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Pellegrinaggio al Monte Berico

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Famiglie in cammino
Pellegrinaggio al Santuario di Monte Berico

Don Giancarlo Stamattina ho introdotto il pellegrinaggio sottolineandone la diversità in rapporto al turismo religioso e, in genere, al turismo. Nell’omelia ho messo a confronto l’atteggiamento della curiosità tipico del turista e l’atteggiamento del desiderio che definisce il cuore del pellegrino. Al proposito mi piace ricordare due figure emblematiche della Bibbia.

Abramo è stato l’antesignano dei pellegrini di tutti i tempi. Era un nomade. Il nomade è come gli zingari che non vogliono integrarsi perché attaccati alla loro cultura. Non accettano di star dentro un ruolo precostituito poiché comporta sacrifici e obblighi; vogliono essere liberi. Sono i figli del vento. Il loro paradigma è l’erba che, quando soffia il vento, si appiattisce ma poi si rialza.

Abramo è un nomade dalla cultura millenaria che ha iniziato a fare l’esperienza del pellegrino dal giorno in cui si è sentito dire: “Esci dalla tua terra e va’ dove io ti indicherò”.

Ciò che caratterizza il cuore del pellegrino è la coscienza di appartenere ad Altro da sé.

Abramo, dall’istante in cui ha preso coscienza di essere chiamato e ha deciso di rispondere positivamente è uscito dalla sua terra e dalla sua condizione culturale per farsi portare dove un Altro lo voleva condurre.

La nostra misura mentale è tendenzialmente materialistica, legata ai soldi e all’autonomia. L’uomo cerca di progettare e di realizzare quello che gli piace e gli interessa.

Pellegrino invece è chi vive la coscienza di appartenere al Mistero. A Lui si affida e da Lui si lascia portare.

L’esperienza di oggi è inserita nel contesto del lasciarsi portare da un autista e da chi ha organizzato la giornata. Dobbiamo essere consapevoli.

Appartenere a qualcuno che ci guida in nome di Dio è un guadagno anche se richiede il sacrificio della mortificazione, di far cioè morire qualcosa del nostro io per aprire lo sguardo su un altro orizzonte..

Abramo è stato il capostipite degli uomini pellegrini. In latino homo viator significa uomo in cammino. E’ importante ricordare che la vita è un cammino nel quale si è chiamati ad uscire dal proprio mondo precario e miope per entrare in quello definitivo con totalità. Tale impostazione chiede di vivere l’attesa della pienezza e di mettere in conto la fatica come quella di questo momento d’ascolto.

Un’altra figura importante è quella della Madonna. La fine del mese di maggio ci ricorda la visita di Maria tredicenne alla cugina Elisabetta anziana e gravida per disegno divino.

Maria si mette in viaggio, percorrendo circa cento chilometri a piedi, e va verso il segno del sacro. E’ una chiamata: l’angelo le aveva annunciato che l’Altissimo l’avrebbe coperta e avrebbe operato in lei ciò che la natura fa attraverso altre strade. La conferma stava anche in ciò che viveva Elisabetta: una donna sterile per molti anni, dopo aver superato da tempo la menopausa, è incinta. Maria, chiamata, va a verificare per accudire, per condividere. Maria, portatrice del mistero, si ferma poi presso la cugina fin dopo il parto, per aiutarla negli ultimi mesi, e per vivere la famigliarità con il segno del divino. Un “incontro” le fa sentire più contente e realizzate. Maria, pellegrina, dopo essere stata chiamata e aver detto: “Io sono la serva, accada di me non quello che è legato alla misura del mio io, ma quello che è legato al disegno che Dio ha previsto; sono disposta a seguirLo e obbedirLo”. Diventerà, per tutta la vita, pellegrina dietro al Signore. Ai piedi della Croce, quando Gesù le affida, attraverso Giovanni, la chiesa perché la guidi durante i cinquanta giorni di attesa dello Spirito Santo, accetta.

In Turchia si può visitare la casa della Madonna dove ha abitato, meta di pellegrinaggi sia di islamici, sia ortodossi, sia cattolici.

Il pellegrinaggio porta l’uomo in cammino, dalla precarietà del presente, alla definitività eterna del dopo, in un atteggiamento di obbedienza, di desiderio, di domanda. Dove c’è il segno del divino c’è la speranza a cui ancorarsi; c’è l’alimentazione a cui il tralcio della vite attinge linfa per ripartire ricaricati.

L’enciclica del Papa illustra ai fedeli del mondo la natura, lo scopo della pratica devozionale più diffusa nel mondo cattolico: la recita del S.Rosario. Il Rosario non è alternativo alla liturgia, bensì ne è un complemento e nel Medioevo, con i Domenicani, la corona del Rosario, assume la forma attuale delle 150 Ave Maria, intervallate dal Padre Nostro, e illuminate da spaccati di vita che permettono di cogliere i gesti compiuti da Gesù. Queste riflessioni sono i Misteri Gaudiosi, Misteri Gloriosi, Misteri Dolorosi. L’Enciclica rompe questo schema, esistente da un millennio. Nel Medioevo la gente era analfabeta e quindi aveva bisogno di una traduzione più popolare dei Salmi, per questo è stato inventato il Rosario da S.Bernardo. Il Rosario non è una preghiera mariana, è una preghiera cristologia. E’ una preghiera a Cristo, attraverso l’intercessione di Maria.

Il Papa dice:

“Noi, con l’esperienza di fede in Lui, siamo chiamati e siamo aiutati dallo Spirito Santo a immedesimarci in Cristo, a conformarci a Lui. Ad avere in noi gli stessi sentimenti che furono di Gesù. Chi conosce di più il figlio, della madre che gli ha dato la vita e che l’ha condiviso? Noi, attraverso la meditazione contemplativa di alcuni fatti, di alcuni gesti di amore salvifico di Gesù, possiamo entrare in Lui, essere attratti da Lui e assimilati, conformati, nel modo di pensare, di giudicare, di vivere, se Lo guardiamo con gli occhi di Sua madre”.

Per questo il Rosario è una preghiera dal contesto mariano, ma dal contenuto cristologico; è un’esperienza di meditazione sulla salvezza. I Misteri Gaudiosi, infatti, nella vita di Gesù, vogliono mettere in evidenza l’incontro tra il cielo e la terra, tra il mistero e l’umano; attraverso una mediazione: l’angelo; l’epifania di Dio, che è portatrice di speranza. “Rallegrati Maria, perché in te Io ho posto la pienezza, da cui uscirà il Messia”. Il Messia, cioè l’uomo nuovo, atteso da millenni, soprattutto dagli ebrei.

La prima parte dell’Ave Maria è straordinaria: “Ave Maria piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra tutte le donne” è il saluto messianico. Nella lingua originale significa: rallegrati, tu che sei piena di grazia, sei la riempita della potenza divina, perché il Signore ha posato il Suo sguardo su di te. Per questo sei la “Benedetta tra tutte”, l’unica prediletta, cioè amata prima di tutte e sopra tutte.

Tutti i punti espressi dai Misteri Gaudiosi fanno intravedere la possibilità della domanda, la relazione interpersonale fra persone che si vogliono bene (la visitazione, la gioia del parto), e dell’offerta al Signore che è l’artefice e custode della vita. Il desiderio che incomincia a muovere la vita di un bambino che vuole conoscere la sapienza, il senso per cui sta nel mondo.

Il Papa dice:

“Mentre noi guardiamo la vita di Cristo, per scoprire in essa (Misteri Gaudiosi) la gioia e scoprire poi nel corso della vita la luce, i punti di luminosità e al termine di essa l’esperienza del dolore, soprattutto di chi è innocente, e dopo i patimenti e la morte l’esperienza del successo, della storia, della gloria, per chi ha vissuto per l’ideale, recitando il Rosario noi siamo invitati a ripercorrere le tappe della nostra vita, nelle quali interferiscono gioie e dolori, conquiste e delusioni, tradimenti e rinascite, paragonatevi su Gesù, anche per imparare, meditando e contemplando Lui, con lo sguardo di Sua madre, che talora è uno sguardo interrogativo, talora educante, talora addolorato, talora gioioso o ardente; imparerete a essere più attenti alle responsabilità della vita.”

Il Papa commenta e illustra i Misteri invitandoci a una meditazione contemplativa, dove il ritmo ripetitivo delle dieci Ave Maria, che vengono ripetute, deve diventare strumento facilitante a puntare lo sguardo sui misteri rappresentati. Fissando lo sguardo sulle icone di Gesù che vive l’epilogo della sua vita (Passione, Morte e Resurrezione) e certi episodi della vita illustrata dai misteri come il Battesimo al Giordano, l’inizio della predicazione, la trasfigurazione sul monte Tabor, la Comunione nel Cenacolo, lasciamoci sorprendere ed afferrare dallo sguardo di chi contempla l’amore di Cristo in azione, per te, per l’umanità; un poco alla volta ci possiamo far plasmare. Il Papa parla del Rosario come dell’esperienza che lui ha sempre preferito:

“Il Rosario è la mia preghiera prediletta, preghiera meravigliosa. Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. Si può dire che il Rosario è un commento, preghiera, dell’ultimo capitolo della Lumin gentim. Sullo sfondo delle Ave Maria passano, davanti agli occhi dell’anima, i principali episodi della vita di Gesù, che ci mettono in comunione viva con Lui, attraverso il cuore di Sua Madre. Nel contempo il nostro cuore può racchiudere, in queste decine del Rosario, tutti i fatti che compongono la Sua vita di individuo, di famiglia, di nazione, di chiesa e di umanità; vicende personali e vicende del prossimo e in modo particolare di coloro che ci sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così, la semplice preghiera del Rosario, batte il ritmo della vita umana”.

Proprio perché il Rosario non divenga una tiritera che porta a distrazione, il passaggio da fare è di abbandonare il razionalismo, cioè ad essere sempre presenti a sé stessi in modo critico perché solo quello che penso e decido io vale, per affidarci in modo da guardare e sentirsi guardati. Guardiamo quegli episodi, l’uomo in azione, e ci si sente amati. Quando i figli erano piccoli, era bello averli in braccio, loro godevano di questo; anche noi possiamo provare la gioia di essere portati da Qualcuno che sa dove portarci, sa qual è la meta e anche se siamo distratti Lui continua a vigilare su di noi.

Per facilitare questa meditazione il Papa ci suggerisce, dopo l’enunciazione del mistero, di fare silenzio, per soffermarsi a meditare pensando cosa ci dice quel fatto della vita di Gesù. Poi riprendere con la recita del Rosario.

L’ultima pagina dell’enciclica è una testimonianza che il Papa da di sé:

“Quanto a voi, famiglie cristiane, a voi ammalati e anziani, a voi giovani, riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, anche se è molto tempo che non la prendete più tra le mani. Riscoprendola alla luce della scrittura, in armonia con la liturgia e nel contesto della vita quotidiana. Questo mio appello non cada inascoltato, all’inizio del venticinquesimo anno di pontificato, affido questa lettera alle mani della Vergine Maria, prostrandomi spiritualmente davanti alla Sua immagine, nello splendido Santuario a Lei edificato dal Beato Bartolo Longo, Apostolo del Rosario.”

Bartolo Longo è un avvocato napoletano che, convertito, ha costruito il Santuario di Pompei come espressione della confraternita da lui fondata con degli amici, in modo che attraverso il Rosario, molti arrivassero a Cristo.

                        Preghiera O Rosario benedetto di Maria
                        Catena dolce che ci rannodi a Dio
                        Vincolo di amore che ci unisci agli angeli
                        Torre di salvezza negli assalti del Maligno
                        Porto sicuro nel comune naufragio
                        Noi non ti lasceremo mai più
                        Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia
                        A te l’ultimo bacio della vita che si spegne
                        E l’ultimo accento delle nostre labbra
                        Sarà il nome tuo soave o Regina del Rosario di Pompei
                        O Madre nostra cara
                        O rifugio dei peccatori
                        O sovrana consolatrice dei mesti
                        Sii ovunque benedetta
                        Oggi, sempre
                        In terra e in cielo.
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