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Gennaio: Incontro mensile

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INCONTRO FAMIGLIE IN CAMMINO
GENNAIO

Natale Colombo (Usmate) Un saluto a tutti ed in particolare a chi è con noi per la prima volta. So che ci sono dei nuovi arrivati. Nella giornata di oggi cercheremo di stare il più possibile vicino a voi e dare anche la possibilità di avvicinare persone che abitino vicino in modo di poter avere incontri anche durante la settima; ci rendiamo conto che l’incontro mensile è spesso insufficiente. Mando i saluti anche da chi non è presente poiché il blocco delle auto di domenica scorsa ha fatto sì che l’incontro già fissato fosse spostato ad oggi per cui queste persone avevano già preso altri impegni.
Oggi, insieme a Don Giancarlo, dopo la preghiera e il canto, ci comunicheremo quanto abbiamo vissuto in quest’ultimo mese.

Don Giancarlo. Chi vive nella diocesi di Milano, sa che oggi è anche la festa della Sacra Famiglia che, per fortunata coincidenza, ci fa apparire cattolici mondiali perché si chiude oggi a Manila la quarta assemblea mondiale delle famiglie che il Papa aveva iniziato quattro anni fa a Roma dove c’erano anche alcuni di noi. Questa assemblea vuole bilanciare a livello adulto ciò che profeticamente questo vescovo di Roma ha genialmente intuito con la giornata mondiale dei giovani. Ogni hanno si gira continente e l’anno prossimo si ritorna nuovamente in Europa, precisamente in Spagna. Il tema su cui anche a Manila si è riflettuto e che poi viene ripreso nella liturgia di questa sera è: “Quando due o più persone sono riunite nel mio nome Io sono con loro.”
Vorrei che si risvegliasse la coscienza genuina, non imbrattata dai ma, se, però, che hanno come retroterra le cascate niagariane del dubbio, dove alla fine al centro non c’è più Lui ma il mio io.
“Io sono con voi” Questa cosa come certezza esistenziale che è da riconoscere in una resa, poi nel tempo se ti arrendi, non da sconfitto ma come resa ragionevole e libera di chi ama perché si sente amato da Colui che gli dice: “Io sono con te”. Quando accade questa resa ragionevole perché la motivi a te stesso e la ridecidi istante per istante nell’uso della tua libertà e questa resa diventa un affidarsi, consegnarsi a Lui che è tutto, a Lui che non potevamo pretende, Lui che è: Creatore, Signore, Giudice, Destino del di qua e dell’eterno. Si è fatto uomo e il dolore non l’ha risolto con le chiacchierate degli psicologi, dei teologi e degli psicanalisti o di chi vuol metterci una pezza. Il dolore è la condizione umana che la contrassegna e l’ha risolto soffrendo nel dolore. La soluzione innovativa, strabiliante e con questa mossa ha spiazzato tutti, a risolto il problema del dolore umano non parlando della croce ma stendendovi sopra e portando su di sé il carico delle tante prove e ferite, o rimarginate o sanguinanti, le ha compresse nel suo cuore riscattandole. Riscattate caricandole di un nuovo significato: l’uomo è tentato di guardare al dolore come castigo e quindi di ribellarvisi. Cristo, stendendosi sulla Croce, caricandosi del male e delle prove del dolore di ogni epoca e di ogni uomo ha fatto intravedere che la croce non è strumento né di castigo né di condanna. La croce è strumento salvifico ma a una condizione: ciascuno di noi, essere pensante e libero deve rideciderla giorno per giorno. Deve stare dentro il dolore, di farsi carico del dolore degli altri, fino a portare in sé il dolore di tutta l’umanità per amore di Lui. La condizione che permette al dolore che l’innocente patisce è quella di accettarlo con uno slancio d’amore: è per te, è attraverso di te, è per me. Man mano si diventa cattolici, ecumenici, spalancati fino ad abbracciare tutto e tutti sempre per amore al destino e alla pienezza di ogni uomo. Oggi Lui è qui con noi e ha già cominciato a darci una sfolgorata abbagliante e a seconda di come uno si pone può sentirsi accecato quindi girare la testa per impedire di stare di fronte a questa verità che nella sua oggettività è evidente per il cambiamento portato in molti di noi e prima ancora in miliardi di uomini. Oppure uno si apre se uno si sente invitato, un eletto, indipendentemente da quello che c’è dentro il cuore, incomincia a stare davanti a questa verità. Io sono lì con voi come Redentore, come colui che si è fatto carico di voi per amore prima che voi ve ne accorgeste, che lo pensaste, e adesso incominciate a intuirlo, a riascoltarlo come una sinfonia piacevole perché purifica, allieta, conforta, sdrammatizza
E rieduca ad alzare lo sguardo a respirare con i polmoni della speranza e dell’amore e non più solo con i polmoni pieni delle tossine dei nostri capricci e ribellioni.
Adesso facciamo il canto e la preghiera per noi nella quale invochiamo l’intercessione della trinità dei Santi e di quelli che tra i nostri figli godono già il Paradiso perché solo chi gode il Paradiso intercede nella Sua benevolenza e magnanimità a nostro favore.
Il ritornello:

Se il Signore non costruisce la città invano noi mettiamo pietra su pietra……

Poni tuos manos….

Invano ci diamo da fare, non risolviamo nulla di ciò che è essenziale.
Permetti che il Signore di Galilea prenda le nostre mani nella sua e non smettere mai di gridare a Lui il grido dell’uomo ha una valenza terminologica inequivocabile che è la preghiera, quindi non smettere mai di pregare gridando: “Signore abbi pietà di me, venga il Tuo Regno, liberami dal male, non farmi venir meno la risorsa quotidiana della speranza, la voglia di lottare, la voglia di ritornare a quell’equilibrio gioioso che la natura porta in sé come esigenza irriducibile”
La preghiera di Famiglie in Cammino ci viene da un amico sacerdote che aveva tirato fuori dal suo cuore ricco di fede all’interno di una lezione, spontaneamente, e abbiamo ritenuto queste espressioni illuminanti e vere. Per questo, quando ci ritroviamo, o anche quando si è soli in certe giornate pesanti, il recitarla con il cuore semplice del bambino che si affida possiamo sentire il vantaggio del miracolo.

Tu che adesso vedi senza ombre
Il Mistero che tanto ci attira e ci affascina tutti…

Il Tu non è riferito a Dio ma al figlio o alla figlia o alla persona cara che non è più fisicamente vicina ma spiritualmente è più presente a noi stessi di tante circostanza che caratterizzavano il prima.

Natale Colombo. Apriamo i nostri cuori. Se qualcuno di voi vuol testimoniare ciò che ha vissuto lo faccia liberamente.

Rita Bettanello ( Lonate Ceppino) Sono cinque anni che è morto Gabriele e incomincio adesso ad accettare la sua morte. Per la prima volta mia madre, in punto di morte, mi ha detto di volermi bene e mi ha anche chiesto perdono per i torti che sentiva di avermi fatto, unitamente a mia sorella suora. Non porto odio a nessuno ma certe frasi di mia madre mi facevano molto soffrire. Non avrei mai creduto di piangere vedendo mia madre sofferente, ma sono contenta per questa riconciliazione. Adesso prego con più serenità.

Fiorina Canato (Cairate) Quando undici anni fa abbiamo perso in un incidente stradale nostro figlio Roberto aspettato per tanti anni la disperazione era tale che avevo anche pensato al suicidio. Chissà come mi è stata data l’opportunità di partecipare alle riunioni di Famiglie in Cammino e ringrazio tutti per l’aiuto che mi è stato dato. Ho capito che la vita continua e se siamo qui con il nostro dolore siamo ancora utili a qualcuno. I nostri adorati figli non li abbiamo persi ci hanno solo anticipati. Un giorno questo disegno lo capiremo, abbiate fede in Dio e con il tempo vedrete che questo gruppo vi farà trovare serenità e speranza. Non prendete come castigo quello che è successo. Stiamo vicini e insieme potremo ancora ridere, cantare, dialogare e perché no anche qualche volta piangere. Adesso la vita la vediamo in un’altra ottica, per questo abbiamo bisogno di dire: “Dio speranza nostra aumenta la nostra fede.” Vi presento una nuova amica, Rosalba, conosciuta da poco, che al primo novembre, in un incidente, ha perso il marito di 41 anni e il figlio di 17. La disperazione è grande ma ha tanto desiderio di essere aiutata.

Rosa. Ho perso una figlia di 34 anni. Finalmente aveva trovato il lavoro per il quale si era preparata. Era laureata in lingue ed aveva trovato presso una scuola una supplenza di un anno. Prima si era adattata facendo quello che capitava. Proprio adesso che aveva raggiunto la sua meta, che si trovava bene, il Signore l’ha chiamata. Così è stato anche per mio marito, in un incidente in cui c’ero anch’io. Io dico che il Signore o ci abbandona o non vuole capire quanto siamo annullati da queste prove così gravose. Se questo è lo scopo di Dio io mi sento annullata, non ho più energie. Le uniche cose che mi sono rimaste sono le poche amicizie. Qualcuno si ricorda ancora di me, ma più che altro sono io che mi ricordo di loro e li vado a stufare. E’ difficile stare vicino a chi soffre. Oggi non c’è più il rapporto semplice di una volta, adesso si è più assenti. Il Signore dovrebbe sapere che una non ce la fa più a vivere in compagnia dei muri di casa. E’ stato riportato sui giornali ciò che il Papa ha detto: “Dio tace perché disgustato dall’uomo”. Probabilmente è disgustato anche di me, ha taciuto, mi ha portato via quello che di più caro avevo, quindi peggio che se tacesse. Si tace anche per vedere come le persone maturano o si dà la possibilità di andare avanti con i propri ritmi. Questo Dio che tace detto dal Papa mi fa pensare che anch’io ho disgustato Dio perché non solo ha taciuto ma mi ha colpito con la falce togliendomi la possibilità di vivere.

Anna Maria. Condivido appieno i sentimenti appena espressi. Mi sento molto confusa e provo sentimenti di ribellione, di speranza, di fede, di abbandono. Anche la mia fede vacilla perché mi sento abbandonata. La morte di mio figlio è stata traumatica. Mio figlio era sposato da un anno, aveva faticato per trovare la sua strada ed il suo lavoro. Si è sposato e aspettava la nascita della figlia con tutto l’amore possibile. Non ha avuto la soddisfazione di vederla perché la bimba è nata il giorno dopo che è morto. L’equilibrio è scosso da queste prove ma spero che il Signore mi dia la forza di non abbandonarlo. I problemi però sono tanti e non mi sento più la voglia di vivere.
Ho accompagnato Liliana, sua figlia è morta da quattro anni. Lei oggi non si sente di parlare, anche lei è afflitta da questo dolore. Mi sono sentita di renderla partecipe della nostra compagnia partendo dalla mia esperienza. In questo gruppo ho trovato dei veri amici che mi hanno aiutato tantissimo, quindi spero che anche lei possa trovare la forza di piangere un po’ di meno.

Valeria Borsani ( Canegrate). Simonetta dopo otto anni dalla sua tragedia è riuscita a trovare serenità. Aveva perso la mamma, la nonna e la figlia in un incidente. Vivendo l’esperienza di Famiglie in Cammino ha maturato la voglia di continuare la sua maternità adottando due fratelli cileni. Ci sono ancora molte cose belle nella vita, io ho riscoperto la natura e mi soffermo ad ammirare i paesaggi e sento dentro di me qualcosa di vivo. Anche questo periodo che è stato difficile per la mia salute l’ho potuto vivere serenamente, sentendo mia figlia vicina a me e affidandomi alla preghiera. Leggo molto e trovo sempre delle frasi che mi colpiscono e mi piace trascriverle. Queste piccole cose mi danno serenità. Sento che la fede è trovare la strada per aiutare gli altri.

Giovanni Rimoldi ( Busto A.) Intervengo con il cuore. L’annullamento l’abbiamo provato tutti, come anche la solitudine, ma si è parlato anche di speranza. Si parte dalla disperazione, dall’angoscia, la nostra è un’esperienza di carne che talvolta vuol dire sofferenza. Talvolta si arriva anche a bestemmiare che è in fondo una richiesta di aiuto. La sofferenza è un dramma che anche Gesù ha provato: “Padre allontana da me questo calice”. La nostra è una religione di carne, io altrimenti sarei ateo. Quando la mia bambina è morta dopo cento giorni, dopo che con mia moglie l’avevamo attesa per lunghi quattordici anni di matrimonio non ho mai provato la gioia di essere padre perché subito mi hanno detto che mia figlia soffriva di una malattia inguaribile. Sono comunque qui pieno di speranza. Domenica prossima è la giornata della vita, stiamo lottando per la vita. Chi ha perso un figlio deve essere pieno di speranza per la vita, non perché siamo dei visionari o illusi. Le persone che hanno sofferto sanno cosa significhi la speranza. La croce di Cristo non è fine a se stessa, la croce di Cristo, che è veramente dura, ci chiama ad essere compartecipi della sua sofferenza. Rosa citava il Papa, ma i giornali l’hanno citato in modo erroneo. il Papa citava il profeta Geremia che è il profeta delle lamentazioni. Quando il profeta si lamenta in nome di Dio non è mai per punire ma per invitare il popolo a convertirsi. E’ una lamentazione che apre alla speranza. Dio non punisce, Dio richiama. Dio ha mandato nel mondo Gesù Cristo che è morto in croce. Il nostro Dio è Padre e ci ama a tal punto che ha mandato il Figlio per aprirci la strada alla salvezza. Cristo è risorto. L’unico miracolo indispensabile per la nostra fede è questo. I nostri figli sono con noi. Il nostro Dio non è un Dio vendicativo ma Dio amore che ci chiama ad essere compartecipi della sua sofferenza che assume un valore di riscatto. Penso ai bambini che non sono nati: da quando in Italia è stato introdotto legalmente l’aborto i bambini morti sono oltre quattro milioni; è un dato drammatico. Gesù Cristo ci chiama ad essere compartecipi della sua sofferenza, della sofferenza di milioni di innocenti che soffrono come i nostri figli. Apriamoci quindi alla speranza, la nostra vita cos’è rispetto all’eternità? E’ un batter d’ali, dobbiamo pensare nell’oggi di Dio che vuol dire avere una dimensione più ampia, la sofferenza è passeggera. Sant’Agostino ha scritto: “Nel mare tempestoso della vita” non è un mare in bonaccia, anche se si hanno gli occhi malati, bendati ci si può aggrappare al legno della Croce. Chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la Croce, la Croce lo salverà.

Antonio Zanetello (Gallarate). Quando è morta mia figlia ho cercato subito il Padre Eterno e ho privilegiato i gruppi in cui si sentisse la presenza del Signore. Le crisi ci sono state ma ho riposto tutta la mia fiducia nel Signore e ho camminato con Lui. I suoi progetti sono lunghi mentre noi vorremmo vedere subito la guarigione. Con la pazienza ho potuto vedere che il Signore mi ha dato tanto: gli amici, Famiglie in Cammino dove posso confidarmi. Ho scoperto un canto per me importante che dice nella casa del Signore puoi pregare, chiedere; nella sofferenza ho trovato la risposta del Signore che mi ha detto di aver sofferto prima di me, per amarmi. Mi ha accettato così come sono, ho capito che per prima cosa devo accettare me stesso. Tutte le nostre lacrime non sono perse, Gesù le sa trasformare.

Natale Colombo Quando si incontra una persona così non si può fare a meno di seguirla, cercando il suo aiuto e cercando di capire come ha fatto a trovare la strada. Il nostro stare insieme ha questo significato.

Rosa. Io ho sempre fatto fatica a credere, per me è sempre stato un lavoro per darmi delle spiegazioni. Era una ricerca da parte mia leale per capire non ciecamente, per approfondire quelle che gli altri considerano delle verità. Visto le prove che ho avuto le considero conseguenze delle colpe della mia vita che sono state punite. Ricordo che quando ero ragazzina venivo rimproverata per aver osato dubitare. Tutto quello che mi è capitato lo attribuisco a questa mia colpa di voler approfondire per vivere una fede non passiva.

Don Giancarlo. Nel Vecchio Testamento era dominante questa concezione della vita e questa visione del male e del bene. Dio punisce chi sbaglia fino alla terza e alla quarta generazione. Occorre aprire il cuore e lo lasci sorprendere e penetrare dalle cose sentite per fare in modo che il paragone da vecchio testamento, ridotto e manipolato moralisticamente, per accettare il vero lavoro di consegnare questa visione distorta, non cristiana. Il vero volto di Dio è quello che Gesù è venuto a rivelarci. Per certi filosofi marxisti Dio è un idolo che l’uomo combattuto dal suo subconscio ha proiettato fuori di sé, facendolo diventare l’idolo che non regge. Il vero volto di Dio è quello che Giovanni ha ribadito con la semplicità di chi non solo l’ha conosciuto e studiato ma lo ha incontrato e lo sta vivendo e cerca di comunicarlo. Dio è amore, fedeltà, tenerezza. Ci ricorda che siamo cattivi. Se voi, che siete cattivi, sapete dare in certi momenti cose buone immaginatevi di che cosa è capace, da quale cuore sia definito Colui che non solo non è cattivo, ma è Amore.
X Ma se Dio, che è tanto amore, perché ci toglie i figli e ci da’ tanta sofferenza. Perché ci toglie la cosa più bella che abbiamo per farci soffrire così tanto. Il giorno di Santo Stefano ho perso mio figlio in un incidente, il giorno dopo la nascita di Gesù. Mio figlio era la gioia della mia vita. Dio non è buono se fa soffrire i suoi figli. Io non riesco più a entrare in chiesa, ho perso la fede. Mio figlio si era sposato da quattro mesi, ha lasciato tutti noi nella disperazione. Uno che ha perso il controllo della macchina ha investito in pieno l’auto di mio figlio che è morto, lui e non l’investitore.

Icilio Antonelli (Solbiate Olona). Anche a mio figlio e successo la stessa cosa. Chiaramente nel momento della disgrazia si pensa di tutto. Non ho mai avuto del rancore verso chi lo ha investito. Per quanto non sia mai stato un uomo di grande fede, metterei questi eventi come possibilità che si presentano nel corso della vita. Ho capito che siamo nel mondo liberi e tutto quello che ci può accadere nello svolgimento della nostra vita non è colpa di Dio. L’astio non risolve niente.

Don Giancarlo. Non dobbiamo dimenticare il fattore libertà e il fattore del peccato originale. Molto spesso è il cattivo uso della nostra libertà ad intralciare l’ordine, l’armonia di una convivenza di relazioni. La condizione umana, svelataci da Dio nel corso della storia; la Bibbia è il testo che ha cristallizzato questo e la Chiesa è la tradizione vivente che vive la memoria continua di ciò. Quanto Adamo ed Eva hanno introdotto nella storia dell’umanità cade sulle nostre spalle come eredità pesante. La terra produrrà triboli e spine, tu lavorerai col sudore della tua fronte. La tua passione ti porterà verso l’uomo. Dio ha introdotto la morte come conseguenza della libertà, ma libertà mal usata. La Bibbia dice (in termini popolari): poiché tu, piccolo grande uomo, sei troppo portato a distrarti, a dimenticare chi sei, da dove vieni, chi ti ha fatto e dove vai; giacché tu sei portato a delegare o a scaricare su altri, prima di interpellare te stesso facendo autocritica, sappi che io non rinuncio mai a quel diritto che ho, Creatore e Signore, di inventare quelle strade di cui la mia genialità è in grado, per ricordarti che tu non sei padrone di te stesso. Tu sei una creatura, sono Io il Creatore, tu sei un figlio, sono io il Padre; tu sei un peccatore, Io il Salvatore; tu sei uomo, Io sono Dio. Poiché tu spesso dimentichi questo, ogni tanto te lo ricordo, così come fanno i genitori col loro bambino. Qualche volta coccolandolo, a volte con la sculacciata, ogni tanto facendolo piangere e mostrando il viso truce; non perché i genitori siano cattivi, ma per fargli capire certe cose. Quello che noi come genitori viviamo nei confronti dei figli, ai quali vogliamo bene, tanto è vero che se li perdiamo è un uragano che subentra e conferma l’affezione che avevamo; se noi, che pur siamo cattivi, siamo capaci di usare questa pedagogia secondo i bisogni educativi dei nostri figli, il Padre che è Eterno, che conosce il nostro profondo, userà con la Sua gran maestria gli stessi tentativi che mettiamo noi in atto.

x Mio figlio è mancato da quindici mesi, aveva undici anni, ed ha una sorella gemella. Ascoltando i primi interventi mi sentivo un po’ a disagio poiché mi sembrava di essere io in una situazione migliore cioè in pace con me stesso. Mio figlio ha avuto una malattia incurabile, scoppiata a ciel sereno in un paio d’anni e in poco tempo le cose sono precipitate. Siamo riusciti a trasformare la disgrazia in qualcosa di buono per dare un valore a quello che ci era capitato. La nostra fortuna è di non essere stati isolati ma di aver sentito la partecipazione della parrocchia. Già nella vita normale avevamo costruito delle amicizie solide, grazie alla fede. La fede c’era già prima e in tanti abbiamo pregato perché avvenisse un miracolo. Dopo mi sono sentito un po’ abbandonato. Ho visto mio figlio soffrire pene inspiegabili, è stato tentato anche un trapianto di midollo ma le cose poi sono precipitate e mi chiedo che merito, che senso ha la sofferenza di un bambino, sia dal punto di vista umano che religioso. Chiedevo che quella sofferenza fosse data a me, ma non a mio figlio.

Marcello Crolla ( Busto A.). Nostro figlio è morto quando ancora doveva compiere sedici anni, di virus di morbillo per cui era stato vaccinato. Anche lui ha sofferto molto e se ne è andato dopo quattro mesi. Occorre ribaltare la domanda del perché di questa sofferenza, cui non possiamo rispondere. Posso dire cosa ha significato la presenza di nostro figlio nella nostra famiglia; non c’è una risposta umana alla sofferenza, a qualunque età e soprattutto in un bambino, ma c’è una risposta d’amore aprendo il cuore a quel miracolo che è stato il concepimento di nostro figlio, nel prendere in braccio quel bambino piccolo, poteva anche non esserci. Come ha detto Giovanni ci sono più di quattro milioni di bambini non nati, Mirko poteva essere uno di questi. E’ del tutto inutile continuare a porsi domande che la mia intelligenza non potrà mai arrivare a trovare, ringrazio piuttosto il Signore per avermelo dato, grazie di quel dono meraviglioso di amore e per avermi fatto capire il significato di essere genitori. Giovanni ed Anna hanno avuto una bimba vissuta cento giorni, è un miracolo. Chi è qui tra di noi, superstiti di incidenti in cui hanno visto la loro famiglia distrutta, sono un miracolo. I miracoli accadono nella nostra esistenza umana sta a noi riuscire a vederli. Del perché sia successo a loro e non a me è qualcosa di inspiegabile. Nella mia vicenda il miracolo che chiedevo stava già avvenendo, per una porta che si chiudeva un’altra si stava aprendo: l’amicizia delle persone, un’apertura di cuore che non avevo mai avuto. Fino a che le cose capitavano agli altri pensavo che fossero persone sfortunate. Quando è capitato a me ho capito il senso del Padre Nostro sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra non è la mia volontà, io ho una volontà, non capisco quella del Signore, un giorno riuscirò a capire cosa ha voluto dirmi attraverso questa sofferenza. Ho imparato anche che è inutile cercare delle colpe, dico soltanto: “Signore aiutami a portare il peso della mia croce, rendi il mio cuore umile, capace di vederTi su quella croce, perché su quella croce possiamo anche noi rispecchiarci”. Noi abbiamo il dovere, l’obbligo, il diritto, di continuare ad avere la speranza dentro di noi, altrimenti significherebbe che nella nostra vita siamo stati capaci di non insegnare nulla ai nostri figli, la speranza è quella vita, quella gioia che loro avevano dentro. Chiuderci dentro un cuore arrugginito sarebbe come far morire di nuovo i nostri figli, è più semplice ed umano, più saggio, aprire il nostro cuore e chiedere al Signore il Suo aiuto perché possiamo, giorno dopo giorno, continuare a guardare alla nostra realtà e così portare una parola di sollievo e di amore a chi in questo momento sta soffrendo come me. Questo è il senso del nostro gruppo di Famiglie in Cammino: portare la speranza attraverso la prossimità umana, attraverso lo sguardo, un sorriso, una telefonata. La vita deve continuare ad avere un senso, il Signore non ci ha dato i figli per toglierceli, il Signore ce li ha dati in prestito e solo quando ci sono mancati ci siamo resi conto di quanto grande era il nostro amore.

Natale Colombo. Marcello ci ha dato un grande contributo a chiarire il senso di un cammino di fede. Cosa vuol dire amare Cristo e cosa c’è oltre la morte di un figlio. Chiudiamo ricordando che il prossimo appuntamento sarà ancora in questa aula il 16 febbraio. Don Giancarlo celebrerà la S. Messa in ricordo dei nostri ragazzi e in particolare: Franco Selva, Lidia Macchi, Augusto Ganassini, Mauro Bovini, Massimo Colombo, Gabriella Monti, Matteo Piatti, Maddalena Ceriani, Vittorio Cremona.
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