Marzo
Don Giancarlo. Oggi una nostra cara amica incontrandomi mi ha posto una domanda a cui rispondo adesso. Tale domanda è come un ritornello che scaturisce dal cuore di tutti coloro che si sentono stroncati in modo fulmineo all’interno di circostanze imprevedibili e imponderabili, oppure in chi essendo già stati al macero nel tumulto delle prove, riflettendo per rendersi conto, non con frasi sentite, ripetute, frasi fatte, ma per capire attraverso l’assimilazione personale di risposte (qualora si siano incontrate),: questa domanda ritorna: se Dio è amore perché c’è il dolore, se Dio è amore perché c’è il dolore dell’innocente? Penso ai veri innocenti perché nessuno di noi presenti è innocente.
La liturgia che stiamo celebrando, ormai ad un passo dalla celebrazione dell’avvenimento della Redenzione che ha portato la Croce fiammeggiante e comunicante valori e rivitalizzazione nella storia dell’umanità e nel cuore degli uomini, ci dà testimonianza di Gesù che è Dio fattosi carne, fattosi uomo. E’ Dio che parla, non è il prete né il teologo o il santone. Impariamo, ascoltando e contemplando la verità, perché solo la verità fa vivere l’uomo e liberandolo gli comunica la letizia e la pace del cuore che rasserena dopo le prove della vita. Ascoltiamo Gesù di fronte alla malattia: questa malattia non è per la morte ma per la gloria di Dio, Attraverso di essa il figlio di Dio sia riconosciuto per quello che è.
Gesù è informato che uno tra i suoi più cari amici è in pericolo di vita. Guarda oltre la realtà che appare e attraversa l’apparenza della malattia ed arriva ad un giudizio che è lo sguardo che arriva al profondo di ognuno di noi cogliendo che la malattia e la morte sono un segno di qualcos’altro che accompagna e introduce in una prospettiva più alta e profonda fino a perdersi oltre l’orizzonte conoscibile ma Lui che conosce tutto ci assicura che questo segno che è una prova drammatica non è per una fine, per la dichiarazione di una sconfitta, non porta con sé la perdita: è per la gloria di Dio.
Tutto ciò che accade nella storia personale e del genere umano non accade fatalisticamente, ma accade, perché dietro c’è un disegno buono; soprattutto c’è una presenza di amore che ama la creatura che egli ha generato. Per la creatura prediletta Dio riserva prospettive verso il destino salvifico quindi tutto è segno e promessa di salvezza e di riabilitazione. Poiché l’uomo è duro di cervice, ottuso, Gesù, al fine di farci scorgere la sua grandezza, anziché correre dall’amico si ferma due giorni e poi suggerisce: si è addormentato vado a svegliarlo. Gesù interviene: ci aiuta ad approfondire la questione che la realtà è segno di un disegno buono tendente a far risaltare che Dio è amore, infatti la gloria di Dio è l’amore che si manifesta. Chi legge più nel profondo il senso delle cose e della realtà, chi porta in sé il giudizio di Dio, nella realtà è più umano poiché il divino educa, libera, fortifica, purifica l’umano rendendolo più autentico, più profondo, più libero perché liberato. Gesù dimostra che cos’è l’amicizia che accetta anche la commozione del pianto ed è così visibile la sua umanità nei confronti dei tre amici carissimi che tutti vedono l’affetto che li lega .
Questo è il linguaggio del volersi bene, del comunicare, dell’abbracciarsi sia come sfogo sia come ascolto sia come segno di una vicinanza e tutti lo desiderano. Gesù non si accontenta: lo vive, lo offre, perché è uomo e agisce come tale ma partito prima da un giudizio di valori, collegando il giudizio di valori attraverso la dimensione affettiva del sentimento che compatisce, cioè patisce assieme agli altri, riporta la questione al piano originario. Mentre tutti si difendono di fronte al comando di togliere la pietra dal sepolcro poiché ormai puzza Gesù ripropone le parole: non ti ho detto che se credi in me cioè ti lasci guidare nello sguardo e nella comprensione del senso più profondo dell’accaduto e della storia vedrai la gloria di Dio? Marta e Maria hanno già fatto il pronunciamento di fede: Credo che Tu sei il Messia, Gesù ringrazia il Padre che lo ha ascoltato, non ha ancora fatto il miracolo ma si può affermare che questo sia già avvenuto. Il miracolo non è la vita restituita a Lazzaro: è il cambiamento del cuore sulla questione del segno. Molti dei Giudei venuti per le condoglianze alla vista dell’accaduto incominciano a giudicare la realtà come Lui la guardava e Lui è la Resurrezione e la vita: chi crede in me vivrà, non morirà in eterno La questione di vita e morte attraversa il contesto della condizione di vita e di morte biologica ,noi viviamo con ferite in parte rimarginate, con responsabilità forti da coniugi da genitori e da educatori; viviamo in una situazione dove siamo promessa.
Ci sono fasi di declino di scoramento e altre prospettive di rinascita ,di crescita quando Gesù dice: Io sono la Resurrezione e la Vita chi crede in me non morrà in eterno intende la morte dell’anima, in altre parole la condanna la dannazione, ma in quel vivrà in eterno vuol dire che Dio ha possibilità di incominciare a fare esperienze nel presente di un di più di vita ,di vita vera, di vita liberata, comunionale. Il significato della Pasqua è questo: passaggio da…a, invochiamolo su di noi per gli amici per tutta la chiesa, per tutta l’umanità.