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Ottobre: incontro mensile

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Assemblea di ottobre 2003


Natale Colombo (Usmate). Un saluto a tutti. Introduciamo questo nostro incontro con un canto e una preghiera.

Don Giancarlo. Mercoledì scorso il Papa, durante l’udienza dei fedeli, ha commentato il Benedictus, la preghiera che è scaturita dal cuore di Zaccaria, il papà di Giovanni Battista. Era stato penalizzato con il mutismo per il dubbio che lo aveva portato a non fidarsi. Nel silenzio dell’incomunicabilità ha capito che la questione decisiva per l’uomo non era quella di non avere problemi ma quella di essere veri, vale a dire legati alla propria radice, a Colui che ci ha generati e ci conduce. Ricuperata la capacità di comunicare, la sua prima espressione fu di lodare Dio, riconosciuto come la presenza che conta. Egli ha “ha visitato e redento il suo popolo suscitando per noi una salvezza potente”.Grazie alla Sua bontà misericordiosa, “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge”.
Questo sole (lo spirito di Cristo risorto) sorge ogni giorno sull’orizzonte della vita se noi gli apriamo il cuore. Con questo sole, accolto nel cuore, la vita si carica di speranza. Solitamente viviamo come coordinatori di tutto. Così non troviamo l’autentica collocazione delle nostre persone, che vivono per rispondere alla vocazione che solo Dio ha pensato e predefinito per ciascuno di noi.
Nella preghiera v’invito a tener presente con misericordia noi e le persone che ci stanno a cuore, i bisogni e i problemi del mondo intero.
Pensiamo al fenomeno della fuga dal sud del mondo di migliaia di persone che perdono la loro vita durante i trasferimenti ed alle vittime del terrorismo, della guerra e di ogni situazione di dolore. Mettiamo tutto davanti a Dio e preghiamo dicendo: Vieni a visitarci Signore.
Tutti i mesi c’incoraggiamo cantando “Pon tus manos…continua a mettere la tua mano nelle mani del Signore di Galilea, continua a porre i tuoi piedi sulle sue orme e sulla strada iniziata da Lui. Continua a far affiorare sulle labbra le sue parole di verità.”

Natale: Alcuni amici non sono tra di noi per impegni o problemi di salute. Marcello è ricoverato in ospedale per una forma virale ai polmoni.
Prima di iniziare la nostra assemblea, chiediamo se ci sia qualche famiglia nuova che desideri presentarsi.
Nell’allegato mensile di Avvenire dal titolo Genitori e figli oggi è contenuto un articolo sulla nostra storia con la testimonianza di alcuni di noi che illuminerà molte coscienze nella ricorrenza ormai imminente del giorno dei morti.
Franca e Agostino mi hanno consegnato le immaginette della Madonna di Loreto che hanno portato dal loro pellegrinaggio. In quell’occasione hanno pregato per tutti i nostri ragazzi e hanno pensato ad una Messa perpetua per tutti loro.

Gino Varrà (Milano). Maria Rosa ed io siamo stati in pellegrinaggio a Fatima e siamo molto commossi per l’esperienza vissuta. Voi eravate spiritualmente con noi. Sulla piazza di Fatima c’è la cappella con la statua miracolosa della Madonna. L’abbiamo pregata e, nella mia riflessione, guardavo fisso il suo viso come se mi aspettassi un suo segno d’approvazione. Ero molto assorto e avvertivo intorno a me diverse persone sofferenti pregare con gran fede.
L’unico rifugio al dolore è la fede.
La sera abbiamo partecipato alla veglia e alla processione. Quando la statua è arrivata vicino a me, mi sono sentito dentro un brivido lacerante e ho iniziato a piangere come un ragazzino. Gli amici della Fraternità di Milano mi hanno abbracciato per calmarmi ma non mi rendevo conto di quello che mi stava succedendo.
Nonostante ci fosse una folla di persone era come se mi trovassi solo davanti alla Madonna. Gli altri per me non esistevano. Il rapporto con Lei mi isolava da tutto il resto.
E’ stata un’esperienza che mi ha donato vivacità e mi ha aiutato a superare il periodo di grande tristezza che stavo vivendo. Mi è parso più chiaro che, senza una compagnia, non si riesce a compiere passi significativi.
Anche la confessione sacramentale è stata importante. I sacerdoti presenti non avevano più tempo ma tre dei miei amici dovevano ancora accostarsi al sacramento. Dopo un po’ d’insistenza ne abbiamo convinto uno, che poi si è dimostrato grato per la nostra insistenza, e mi ha assicurato la preghiera degli altri sacerdoti.
Ho pregato anche per Famiglie in Cammino e ho chiesto ai nostri ragazzi di aiutarci.

Anna Maria Brunelli (Milano). La Madonna di Fatima ha qualcosa di particolare anche per me. Sono andata per tre anni a Lourdes e sono tornata sempre arrabbiata. A Fatima, invece, ho trovato qualcosa di diverso. Là si vive meglio la fede per il raccoglimento che vi regna.
Ora faccio ancora molta fatica ad andare a Messa o a recitare le preghiere. Ci provo ma non riesco più a ritrovare la fede di prima.

Don Giancarlo: Quando si arriva qui e si canta il nostro cuore si apre a un respiro di speranza. Quando invece ci si chiude nel proprio io si cade facilmente nel buio. Per uscirne bisogna alzare lo sguardo in cerca di luce ricordando magari i momenti più belli del passato. I minatori russi rimasti imprigionati a ottocento metri di profondità sono riusciti a mantenere viva la voglia di vivere pensando alle loro famiglie e ai compagni che si stavano dando da fare. La voglia di vivere ci rende capaci di sopravvivere nei momenti bui e nelle situazioni limite. Questo è il primo ancoraggio a cui aggrapparsi quando in noi ci sono confusione e insicurezza.
Il secondo segreto è avere una compagnia di cui sentirsi membro accolto e amato. Tali fattori sono vivibili da chiunque ma non automaticamente abbordabili. La scelta di preferire determinate cose rispetto ad altre richiede fatica.
E’ indispensabile pregare perché il Signore vede il nostro cuore e apprezza anche quello che noi disprezziamo perché non coincidente col nostro desiderio. Noi abbiamo un’immagine precostituita della realtà. Quello che conta invece è prendere coscienza della propria condizione di limite, di fragilità e di impotenza.
La persona, non dimentichiamolo mai, è definita dal rapporto con l’Infinito. Siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. La cosa più semplice è consegnarsi e affidarsi nelle braccia di quel diverso da tutti che è Dio.
Nel primo capitolo del nuovo libro di scuola di comunità scopriremo che l’accettare e l’amare il dolore è condizione fondamentale per imparare ad essere ospitali. Il dolore, come lo mette in risalto don Giussani, è la percezione del diverso incolmabile dall’uomo. Accettare ed amare il diverso è fonte di dolore.
Nessuno di voi infatti riesce a sanare la ferita della perdita dei figli. La sua accettazione può può incominciare quando si decide di rinunciare alla pretesa che la realtà risponda a quello che si esige da essa. La realtà ci viene sempre donata da chi è Altro da noi.
La preghiera “O Dio vieni a salvarci, Signore vieni presto in nostro aiuto” oppure “Vieni Spirito Santo, vieni attraverso Maria” dobbiamo imparare a renderla viva ed esistenzialmente incidente. Gesù ce lo insegna nel Padre Nostro.

Carolina Mascheroni (Castellanza). Non sono mai andata a Fatima, ma sono andata a Lourdes varie volte. Credo non sia importante il luogo ma l’apertura del cuore alla Madonna. Lei per prima è stata mamma ed per di più una mamma che ha perso il figlio. Dovremmo, di preferenza, rivolgerci a Lei perché ha provato come noi questo grande dolore.
Attraverso Maria potremmo essere particolarmente vicini ai nostri figli. Il nostro dolore non deve andare perso ma diventare il tramite attraverso cui imparare uno sguardo nuovo sulla vita. Se è vero che non vedremo più i nostri figli su questa terra, col tempo si può però maturare la capacità di parlare di loro con serenità.

Rita Bettanello (Lonate C.). Quando a maggio siamo andati in gita al Santuario di Monte Berico, ho pregato molto la Madonna. Non ho mai perso la fede perché capisco che mio figlio mi aiuta. Con le mie sorelle abbiamo ritrovato un buon rapporto e capisco d’essere molto aiutata dalla fede. Quando prego sento una gran forza.

Vito D’Incognito ( Milano). Anche noi quest’estate, con Tina e Giuseppe, siamo andati a Medjugorjie. Lì abbiamo sperimentato la presenza dello Spirito Santo e l’influenza benefica della preghiera. Lì abbiamo ricordato tutti voi con i nostri figli.
Due settimane fa mi trovavo a Madrid con Savina. Ci siamo fermati in una chiesa e ho avuto un pensiero: “Gesù, aiutami a riconoscere i bisogni del prossimo, a non essere egoista e ad avere attenzione per l’altro”. Nella stessa mattinata ci siamo fermati in un giardinetto e un signore ci ha avvicinati per farsi accendere una sigaretta. Quando ha capito che eravamo italiani, ci ha raccontato la sua esperienza degli ultimi mesi: era uscito dalla prigione quella mattina, era senza soldi e ha chiesto aiuto all’ambasciata italiana dove però non ha trovato aiuto. Mentre raccontava questo, piangeva. Io credo che, dopo la mia preghiera del matti no, quello fosse un segno.

Gino Varrà (Milano). Alla mia testimonianza di prima vorrei aggiungere che, quando si va in questi luoghi di fede, non si va per chiedere il miracolo ma perché l’incontro col Signore possa produrre la grazia di un cuore fortificato nella fede. Non ho chiesto nessun miracolo, ho pregato per tutti noi, per i nostri figli e perché ci sia data la forza di riconoscere e accettare il diverso da me.

Raimonda Targa (Milano). Mi ha colpito quando don Giancarlo parlava dei nostri progetti. Io sono una di quelle persone che ha sempre vissuto con tanti progetti; uno era proprio su mio figlio. Forse non ho gustato abbastanza la sua presenza. Compiva sedici anni il giorno dopo l’incidente in piscina che ce l’ha portato via.Vivevo proiettata verso quello che sarebbe stato il suo futuro. Tutto quello che facevo era in funzione del suo avvenire brillante. Ero attenta alla sua salute.Lui che era un campione di nuoto è morto in due metri d’acqua in piscina. Tutti i miei progetti che io pensavo normali e buoni sono stati annullati in un solo colpo.
Riguardando il mio passato sono convinta che il Signore ha in mano la nostra vita e ha su di noi un progetto buono e grande che mira a portare tutti alla salvezza. Vuole che noi possiamo essere felici per tutta l’eternità e che la nostra vita si realizzi, anche se non nelle forme da noi pensate. Adesso sono in pensione e anche il mio ruolo di insegnante è terminato. Tutto quello che per me era importante si è minimizzato. La mia vita, però, continua ad avere un senso, anche se non nelle modalità che avrei voluto.
Il Signore permette che i progetti come li pensiamo noi non si realizzino ma Egli ne favorisce uno grandissimo: la felicità per tutti nell’eternità.
Quando è morto mio figlio non me ne rendevo conto ma adesso vedo che il Signore mi ha aperto delle strade, mi ha fatto conoscere delle persone che hanno pianto con me e che poi mi hanno invitato al matrimonio dei loro figli. Nel momento in cui aprivo la porta del mio cuore, per essere felice con chi lo era, il Signore mi dava un aiuto maggiore. Se prima ero piuttosto pretenziosa e forse non apprezzavo quello che il Signore mi aveva dato, in questi anni ho capito che sono una beneficiata per tutto quello che mi è stato donato.
Tendiamo a dare tutto per scontato e sottolineiamo solo i lati negativi della nostra esistenza mentre sono molto di più le cose positive. Una cosa meravigliose è stata quella di aver avuto questo figlio,di aver vissuto con lui e di aver potuto fare delle buone cose per lui. E’ pure un dono l’aver potuto maturare la mia fede conoscendo di più il Signore e rendendolo più presente nella mia vita. Mi sono stati donati tanti nuovi amici. E’ anche fonte di grande gioia vedere come il Signore opera nella vita delle persone.

Don Giancarlo: La strada che insegna a considerare noi stessi e la realtà in un orizzonte di positività è la fede. In questo campo nessuno di noi è autodidatta. Chi pensa di bastare a se stesso si troverà sempre più lamentoso e inavvicinabile. Durante un incontro con una Fraternità, un bancario raccontava di come i colleghi si lamentino continuamente per tutto e di tutto. E’ una condizione bestiale quella di chi vede solo il negativo. L’uomo non è autodidatta nell’itinerario di apprendimento di uno sguardo puro, luminoso e positivo. E’ una dote che, con sorpresa, uno si trova addosso quando ci si lascia plasmare dalla fede.
Cristo ci insegna che tutto, proprio tutto, coopera al bene. Quando la vita viene collocata dentro tale orizzonte ci riscopriamo capaci di positività. Le cose vengono guardate in un modo che prima non si aveva e ci si espone con una sensibilità che prima non si conosceva.
Domenica scorsa ero a Roma e ho incontrato Vito. Siamo stati insieme anche con gli amici Leonardo ed Albina. Eravamo lì per la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta. Gli eventi cui ho partecipato mi hanno riconfermato nel cammino e comunicato entusiasmato. Quando ci si lascia guidare si rinasce, si prende gusto e si impara a fidarsi. Poi, man mano l’esperienza scorre o quando se ne fa il punto, ci si trova arricchiti. Per imparare e per arricchirsi, bisogna seguire con il cuore aperto, con l’intelligenza in azione e con l’affettività pronta ad aderire ai segni che la vita e il disegno di Dio mettono sul nostro cammino. E’ quello che sperimentiamo durante i nostri incontri. Si torna a casa più sicuri, più forti, non liberati, ma con una carica nuova dentro.
A Roma ho riscoperto la funzione e l’importanza del Papato, quello che la teologia cattolica chiama “ministero petrino”. Il Vescovo di Roma è chiamato a svolgere quello che Pietro ha vissuto nel primo secolo. La funzione del Papa è duplice: essere fondamento visibile dell’unità della Chiesa e presiedere il fiume della carità. Nella piazza stracolma di gente ho visto l’impensabile. Erano presenti cristiani di tutti i riti oltre a islamici, induisti, gente di buona volontà. Il segno però più galvanizzante era quell’uomo, sconfitto dagli acciacchi ma non arreso.
Quando ci è passato accanto senza più nemmeno avere la forza di alzare le braccia e con la testa reclinata, ho visto in lui uno sguardo limpido, penetrante e un volto sereno che commuoveva.
Ho capito cos’è il fondamento visibile dell’unità: una figura che riconcilia, diventa segno di paternità e spinta alla sorgente della comunione che è Dio Padre.
Don Giussani ci ricorda che Maria è la figura umana che prima di tutte è stata commossa dall’Infinito perché viveva per Esso.
In piazza si trovavano anche migliaia di poveri di tutto il mondo.Quando si è alzato il velo ed è apparsa l’immagina di Madre Teresa, il boato dell’applauso e la commozione sono stati grandissimi. Ma i poveri che noi consideriamo presenze scomode e da evitare lì erano i privilegiati perché la più grande missionaria del ventesimo secolo li ha amati come Gesù.
Suor Firmala, succeduta a Madre Teresa, era figli di bramini, la casta più elevata degli indù, considerata la schiera dei puri. Nella filosofia indù che teorizza la reincarnazione, chi ha peccati da espiare si reincarna in varie caste in vista della purificazione fino alla casta dei bramini. I paria sono i fuori casta, coloro che valgono di meno delle vacche sacre. Suor Firmala, 24 anni, studentessa di legge e di famiglia nobile, ha incontrato Madre Teresa nella cura dei moribondi e ne è rimasta così affascinata da convertirsi. Ha visto il segno dell’amore, si è lasciata travolgere e adesso continua l’opera di Madre Teresa.

Canto: Il Signore ha messo un seme…….

Quest’anno il testo su cui lavoreremo ci regala dei contenuti profondi di riflessione sulla nostra umanità. Le prove della vita sono permesse perché l’io maturi e divenga più desideroso dell’essenziale. Normalmente è più facile essere superficiali e contrabbandieri dei valori autentici che di quelli profondi e veri. Nell’attuale società parole come verità, amore, amicizia, Dio, cristianesimo, matrimonio… hanno perso di valore e d’importanza. Noi, al contrario, vogliamo avere una fonte autentica a cui attingere e un patrimonio culturale e morale da imparare.
Il contenuto del libro “Il miracolo dell’ospitalità” è frutto di incontri tenuti da Don Giussani. Il lavoro su questo testo che noi chiamiamo scuola di comunità non prevede solo un lavoro sul libro ma innanzitutto la sequela a un’amicizia guidata da Famiglie in cammino e vissuta in nome di Gesù. All’interno di essa si è incominciato a capire perché si è al mondo e il cuore con cui vivere la propria condizione. La scuola di comunità vuole introdurre a una esperienza di appartenenza e alla tradizione del cattolicesimo che, attraverso don Giussani e molti altri, possa illuminare la nostra vita caricandola di certezze e di criteri con i quali affrontare e giudicare tutto. In questo cammino c’è una regola a cui attenersi: rimanere fedeli . C’è una fedeltà disciplinare e c’è n’è una di preferenza affettiva; chiedo a tutti di passare da una fedeltà disciplinare a una fedeltà di innamorati del vero.
Anche nel matrimonio la fedeltà coniugale può essere disciplinare ma, se ci si ferma a questo, la convivenza coniugale si appiattisce e diventa giustapposizione di vite che si accettano dentro uno schema che non dà più entusiasmo. La fedeltà di chi vuol essere il bene per l’altro è diversa. Questa fedeltà interroga il rapporto e diventa una relazione creativa. Allora nella coniugalità entra un legame preferenziale caratterizzato dall’emulazione, un amore in gara che diventa punto sorgivo di freschezza.
Ricordiamoci della preghiera, quella spontanea del cuore e quella sacramentale.
Attraverso la lettera mensile saremo invitati alla lettura del testo attraverso un lavoro di conoscenza, di approfondimento e di confronto. Dalla scuola di comunità deve poi scaturire la testimonianza. Tanti sono rimasti con noi perché sollecitati e accompagnati.
La persona è la creatura che vive consapevolmente il rapporto con l’Infinito. Obiettivo dell’ospitalità è aiutare la persona ad essere cosciente di ciò che è: immagine di Dio e rapporto con il Tutto. La strada per raggiungere questo modo di essere è la libertà. Libero è colui che vuol essere se stesso, cioè vero. Il modo più vero di star dentro alla vita è quello di essere affezionati con pacatezza al nostro io e alla realtà nella quale il disegno di Dio ci ha inseriti. Il perdono e l’accettazione di noi stessi non sono facili obiettivi.
Occorre cercare di essere condiscendenti, cioè accogliere l’altro con le sue caratteristiche religiose e temperamentali dichiarando guerra alla pretesa. Occorre anche imparare ad amare il dolore. Don Giussani illustra un’accezione nuova del dolore quando afferma che il dolore nasce anche dalla constatazione di essere incapaci di colmare l’abisso della diversità. La presa di coscienza che l’altro è diverso da me ed è incompatibile con me reca dolore. E’ ragionevole accettare di non poter cambiare il diverso per renderlo uguale a noi appiattendolo sulla nostra misura. Il diverso rimarrà diverso, sempre.
L’ospitalità non dobbiamo identificala e ridurla alle adozioni o agli affidi ma all’apertura del nostro cuore all’accoglienza e della casa ai bisognosi. Tale tipologia di ospitalità è da vivere nelle normali relazioni.

Don Gigi Peruggia. Mentre parlava don Giancarlo pensavo al prossimo pellegrinaggio in Terra Santa e, dietro alla parola ospitalità con tutte le sue risonanze, sentivo sempre più vero questo pellegrinaggio. Soprattutto oggi c’è da riconoscere l’ospitalità che il Signore ha dato a noi facendosi uno di noi in quel luogo e iniziando una storia di accoglienza e di ospitalità che continua ancora adesso permettendo incontri e aiuti come quello che voi trovate in Famiglie in Cammino.
Noi andiamo come ospiti nelle comunità che ci accolgono, andiamo a ringraziare le suore e i frati che resistono là permettendo a chi va di vedere non solo i luoghi sacri ma le persone, le famose pietre viventi che offrono a noi l’ospitalità di Gesù e che rischiano di diminuire fino a scomparire.

Avvisi I nostri amici di Roma si fanno promotori di un pellegrinaggio nella capitale. Sono disposti ad accoglierci verso la fine di marzo. Si visiterà anche il Vaticano e la tomba di S. Pietro.
Durante la Messa di oggi ricorderemo i nostri ragazzi. .
La volta scorsa abbiamo raccolto € 235 euro oltre ai 50 provenienti dalla vendita dei libri. Vi comunico anche che le nostre spese mensili per lettere, francobolli, e-mail, l’uso dei locali e delle attrezzature ammontano a circa €140.
Ringrazio vivamente per il vostro sostegno e per i contributi.
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