre: Incontro mensile

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NOVEMBRE 2004


Natale Colombo (Usmate). Noi siamo qui perché abbiamo fatto un incontro. Ecco perché è nostra premura e nostro desiderio incontrarci, anche se questo avviene solo una volta al mese. In noi c’è questo gran desiderio d’incontro e deve essere qualcosa che ci comunichi la speranza per continuare.
Iniziamo con la preghiera e con il canto come don Giancarlo c’indicherà.

Don Giancarlo. Vedo volti che non conosco personalmente, poi ci diranno chi sono e da dove vengono. Vedo la coppia proveniente da Bellinzona, amici di Raimonda e che si sono incontrati al Meeting, porgo a loro, e agli altri, il nostro benvenuto.
Noi ambrosiani siamo gente forte, forse con qualche fibra di barbarità che ci rende peccatori. Abbiamo perciò bisogno di più tempo per fare penitenza ed esperienza di perdono. Per noi inizia oggi il periodo dell’Avvento, tempo propizio per l’uomo che facilmente dimentica il legame esistente tra ciascuno di noi e il disegno di Dio: il Mistero. Mistero che non è più tale, poiché si è fatto uomo in Gesù, che è qui con noi. Noi siamo la sua carne, noi siamo l’immagine, il volto, la sembianza umana che Egli assume per noi. “Voi siete la mia carne, il mio corpo. Io sarò sempre con voi, e quando due o più dei miei amici stanno insieme, io sono con loro”.
Lui è in mezzo a noi, è venuto e ha condiviso, si è fatto carico di tutti i nostri destini, di chi è stato prima di noi e di chi esisterà nel futuro. Lui è presente a tutto e a tutti, sempre. Lui è l’unico che tutto può e siccome tutto può, si manifesta. Queste settimane sono propizie per l’umano perché in questo tempo egli rende più frequenti i suoi contatti con l’uomo. Colui che è venuto continua a manifestarsi e chiama per nome, provoca e attende, anche attraverso gli imprevisti. Tali imprevisti sconcertano l’uomo che ama proseguire su schemi e abitudini ripetitive. Dio, attraverso questa modalità, vuol farci capire che non vuole essere il nemico che violentemente entra nella vita per devastare. Lui scuote, per aiutare chi è dimentico e superficiale, ad indirizzare l’attenzione del suo cuore e il lavoro della sua intelligenza verso le possibilità che meritano di essere accolte e seguite. Nella vita si seguono le persone e i percorsi che promettono un di più.
L’Avvento è la continua manifestazione di Dio, nell’attesa del Suo ritorno finale, che è molto diverso del venire nel presente. Nel ritorno finale lo vedremo nella sembianza di un giudice che non ammette più appelli. Nella modalità con cui adesso entra in rapporto con noi, l’attrattiva che corrisponde o la drammaticità degli eventi, è Salvatore e presenza buona che ci vuole donare un di più, per arricchire cuori demotivati. Cuori che della vita non intravedono più gli aspetti luminosi, attraenti, quelli che ci fanno arrendere. Molti vivono sulla difensiva, temendo che l’esporsi possa recare fastidi e fatica.
Lui viene per liberare, per togliere la cecità, la grettezza di spirito, la ripetitività, l’effimero, e permette di stare dentro l’effimero, ma con il cuore proteso oltre le apparenze, per arrivare all’Eterno.
La preghiera è stare in ascolto di quello che Lui ci vuole dire. L’uomo, che è creatura, ha la pretesa di volersi imporre a chi sa già tutto. La preghiera è stare davanti a Lui che si comunica a noi. Quanto più il nostro cuore è docilmente aperto e attento, Lui semina ancora di più.
Attraverso la nostra preghiera sentiamoci in comunione con la Chiesa ultraterrena, dove i nostri figli, tanti come Angeli, altri sono nell’attesa di quanto noi pellegrini offriamo loro come ciambella di salvataggio, le anime purganti.

Natale Colombo (Usmate). Un gruppo di noi ha partecipato al pellegrinaggio di Loreto, in occasione dei cinquant’anni della fondazione del Movimento di Comunione e Liberazione. Questo gruppo ha avuto la possibilità di condividere questo momento bello ed intenso. Inviterei chi lo ha vissuto a testimoniare quello che ha rappresentato per lui. Anche chi ha meditato il nostro testo da pag. 45 a pag. 53, è una possibilità per vivere più pienamente il nostro incontro.

Don Giancarlo. Oggi, tra noi, è presente Noella che ha voluto farci una sorpresa. Anche se dopo l’incidente subito si trova su una carrozzella, è un punto di riferimento importante per molti ed ha sempre esperienze galvanizzanti da raccontarci.

Noella Castiglioni (Locate Varesino). E’ da un po’ che non vengo a questi incontri a causa dei tanti impegni. Non avevo programmato di dirvi qualcosa, ma se ancora non è stato reso pubblico, vi voglio rivelare ciò che mi sta per accadere. Tre giorni fa mi hanno chiamato alla Regione Lombardia per comunicarmi che sono stata candidata per il premio per la pace. Voi siete i primi a saperlo.
Il premio per la pace, a livello mondiale, è stato conferito ad una donna del Kenia, Ongari. Quello regionale sarà vinto da una donna del Congo. Questo premio sarà assegnato il 13 dicembre alle ore 17 a Milano.
A chi potevo dirlo se non alla mia famiglia, mi è stato chiesto di dire qualcosa e una notizia così non potevo tenerla solo per me.

Flora Colombo (Usmate). Per me il pellegrinaggio a Loreto è stato una grande esperienza. Erano presenti tanti di noi, questo mi ha fatto sentire in famiglia. Erano presenti circa quarantamila persone tutte con lo stesso scopo e la stessa ragione: la preghiera.
Se un tale gesto mi fosse stato proposto solo qualche tempo fa, avrei detto che era da matti. Ciò che poteva preoccupare era il sacrificio di partire alle cinque del mattino per affrontare un lungo tragitto e i vari imprevisti. Al contrario, le motivazioni che mi hanno mosso, hanno fatto sì che tutto diventasse positivo. La pioggia ha tentato di spaventarci per tre volte e per tre volte abbiamo goduto di un arcobaleno bellissimo sul mare. La bellezza della natura, il momento di preghiera e le testimonianze ascoltate, sono state tutte fonte di una grande grazia.
La Chiesa si trova su un colle e la sera, tornando verso i pulman, mi guardavo intorno e ovunque vedevo un fiume di persone che riempivano tutte le vie. Ho avuto la percezione concreta della grandezza del cristianesimo. Quando ho perso Christian sentivo che intorno a me c’era una grande forza che pregava per me e con me, che mi dava la forza di affrontare quei momenti. Da sola non ci sarei mai riuscita, quella forza che sentivo dentro era sicuramente opera di un Altro. Un Altro che era chiamato in causa anche da tutte le preghiere e da tutti gli amici.

Don Giancarlo. C’è una parola che, in sintesi, esprime quanto comunicatoci da Flora: appartenenza. Chi fa quest’esperienza coglie dentro di sé una forza irresistibile e irriducibile che è il frutto dell’incontro con il segno del divino: il Cristo Risorto in sembianza umana.
L’appartenenza da’ la coscienza di essere a casa. Se ci sentiamo in sintonia, in ottanta o in cento, significa che la nostra comunione è ad un livello qualitativo più profondo che non se fossimo in sintonia in tre.

Natale Colombo (Usmate). A Loreto ho capito il significato che assume per noi la Madonna. E’ colei che ci da’ sicurezza per la nostra speranza, quella di riabbracciare il Padre. C’è un momento in cui si rimane colpiti, a me è successo questo e ringrazio gli amici che mi hanno invitato a compiere questo gesto.

Tiziana Bettolino (Parabiago). Ho partecipato anch'io al pellegrinaggio di Loreto, pur non appartenendo al Movimento di Comunione e Liberazione. Ho aderito a quest’invito poiché qualsiasi momento di preghiera è sempre un gesto grande.
La mia giornata è iniziata con dei segni negativi. Mentre ci recavamo in macchina al luogo della partenza, mi sono accorta di non avere il pass, quindi siamo arrivati in ritardo. Devo anzi ringraziare gli altri pellegrini che non ci hanno fatto pesare questo nostro ritardo. Sul pulman abbiamo pregato insieme e quando siamo arrivati a Loreto mi ha molto stupito tutta la gente che si avviava in silenzio verso la chiesa, con la piena coscienza di ciò che stavano facendo.
In tutto quel silenzio improvvisamente mi è squillato il telefono: era mia figlia che piangeva perché si era fatta male. Frettolosamente le ho detto di chiamare la zia e ho interrotto la chiamata. Mi sono affidata alla Madonna, la nostra grande madre e ho vissuto serenamente anche questo momento.
Speravo di poter visitare la Basilica; non è stato possibile proprio per la moltitudine di persone. Ci siamo seduti sul piazzale e abbiamo condiviso il pranzo. Abbiamo poi iniziato a pregare ed è stato meraviglioso. Il piazzale era pieno di giovani che mi hanno commosso per come mi comunicavano la loro speranza.

Giorgio Macchi (Varese). Il mio intervento potrebbe essere uguale a quelli che abbiamo ascoltato sino ad ora e perciò inutile. Vorrei però rilevare come ognuno dei nostri cuori, in determinate circostanze, vibri all’unisono. Occorre però un sì.
Circa diciassette anni fa, ho avuto una discussione con Lidia, che faceva parte di un gruppo di giovani che si era recata ad un pellegrinaggio. Da papà scettico, le facevo notare quello che per me rappresentava un non senso di queste giornate, che mi rappresentavo solo come delle grandi fatiche. Lidia mi rispondeva che i cristiani sono tutti pazzi, pazzi d’amore per Cristo.
Certe cose sono contro la ragione. Per il pellegrinaggio di Loreto sono partito in treno, anziché in pulman, sperando di arrivare prima per visitare la Santa Casa. Partenza alle cinque, arrivo alle 14,15; un quarto d’ora per salire alla Basilica e finalmente alle 14,30 siamo arrivati. Alle 17,45 ritrovo in stazione per ripartire, arrivo a casa alla una. Qui si vede la differenza tra il turista e il pellegrino.
Il rientro mi ha visto meno affaticato di quanto avessi immaginato, in treno abbiamo incontrato molti amici, nel cuore mi è rimasto il desiderio di ritornare a Loreto e mi sono promesso che nella circostanza del prossimo Meeting andrò a visitare la Basilica di Loreto.

Don Giancarlo. Giorgio ci ha detto una cosa che vale la pena approfondire e meditare. La differenza tra il turista e il pellegrino. Alla fine l’esperienza che paga di più è quella della follia. Si torna a casa rigenerati, lieti.

Vito D’Incognito (Milano). Non ho partecipato fisicamente al pellegrinaggio di Loreto, ho sentito la vostra vicinanza in questa esperienza.
Nei volti di tante persone qui presenti posso riconoscere l’incontro, che è poi l’incontro con Gesù. Questo è l’anno dell’Eucarestia e vorrei collegare l’incontro con il modo con il quale io, oggi, mi accosto alla Comunione e cosa sperimento in quei momenti. Mentre prima non coglievo la profondità di questo gesto, riconosco che oggi il momento in cui ricevo l’Ostia consacrata è un momento d’incontro che mi suscita sensazioni profonde che mi scuotono. Ogni volta mi trovo a riflettere se merito veramente che Gesù Cristo si sacrifichi per me e per gli altri. Vivo questo in modo più consapevole rispetto a prima e in quell’incontro spesso mi capita di rivedere i volti di tanti amici, di mio figlio, dei miei cari. Questo è qualcosa che sempre di più mi lascia una pienezza, una grazia, una serenità inaspettate.
Ho raggiunto, nel tempo, la consapevolezza che quando ricevo il Corpo di Cristo, anch’io faccio parte di Cristo stesso, quindi della Chiesa. Quello che voi avete testimoniato del pellegrinaggio, lo vivo anch’io tutte le volte che sono in chiesa e sento vicino tutti quelli che sono vicini a me perché siamo insieme per lo stesso motivo: siamo lì per affermare Cristo.
Savina ed io tentiamo di vivere la nostra vita in modo eucaristico, cioè servire gli altri con amore e carità. Questo è quello che cerchiamo di fare con Famiglie in Cammino o negli ambiti cui Dio ci mette di fronte.

Valentina Migliavacca (Milano). Oggi sarebbero dovuti essere con noi una coppia di S. Donato, Piera e Paolo, che sei mesi fa hanno perso la loro prima figlia. Ci siamo conosciuti, ci teniamo in contatto telefonico e Piera ha espresso il desiderio di incontrarci ma questa mattina il marito non se l’è sentita. Confido che Dio troverà la strada per intervenire nella loro vita, come ha compiuto meraviglie con noi. Io non finirò mai di ringraziare questo gruppo, Raimonda e Giorgio che sono le persone che il Signore mi ha messo vicino. Attraverso loro ho conosciuto la persona di Gesù che mi ha cambiato il cuore e mi ha fatto capire che le nostre aspettative sui figli non corrispondono al Suo disegno. Questo disegno noi non lo conosciamo, ma è per il nostro bene ultimo.
Se noi offriamo il nostro cammino e pronunciamo il nostro sì, come ha fatto Maria, il Signore prende possesso di noi donandoci un cuore nuovo. Se potessi avere ancora con me mio figlio, sarebbe una gioia indescrivibile, vorrei però il cuore d’oggi. Anch’io, davanti all’Ostia, riconosco la presenza di Gesù e lo ringrazio per essersi fatto conoscere, e di avermi aperto un orizzonte nuovo. Il dolore si trasforma, apre alla speranza dell’eternità, con i nostri figli e con tutti quelli che abbiamo amato.

Giorgio Targa (Milano). Sono stato anch’io a Loreto, come pellegrino. Si è voluto in questo modo celebrare i cinquant’anni della nascita del Movimento di Comunione e Liberazione.
Mi sono sentito pellegrino, specialmente quando è iniziato a piovere e non avevo l’ombrello. Mi sono chiesto cosa ci facessi sotto la pioggia a Loreto, in mezzo ad una folla enorme. Sono stato con tanti amici a ringraziare la Madonna per averci dato il carisma di don Giussani, il suo cuore e il suo insegnamento. Probabilmente noi non saremmo qui oggi se non ci fosse stato lui ad incoraggiarci. Lui per primo ha benedetto quest’idea e questo progetto, incoraggiandoci a proseguire. Il mio pellegrinaggio a Loreto è stato anche per noi Famiglie in Cammino, nati e cresciuti anche grazie alla sua parola, ispirandoci ai suoi testi che leggiamo con gran piacere poiché danno un significato alla nostra vita.
La benedizione di don Giussani la leggiamo nel breve testo del nostro pieghevole: “Io mi sento piccolo di fronte al cuore grande con cui voi, accettando da Dio una ferita che non si rimargina, se non in cielo, volete farne per la terra un solco di seminagione buona da testimoniare e per confrontare”.

Don Giancarlo. Nell’intervento di Vito e di Valentina vorrei focalizzare due cose, perché contengono la strada, cioè il metodo pedagogicamente percorribile da tutti, quando se ne diventa consapevoli.
Ciascuno ha i propri tempi di maturazione e d’acquietamento dei cuori. Chi arriva a Famiglie in Cammino è perché ha incontrato qualcuno, che ha colto come segno di speranza ragionevole. Il risveglio, lo squarcio d’azzurro che si apre nel buio, è sempre legato all’incontro con dei segni. Ci possono essere delle folgorazioni interiori, Dio può tutto, ma con il metodo dell’incarnazione; prima nella storia attraverso Abramo ad un popolo, poi si è reso uomo in una terra soggiogata. Gesù è cresciuto da suddito, ma libero; la libertà è sempre sperimentata nel proprio io. Accade anche che nei luoghi dove i sistemi dei governi opprimono e perseguitano l’umano, per il mistero del contrappasso, quegli stessi luoghi diventano l’ambito della liberazione. Lo hanno testimoniato i cristiani dei paesi dell’Est, attraverso grandi figure d’uomini come padre Popielusco, ortodosso.
In un pellegrinaggio in Russia ho potuto visitare la sua tomba. Si è avvicinato a noi un signore che si è meravigliato di vedere, nel bosco dove c’è una piccola cappella, delle persone in preghiera. Attraverso la nostra guida ci ha raccontato la grandezza di questo prete ortodosso, intellettuale, che sotto il regime, con le sue catechesi, aveva trascinato migliaia di persone. Poi il regime, avvertendo un pericolo, lo ha ucciso, pensando di farlo così tacere. I martiri della fede, però, parlano più da morti che da vivi.
E’ la prima volta, in tredici anni, che qualcuno in queste assemblee abbia parlato dell’Eucaristia, come ce ne ha parlato Vito. Sono contento che proprio lui ci abbia testimoniato questo, perché non erano proprio dei cattolici convinti. Il cammino fatto da Vito e Savina, segnato da molte prove (dopo la morte del loro unico figlio Savina ha perso mamma e papà a poca distanza uno dall’altro), ha fatto cogliere loro che c’è un modo eucaristico di vivere la vita, con il servizio: è una cosa dell’altro mondo che però si è affacciata sul mondo di una famiglia e adesso sul mondo di una compagnia. Se permettiamo che queste onde affettive, bibliche, esistenziali; attraverso di noi arrivino ad altri, ognuno va a Messa in modo diverso: per uniformarsi a Cristo, per lasciarsi da Lui immedesimare nella Sua sensibilità, nel dono della Sua vita. Vivere significa allora sentirsi Chiesa, perché la Chiesa è segno vivente, documentabile dell’amore di Cristo che semina il positivo, semina la speranza, conforta, stringe a sé, condivide.

Marcello Crolla (Busto A.). Vorrei esternare la mia immensa gratitudine agli amici di Famiglie in Cammino che hanno condiviso con me e con mia moglie Marisa la gioia delle nozze di nostra figlia Erika, celebrate da don Giancarlo e da padre Michelangelo, arrivato da Montevideo solo qualche ora prima. Padre Michelangelo è conosciuto da tanti di noi.
Ho ricordato la canzone cantata da Claudio Chieffo al Meeting di Rimini, in occasione della giornata nazionale di Famiglie in Cammino, canzone scritta per Lidia Macchi. In una strofa dice: “L’amore vince”. Io ribadisco che è vero. Alle nozze di Erika sono arrivati mio fratello con la moglie da Montevideo e una nipote, in attesa del quarto figlio, proveniente da Maiami che da quindici anni non incontravo. Ci hanno fatto questa sorpresa per condividere l’amore di una famiglia, emigrata dopo la guerra.
Anche nella distanza tra i continenti l’amore vince. Questo amore che vince è solo dovuto a una libertà di cuore. Il solo fatto che può rendere libero l’uomo è il riconoscimento di quella realtà che si chiama Gesù Cristo.
Accompagnando all’altare Erika ho capito che essere libero, in quel momento, anche se molto commosso e con le lacrime che mi scendevano, voleva e vuol dire oggi essere felici. La mia felicità è vera se è piena partecipazione alla gioia dell’altro perché il grande sorriso di mia figlia e dello sposo diceva: l’amore vince.
Auguro a tutti che l’amore abbia il sopravvento sull’angoscia e la tristezza e che giorno dopo giorno sia sempre di più il riconoscimento di chi non ci abbandona mai.

Savina D’Incognito (Milano). Mi sono molto commossa nel sentire le parole di Vito. Ringrazio tutti voi ma soprattutto il Signore per tutti questi doni che continua a farci. Non avrei mai immaginato di poter fare un tale cammino, sicuramente faticoso, ma ricco di nuove scoperte.
Il Signore è stato sempre ad aspettarmi, nonostante la mia indegnità. Quando sono tornata da Lui mi ha preso per mano e ha chiesto la mia fiducia. Tutto è partito da voi, noi continuiamo a camminare nonostante nostro figlio ci manchi tanto. Abbiamo però la convinzione che lui sta bene, ci aspetta, quindi noi non possiamo di gettare via il tempo che ci rimane per arrivare a riabbracciarlo. Chiedo sempre allo Spirito Santo di illuminarmi e di farmi capire il disegno che il Signore ha su di noi.

Natale Colombo (Usmate). Con noi oggi c’è una coppia proveniente dal Canton Ticino, da Bellinzona. Hanno incontrato Famiglie in Cammino quest’estate al Meeting di Rimini. Se liberamente vogliono dirci qualcosa, noi volentieri li ascoltiamo.

Marianna. Quest’estate sono andata al Meeting di Rimini per la prima volta Siamo molto amici di padre Mauro , abate di Hauterive.
L’anno scorso abbiamo perso nostro figlio Mauro a causa di una leucemia. Durante la sua malattia abbiamo incontrato il Movimento, o meglio le Famiglie per l’accoglienza. Il libro che state meditando è stata la mia compagnia durante il trapianto. Questo libro non l’ho più aperto da quando Mauro è morto, l’otto dicembre dell’anno scorso.
Al Meeting, leggendo il giornale, ho saputo che si sarebbe svolto l’incontro di Famiglie in Cammino. Mi sembrava voluto proprio per me, quindi ho deciso di andarci. Sono stata contenta di aver preso questa decisione, ho visto che altri provano il mio stesso dolore. Parlando con Raimonda ho promesso che avremmo cercato di venire agli incontri qui a Busto e oggi mio marito mi ha fatto questo regalo per il mio compleanno, che è domani.
Nostro figlio è nato con la leucemia, ma è stata scoperta a sei settimane e abbiamo dovuto trasferirci nella Svizzera interna. Lì c’erano padre Mauro e un amico medico, che avevamo conosciuto a Pasqua ad Hauterive. Attraverso nostro figlio, abbiamo conosciuto tante persone che ci hanno accompagnato durante la sua malattia.
Noi in Svizzera siamo andati in pellegrinaggio alla Madonna del Sasso, cui noi siamo particolarmente devoti. Negli ultimi giorni della gravidanza, poiché il bambino tardava a nascere, ci eravamo recati al Santuario pregando la Madonna che nascesse presto. La sera stessa è iniziato il travaglio.
La motivazione di quest’ultimo pellegrinaggio è stata diversa. Ho ringraziato la Madonna per il figlio che ho avuto e per questi amici che ci hanno accompagnati attraverso questa esperienza. Abbiamo altri amici che hanno perso i figli, tra di noi si è creato un legame particolare, adesso racconteremo loro la nostra esperienza con voi.

Don Giancarlo. Oggi è stato un pomeriggio ricchissimo, suscitatore di commozione. La commozione la si vive insieme (cum) e la mozione oggi è stata dell’intelligenza e del cuore. La parola cuore, nel linguaggio filosofico di S. Tommaso D’Aquino, viene declinata sia come ragione, sia come affettività.
Con l’intelligenza si cerca il senso ultimo della realtà e, quando è dato di incontrarlo, si capisce di aver incontrato la verità. La verità è il significato più profondo di ciò che c’è, che corrisponde alla ricerca e all’attesa della ragione.
L’affettività ha il compito di creare continuamente la sintonia con il vero, la libertà e la volontà. L’affettività diventa affezione a una compagnia, a un santuario, a una casa; quando, guidata dalla ragione, che mira al vero, si appassiona. L’incontro con il vero rende il luogo dove il vero si è calato e ha dato una forma a quel luogo che lo fa sentire proprio; si è a casa.
Quando c’è questa commozione, anche l’emotività non schiaccia, ma libera e conforta.
Vi chiedo di iniziare una meditazione sul capitolo L’abbraccio del diverso. Meditare su questo testo che ci illustra come quando si diventa vecchi, si diventa saggi e il pensiero di Dio diventa più abituale e famigliare di quando si era giovani. Ci parla inoltre dell’esperienza, cioè vivere qualcosa del tutto legato al mistero, da cui ha avuto origine.
Don Giussani ci dice: “L’esperienza del fallo (del peccato), si coniuga di pari passo col perdono, con l’esperienza della misericordia. Ma strumento di questo è una compagnia che porta con sé la presenza viva della misericordia.”
“Nella compagnia attecchisce e fiorisce un’amicizia, che nella misura in cui è illuminata e segnata dall’amore, vive un rapporto sempre più diretto con Cristo”
Scrive San Paolo nella lettera agli ebrei: “Anche noi, circondati da un così gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che ci è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti”. “Perseverate nell’amore fraterno”.
Don Giussani, nel testo, dice ancora: “L’abbraccio del diverso si chiama perdono, perché, per abbracciare un diverso, bisogna prima perdonarlo. Perdonare vuol dire affermare, sotto tutto il cascame, ciò che di vero e di giusto, di buono e di bello, di essere, c’è nell’altro: l’essere dell’altro. L’essere tuo è più grande e più profondo, più importante dei mille, mille e mille tuoi peccati. E’ un concetto che esprimeva Giovanni Paolo II nella sua enciclica Dives in misericordia.”
Nella Messa di questa sera ricorderemo i ragazzi morti nel mese di novembre: Marco Benzi, Mario e Alberto La Terra, Giuliano Rimordi, Marco Scampini, Silvia Zambon, Luca Zanaletti, Davide Capobianco, Simonetta Seribelli, Carla Croci, Doris Pastrello, Gian Marco Roveri, Mara Brunelli, Giorgio Di Dio.
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