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Agosto: Giornata nazionale di Rimini

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RADUNO NAZIONALE DI RIMINI
Agosto 2002


Colombo Natale (Usmate). Un saluto da parte mia e da parte di tutta la Fraternità.
Oggi è presente un folto gruppo di appartenenti alla fraternità che guida Famiglie in cammino. Do la parola a Giorgio Macchi, uno dei fondatori del gruppo che ci racconterà come e perché è nato il gruppo.

Giorgio Macchi (Varese). Parto da un fatto personale che aiuta a capire meglio come è nato e si è sviluppato questo gruppo di amici. Mi scuso con tutti i presenti per l’assordante rumore provocato dai signori che vorrebbero entrare nel salone attiguo alla nostra saletta.
Il 5 gennaio 1987 mia figlia Lidia si era recata all’ospedale di Cittiglio, un paese vicino a Varese, per trovare un’amica ricoverata a causa di un piccolo incidente stradale. A cena non è ritornata. Dopo svariate telefonate ai suoi amici l’abbiamo cercata e attesa per tutta la notte. Idem il giorno dopo. Di solito Lidia era puntuale e, in caso di ritardo, avvisava sempre. Quella sera non l’aveva fatto e noi eravamo in preda all’angoscia. Passato anche il giorno successivo senza alcun segnale, il pensiero che le fosse successo qualche cosa di grave cominciava ad attanagliare i nostri cuori. Purtroppo la conferma venne il giorno successivo quando il suo corpo venne ritrovato in una radura, trafitto da ventinove pugnalate alla schiena. Era la fine. Mi sembrava di impazzire. Guardavo mia moglie e l’altra figlia Stefania incapace di profferire parola. La casa cominciava a riempirsi di gente fra cui la polizia, il prete e tanti amici e conoscenti. Il dolore era tale che sentivo delle fitte tremende allo stomaco.
Avevo l’impressione che tutto si fosse svuotato di contenuti e di senso. I giorni passavano carichi di torpore e di assenza completa di voglia di vivere.
La casa era però sempre piena di gente, soprattutto di ragazzi, amici di Lidia e di Stefania. Venivano tutte le sere e ci facevano compagnia. Dapprima davano quasi fastidio ma, poco a poco, la loro presenza diventava indispensabile. Si parlava di tutto, soprattutto di Lidia. Così venni a conoscenza di una nuova figlia, soprattutto dal punto di vista spirituale. Gli amici, l’ho capito in seguito, insieme ai genitori, sono i testimoni e i custodi più veri della memoria dei figli.

In seguito un prete mi invitò a Milano a tenere una testimonianza in memoria del figlio di Giorgio Targa. Così, a poco a poco, cominciai a fare delle testimonianze sul dolore girando l’Italia. Incontravo situazioni incredibili e tanto dolore inespresso da impedire una visione più lieta della vita. Ripetevo a me stesso che non poteva finire così. Lidia era stata per me una figlia meravigliosa e non poteva uscire di scena travolta dall’ultima parola pronunciata dal Maligno. Avevo il desiderio di ringraziare gli amici e questi ragazzi ma da solo non ce la facevo .
L’occasione venne con l’incontro di Giorgio Targa e Marcello Crolla nel 1991. La cognata di quest’ultimo, Marilena, si era incontrata casualmente a Rimini con Giorgio Targa. Quell’incontro ha segnato l’inizio di un grande cammino di crescita personale e del gruppo.
La svolta avvenne con l’ingresso di Don Giancarlo. Era il prete adatto per noi e per gli amici che cominciavano ad incontrarci. Dalla condivisione del dolore lacerante per la morte dei nostri figli ci ha guidati e accompagnati ad alzare lo sguardo seguendo un cammino religioso legato al Movimento di Comunione e Liberazione.
In questi dieci anni abbiamo visto tante famiglie trovare una pace ed una serenità inspiegabili. Molte si sono disperse perché hanno voluto percorrere strade alternative alla nostra ma senza riuscirvi.
Alcune sono poi cadute in depressione.

Per me e per molti di noi, oggi, c’è in gioco la coscienza di una missione che ha favorito in Italia la fioritura di molti rapporti. Uno degli scopi dell’incontro annuale a livello nazionale in quel di Rimini è di allargare le conoscenze soprattutto fra coloro che vivono nelle stesse zone.
Nel corso degli anni mi sono accorto che stava incominciando a prendere corpo quanto mi aveva detto don Giussani: “Dio ci abbraccia ed il nostro dolore, se vissuto nella fede e nella speranza cristiana, si trasfigura e diventa fonte inesauribile ed incredibile di amore e di energia per gli altri. E’ non solo croce ma resurrezione.

Natale colombo (Usmate) Grazie Giorgio per quanto hai detto. L’avevo già ascoltato altre volte ma ogni volta mi sembra sempre una storia nuova. Trarre dal male il bene, come ci aveva detto il Cardinale Martini, è qualcosa di divino.
Inviterei ora Giuseppe Forame a raccontarci e a farci capire quali sono per lui le ragioni che lo fanno rimanere con noi.

Giuseppe Forame (Milano). Il mio incontro con Famiglie in cammino risale a quattro anni fa quando il nostro unico figlio Matteo, il 13 marzo 1998 è stato accolto dal nostro Padre celeste. Mi fa un po’ specie dire “accolto dal Padre celeste” perché, se penso a come ero quattro anni fa, non avrei mai e poi mai fatto mia e adottato una frase del genere. Questo fa capire il percorso che ho fatto e che molti di noi hanno fatto. Al fondo è il vero motivo per cui rimango all’interno di questa compagnia.
Soltanto due anni fa non riuscivo a recitare il Padre nostro soprattutto laddove si dice “sia fatta la tua volontà”. Non riuscivo ad accettare nella maniera più assoluta che Qualcuno avesse potuto volere ciò: una volontà così tragica e così straziante da toglierti il respiro e da non permetterti più di vivere in una finta tranquillità.

Dopo il contatto iniziale, fidandomi di chi mi aveva fatto la proposta, ho incominciato un’ esperienza che mi ha completamente cambiato. Io ero, ma credo di esserlo un po’ anche adesso, un agnostico. Provengo da una tradizione molto raziocinante. Di conseguenza per me era duro abbandonare il mio stile razionalistico per affidarmi a quello che mi nasceva nel cuore. Lì è incominciato lo scontro tra cuore e ragione. Quest’ ultima mi diceva che quanto stava accadendo era solo un alibi. Il cuore mi diceva il contrario.
L’incontro con i primi amici di Famiglie in Cammino ha costituito una sorpresa. Quando una persona attanagliata dal dolore si vede arrivare in casa due persone serene in volto che raccontano la loro tragedia, la prima reazione è di stupore. E ti domandi: come fanno ad essere così sereni? Come fanno a raccontare la loro storia in modo così libero? Da qui è scaturita la decisione di conoscere più da vicino la loro compagnia.
Poi è subentrato il conflitto personale. Frequentemente mi sono arrabbiato perché non riuscivo a capire i libri di don Giussani e la ragione per cui il gruppo li usa come ispiratori di un metodo educativo. Pian piano però, con l’aiuto degli altri, ho cominciato a smettere di chiedermi il perché su tutto. In effetti non era ragionevole chiedermi il “perché” della morte di mio figlio. Ad un certo punto ho cominciato a pensare che, attraverso quell’esperienza, stavo forse incominciando a trovare Cristo, non un Cristo astratto, distante e dominatore della scena ma un Cristo uomo che ha il volto e gli sguardi premurosi degli amici. Tale intuizione mi ha spinto ad aderire alla loro compagnia e di farmi promotore di essa verso altri.

Natale Colombo. Un grazie particolare a Giuseppe per la vivezza della sua testimonianza. Saluto i brasiliani presenti, amici di Marcello. Domandiamoci ora in che modo ciò che Giorgio e Giuseppe hanno incontrato possa dilatarsi e divenire una possibilità per tutti. Inviterei mia moglie Flora a raccontare la sua esperienza.

Flora Colombo (Usmate). Quando è successa la morte di nostro figlio Christian la prima reazione fu che una cosa così non potevo viverla da sola. A tutti gli amici che venivano a trovarci domandavo se conoscevano qualcuno che aveva già vissuto un simile dramma. Ritengo che sia stato questo desiderio a lanciarmi nella ricerca di una soluzione. Mi ritengo fortunata per non essermi chiusa. Nel contempo andavo pensando che quanto successo doveva nascondere un disegno da scoprire. Nostro figlio era una presenza troppo grande per noi e quindi non poteva averci lasciato in quel modo. Tale ipotesi era la cosa che mi teneva desta e mi dava forza.
Tante persone ci sono state vicine. Alcune vivevano l’esperienza del Movimento di Cl. Tali rapporti sono stati una grazia che mi ha ridato la voglia di vivere.
Dopo un anno, leggendo la rivista Tracce, mi sono imbattuta in un articolo nel quale Giorgio Targa, Giorgio Macchi e Marcello Crolla raccontavano la loro esperienza. Subito mi sono mobilitata per incontrarli. Ricordo che, dopo alcuni minuti, mi sembrava di conoscerli da sempre.
Degli incontri che facevamo ricordo la voglia intensa di condividere il dolore anche degli altri per far loro intravedere la positività della nostra speranza.
Dopo undici anni posso dire che il dolore in me si è trasfigurato. Quando penso a Christian avverto un grande vuoto che però accetto. Proprio ieri, durante un’assemblea, ascoltavo don Negri che diceva: “la comunione dei Santi ci permette di vivere con i nostri cari defunti nella vita di tutti i giorni”. Tale coscienza aiuta molto a vivere la vita di ogni giorno con speranza. Il mio desiderio è che a tutte le persone possa accadere quello che è capitato a noi, di riacquistare cioè una gioia nella vita, nelle cose e nella natura

Natale Colombo (Usmate). Circa un anno fa, il figlio di Aletti che è qui con noi, è morto in un incidente sul lago di Como. Gli chiedo come sta vivendo la sua esperienza di dolore.

Aletti Ugo( Milano). Quello che ho sentito all’inizio da Giorgio Macchi è esaustivo. Anche a noi è capitato così. Il nostro lutto è però più recente.
Vi leggo quello che ha scritto mio figlio Riccardo di 3° media in un tema dal titolo “Addio monti: racconta quello che hai provato nel tuo cuore ogni volta che hai dovuto lasciare luoghi o persone a te particolarmente care. Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto fra voi, se ne allontana”.

“…Anch’io credevo così quando mio fratello Stefano mi salutò per l’ultima volta. Dopo la sua morte la vita per me ormai non aveva più senso. Non volevo più ascoltare nessuno. Da casa mia entrava ed usciva gente a porre le sentite condoglianze a mia madre che piangeva e desiderava anche lei dare una speranza alla sua vita. Anche mio padre soffriva e con lui tutta la mia famiglia. Il mattino seguente l’accaduto mi recai con i miei fratelli all’Abbazia di Chiaravalle. Qui un frate mi confessò ed a lui chiesi un significato da dare, ora, alla mia vita. Non riuscivo a consolarmi. Il fatto mi aveva lacerato il cuore. Piansi molto allora ed anche oggi piango se penso a quei momenti di totale abulia. Mi ricordo però che il pianto si interruppe quando mi voltai a guardare i miei amici (per me, quando mi voltai a guardare Famiglie in Cammino) presenti alla S. Messa in suffragio per mio fratello. Nei loro visi rivedevo il volto di Stefano e li stringevo forte per non farli andare via. Poi sorrisi perché ero certo che la mia vita con loro sarebbe cambiata. E così è stato.

Se oggi li guardo e li osservo rivedo lui nei loro volti. I suoi amici e mio fratello: un’eternità in un volto, una vita in uno sguardo, la mia certezza in loro. Oggi ripensando a Stefano mi ricordo dei momenti trascorsi con lui. Io tornavo a casa da scuola e mi mettevo al suo fianco a fare i compiti. In quei momenti il silenzio totale creava un sincero rapporto tra me e lui. Con Stefano mi divertivo a trascorrere i pomeriggi a giocare a calcio. Adesso guardandomi attorno mentre studio, non lo vedo più. Quando tocco il suo letto lo sento tragicamente vuoto e l’aria mi sembra gravosa e morta se qualcuno non mi desse ancora un gusto di vita nuova. Lui è là , io sono qui. No, io sono qui e lui è qui accanto a me che fa i compiti, che dorme, che ride. Ed io sorrido con lui.
Tra me e Stefano un mistero, una, una speranza. Una speranza ma anche la certezza di trascorrere i pomeriggi insieme vedendoci e guardandoci l’uno negli occhi dell’altro. La verità che unisce me a lui è il fatto che viviamo in simbiosi. Io ho bisogno di lui. La vita, perciò, non si è fatta contro, non è andata a sbattere contro un muro, non è svanita dentro un'infinita assenza. Anzi tutto questo ha cambiato me. Dio che ha fatto tutto chiede tutto a quelli che Egli preferisce per rialzare il suo misterioso possesso del mondo. Per noi uomini, questo può apparire solo confusione. Tanto non è nostro. Oggi io cerco di guardare tutti con occhi diversi come li guardava lui.
Anche adesso, mentre asciugo l’ultima lacrima, lui mi sussurra delle parole all’orecchio come per ricordare la nostra amicizia .“ chi dava a voi tanta giocondità è per tutto e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande. Ci vediamo.”

Natale Colombo. Mi scuso con i presenti per le condizioni veramente infelici di questa sala. Mi auguro che abbiate colto come si possa vivere il dolore anche per un fratello.
Chiedo a Giorgio Targa di spiegarci come ci muoviamo e come riusciamo a mantenere i contatti con le persone lontane.

Giorgio Targa( Milano). Inizio esprimendo la nostra riconoscenza a Don Giancarlo che, in questi dieci anni, è stato una grande guida ed un grande amico che ci ha insegnato il metodo per condurre gli incontri mensili. Si incomincia dall’accoglienza ai genitori che vengono per la prima volta e raccontano il loro dramma. In un secondo momento si sviluppano sia l’amicizia con quelli che geograficamente sono più vicini sia la partecipazione alle riunioni mensili in cui si utilizza un testo guida. In esse tutti hanno la possibilità di esprimersi e di confrontarsi. Alla fine don Giancarlo fa la sintesi degli interventi più significativi che, una volta sbobinati, vengono distribuiti per essere meditati singolarmente o a gruppetti durante il mese. Il testo viene anche inviato per posta o per
e-mail alle le famiglie incontrate nel corso del nostro decennale cammino. In questi anni abbiamo lavorato per far nascere in altre città gruppi analoghi al nostro. In Emilia-Romagna, con l’aiuto di Pietrina e di Nino, un gruppo di genitori si è ritrovato ed ha in corso un cammino di fede. Purtroppo non è riuscito a strutturarsi solidamente e, oggi, risulta un po’ disperso.
Un altro gruppo nelle vicinanze di Modena (Massa Finalese) fa riferimento a Yvonne Veratti e raggruppa una trentina di famiglie aiutate da un sacerdote.
Un gruppo molto folto di genitori, nella provincia di Rovigo, fa riferimento a Ugo Marchesini e si ritrova presso il Seminario arcivescovile di Ferrara. In questi anni è così cresciuto che il Vescovo, una volta all’anno, celebra una S. Messa per loro. In quell’occasione circa 600 genitori si ritrovano in Duomo.
Anche in Piemonte un gruppo di famiglie si trova attorno a un sacerdote.

Natale Colombo. Ora lasciamo spazio ai liberi interventi.

Ulisse Brandao ( Brasile). Scusate il mio italiano. Io e mia moglie ci siamo sposati all’interno dell’esperienza del Movimento di Cl. Da molti anni vi apparteniamo. I nostri figli sono nati e cresciuti all’interno di questa esperienza. Nostra figlia che ora è nelle braccia del Signore si è ammalata di leucemia circa due anni fa. Nel nostro dolore siamo stati accompagnati, come testimoniava prima Giorgio, da tanti amici appartenenti anche loro al Movimento. Per fortuna la coscienza del significato cristiano del dolore ci era già stata data all’interno del nostro cammino di Fede.
Se ci aiutate inviandoci i resoconti potremmo tentare di far nascere qualcosa nella nostra terra così martoriata.

Don Giancarlo. Ringrazio tutti gli amici presenti. Famiglia in Cammino è nata da persone del Movimento di Comunione e Liberazione ma è rivolta a tutti quelli che sono stati provati dal dolore di un grave lutto. La fedeltà tenace al carisma di Giussani e l’appartenenza al Movimento sono state di grande aiuto. Ma il riconoscere le origini non basta. Occorre fare un cammino personale e consolidare l’appartenenza al carisma originario. In questo sono molto vigile. Quando c’è da correggere una distrazione o l’imborghesimento ricordo agli amici di Comunione e Liberazione il compito che ci è stato affidato. Se siamo stati scelti da Dio come il tramite per altri, guai se annacquiamo l’identità e la passione dell’origine. Agli altri lasciamo ampia libertà di seguire la loro storia. Quando qualcuno, attraverso la nostra amicizia incontra il Movimento e lo abbraccia ne siamo contenti. Chi non lo abbraccia ma ritrova in noi uno stimolo per purificare o alimentare la sua identità cristiana, ben venga. L’importante è che ciascuno viva la comune missione da discepolo di Cristo.

Aletti Ugo (Milano). Sono convinto che un nome più adatto di “Famiglie in cammino” non potevate sceglierlo. Prima pensavo che tutto si chiudesse con la morte dei nostri cari. Oggi invece sono convinto che alla morte faccia seguito un oltre senza confini. Quello che ci avete testimoniato è una ricchezza incredibile. Perché ci fa capire che quando tu guardi in faccia uno, anche per tre secondi di orologio, quello sguardo è per sempre. Ciò che accade nella realtà è per sempre.
Essendo di Varese conoscevo Lidia, figlia del Giorgio e della Paola; uno splendore di ragazza. La sua vita non può essere finita nella discarica in cui è stata pugnalata. C’è un Oltre che dilata tutto per tutti.

Maria Magni( Vimercate). Anch’io ho perso mia figlia qualche anno fa. Mi era caduto il mondo addosso. Cinque mesi fa è morto mio marito e mi si è riaperta questa grande ferita. Tramite la terapia del dolore ho conosciuto il sacerdote don Gigi Per uggia e, attraverso di lui, una famiglia che mi ha fatto incontrare Famiglie in cammino. Lo ringrazio ancora per questo. Ieri notte non ho dormito per quello che dovevo dire. Ma ci tenevo a far sentire la mia voce e testimoniare quello che mi è successo.
Perché quando è morto mio marito …….. Scusate se non riesco più a parlare. Quando sono giù chiamo don Gigi ed altri amici che mi ascoltano pazientemente. Ringrazio tutti e anche don Giancarlo con cui recentemente mi sono sfogata.

Susanna(Pesaro). Ho sentito parlare di Famiglie in cammino dall’amica Simonetta. L’anno scorso ho perso mio fratello in un incidente stradale. Aveva 29 anni. Ho chiesto a Simonetta se potevo sentire le vostre famiglie anche se io avevo perso un fratello e non un figlio. Così questa mattina sono partita da Pesaro e sono venuta qui. Io amavo mio fratello forse più della mia stessa vita. Mi manca molto. Sicuramente lui sta bene dove è. E’ certamente col Padre. Ascoltare qualcuno che come me ha vissuto o sta vivendo l’esperienza del dolore è importante perché mi aiuta a diventare più forte

Marcello Crolla (Busto Arsizio) Il compito che noi genitori abbiamo è di donare amore. L’amore ricevuto in dono da Dio. Noi siamo segno e strumento per generare nuove vite. Ritengo che solamente chi ama la vita è capace di dare un senso alla morte. Abbracciando la croce che Cristo ha portato (per noi è la morte di un figlio o di un fratello) ci sentiamo spronati ad andare avanti e comunicare l’amore di Cristo che ha cambiato il nostro cuore.
Ricordo che un missionario di Milano diceva: Cristo è per tutti. Il nostro cuore è come una cassetta che si apre dall’interno. Bisogna aprirlo al Mistero. Se noi non lo apriamo, Cristo non riuscirà mai ad entrare in noi. Il nostro compito è di portare una parola di speranza e di amore a chi vive il dolore. La vita continua. Il mistero non è la morte. Il mistero si rinnova ogni mattina quando ci svegliamo e ci guardiamo allo specchio per ridirci chi siamo. In quel momento vale la pena ripetere: grazie Signore per tutto quello che ci hai donato. Grazie per averti incontrato.

Natale Colombo. Purtroppo dobbiamo chiudere l’assemblea perché in questa saletta ci saranno altri incontri. Mi scuso ancora per le pessime condizioni dell’ambiente. Non è stato facile comunicare ed ascoltare. Facciamo tesoro di quanto abbiamo ascoltato. Il dolore non ci soffochi ma apra all’altro e costituisca l’inizio di un cammino per tutti.
Stasera ci incontreremo per una S. Messa nella quale pregheremo per i nostri figli. Poi ceneremo insieme.
A tutti un caloroso saluto ed un arrivederci all’anno prossimo.

Canto: Poni tuos manos en la mano del senor de Galilea…

Don Giancarlo. Segnalo agli amici brasiliani che il canto eseguito è diventato per il nostro gruppo il canto che ricorda la traiettoria del nostro cammino: ascoltare e seguire i passi di Cristo seguendo l’orma lasciata da Lui, la Chiesa, corpo vivente che ci ha generati e ci ha accolti.
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