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Settembre: incontro mensile

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INCONTRO DI FAMIGLIE IN CAMMINO
SETTEMBRE 2001


Natale Colombo( Usmate). Un saluto particolare a tutti da parte mia e della fraternità. Ci vediamo dopo il lungo periodo estivo. Riprendiamo oggi il cammino interrotto a giugno con il pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese. Credo che tutti desiderino proseguire nel percorso educativo per dare un senso a quello che ci è capitato e a tutta la vita. Saluto in particolare le famiglie che sono presenti per la prima volta.

Don Giancarlo. Di chi è la coppa presente sul tavolo?

Vito D’incognito( Milano). I coniugi Merlo ci avevano invitato a partecipare ad una camminata non competitiva in memoria del figlio di Ivana. Si chiama “Camminata dell’arcobaleno” ed il ricavato è devoluto a favore dell’associazione “Maria Letizia Verga” che si occupa di ricerca nel campo delle patologie legate alla leucemia dei bambini.
Dal momento che eravamo una decina di appartenenti a “Famiglie in cammino” gli organizzatori hanno voluto donarcela.

Don Giancarlo. Pochi sanno cantare. Questa constatazione ci deve stimolare a moltiplicare gli sforzi per avere un repertorio comune di canti in cui esercitarsi. Canteremo “Povera voce”. La potete trovare all’ultima pagina del ciclostilato che riassume l’incontro nazionale di Famiglie in cammino a Rimini dove annualmente si festeggia il meeting per l’amicizia fra popoli.
Il tema di quest’anno era “ Tutta la vita chiede l’eternità”.
Il dott. Giancarlo Cesana che recentemente è rimasto vedovo, in seguito a un incidente automobilistico mentre era in missione in Paraguay, durante una testimonianza, ha detto: L’eternità non è una realtà o una prospettiva che riguarda l’aldilà ma l’aldiquà.
Durante la sua esistenza l’uomo ha la possibilità di cogliere l’anticipo dell’eternità.
Ma l’uomo attento ai segni premonitori dell’Eterno che cosa scopre?
Una istanza di felicità, un bisogno insopprimibile di senso e quindi di risposta che spieghi tutto. Il segno è come uno specchio che svela qualcosa dell’Eterno. La sete d’Infinito caratterizza l’uomo e lo vede appassionato ricercatore e instancabile costruttore di forme di vita più corrispondenti alle esigenze del suo cuore e quindi più umane.
Nella vita subentrano anche momenti di annebbiamento e di oscuramento. Pensiamo alle fasi depressive cui si va incontro dopo certi traumi affettivi come la perdita del figlio, alle crisi esistenziali o alle delusioni. Quando ci si trova in queste situazioni non si gusta più la percezione dell’Eterno.
A Rimini, introducendo la canzone “ Povera voce” dicevo che la linea di demarcazione tra la miseria di un pover’uomo e la statura di un grande uomo non sta nella laurea, nel conto in banca o nel tipo di professione bensì nell’uso di sé. Se l’uso di sé è spalancato all’Eterno, ci sono l’attesa, la domanda e la certezza morale che la vita regalerà degli incontri decisivi. Gli incontri straordinari indicano la strada del cammino al Destino che è Tutto. L’uomo è riempito dal Tutto e non dal particolare.
Sentiamo allora l’espressione poetica di due ragazzine milanesi che, negli anni cinquanta, dopo l’incontro con il loro insegnante di religione hanno raggiunto la certezza morale. Cantiamo.

“ Povera voce di un uomo che non c’è
la nostra voce se non ha più un perché.
Deve gridare, deve implorare
che il respiro della vita non abbia fine.
Poi deve cantare perché la vita c’è,
tutta la vita chiede l’eternità.
Non può morire, non può finire
la nostra voce che la vita chiede all’Amor.
Non è povera voce di un uomo che non c’è.
La nostra voce canta con un perché.

Preghiera: Angelus e “Tu che adesso vivi senza ombre……

Se qualcuno desidera raccontare proprie esperienze personali legate alle vacanze o alla vita vissuta è pregato di intervenire. Sono sicuro che darà un contributo d’amicizia a tutti i presenti.

Sandro Cremona (Legnano). Se avessi dovuto fare la predica al funerale di Emanuela, mia moglie, rivolgendomi a suo marito avrei detto così:
Credo che in questi giorni molte persone ti abbiano detto: “Non ci sono parole che....”. E’ vero, non ci sono parole in grado di dare una risposta alla domanda che ti brucia dentro. Perché proprio a me doveva succedere questa terribile ingiustizia??
E’ vero. Razionalmente non esiste alcuna risposta adeguata.
Paradossalmente non si capisce nemmeno perché siamo qui in chiesa e perché stiamo celebrando una Eucaristia, cioè, un ringraziamento. Non si capisce nemmeno perché si canti l’Alleluia che non è certo un canto di tristezza.
Ma allora, come si fa a parlare e a cantare se non ci sono spiegazioni?? Eppure una parola risolutiva c’è: Cristo. La parola divenuta uomo, la Verità che ha portato una risposta ai nostri drammi.
Nel libro della Genesi c’è scritto che: “in principio Dio creò il cielo e la terra”. Lo sappiamo tutti che è stato Dio a creare tutto.
Il prologo del Vangelo di Giovanni afferma: “tutto ciò che esiste fu fatto per mezzo di Lui”, il Figlio. Dio quindi ha creato tutta la storia del mondo e, dentro questa storia, tutte le storie di ognuno di noi. Anche la storia di mia moglie Emanuela, morta in un incidente a Legnano allo stop di via Bixio. Anche sull’appuntamento con la morte a quello stop incombeva il disegno di Dio, piaccia o non piaccia. I teologi cercano di spiegarlo così: Dio non è autore del male ma lo permette.
Perché Dio ha creato una storia fatta così? Continuiamo a leggere Genesi 1: “dopo aver creato l’uomo e la donna Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”.
E’ un’espressione di stupore, quasi che Dio, terminata l’opera creativa, si fosse sorpreso di aver fatto qualcosa di “più buono” di quanto pensava, qualcosa di bellissimo.

Ora Sandro prova a tornare al momento della tua vita in cui hai incontrato Emanuela per la prima volta: hai visto due occhi che ti guardavano, un viso che ti ha incantato e hai pensato: è bellissima. Ti voglio per me.
Lo stesso fa Dio. Guarda l’uomo, ogni uomo, di ogni tempo, di ogni popolo e nazione e dice: sei bellissimo. Sono innamorato di te.
La Bibbia ha voluto darci questa notizia straordinaria: Dio è innamorato di ogni uomo. Lo ama come se fosse l’unica persona al mondo da amare. Il catechismo di S. Pio X, a proposito del perché Dio abbia creato l’uomo, risponde: “perché l’uomo possa conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e goderlo poi nell’altra in Paradiso.
A me piace pensare che Dio mi abbia creato perché voleva conoscermi, amarmi, servirmi e godere poi della mia compagnia nel suo Paradiso….
Se così non fosse, il Vangelo che “buona notizia” sarebbe??
Tutti sappiamo che Dio è uno in tre persone, un mistero la cui portata ci sfugge. Perché Dio è uno? Perché l’amore è sempre uno. Ma l’amore è anche rapporto tra persone. Ecco perché Dio è anche tre Persone.
Il Padre è la persona che, da sempre, ama. Il Figlio è la persona amata dal padre, da sempre. Lo Spirito Santo è l’amore nel volto della gratuità che si diffonde nel creato.
Ne deriva che è divino non solo l’amare ma anche il sentirsi amati. “Lasciamoci amare”.
La storia dell’Alleanza ci ha fatto conoscere l’azione di Dio che ci ama fino alla morte. La croce ne è la riprova.
Gesù era sulla croce tra sofferenze terribili in attesa di morire. Un soldato gli gridò: “ Ma tu non sei quello che voleva dimostrarsi capace di cose incredibili? Non hai ridato la vista ad un cieco dalla nascita?? Perché dunque non scendi dalla croce dimostrando quello che dici di essere?”
Poteva Gesù scendere dalla croce? In quanto Dio aveva certamente la capacità di fare questo miracolo. In quanto uomo impegnato nella missione ricevuta dal Padre non poteva perché quando l’amato e’ nella sofferenza, colui che lo ama non può abbandonarlo”.

Raccontano che in un lager nazista avevano impiccato un gruppo di uomini, tra cui un ragazzino. Gli altri internati erano stati obbligati a rimanere sull’attenti e a guardare. Dopo mezz’ora gli uomini erano morti. Il ragazzino no perchè era così magro che il cappio non riusciva a stringergli il collo. Un incredulo presente chiese a un credente: ma dov’è il tuo Dio? E il credente rispose: E’ lì, appeso ad una corda e sta morendo, anzi non riesce nemmeno a morire…!!!

Con Gesù, Dio si è messo in croce per stare accanto agli uomini che soffrono e per indicare loro come si fa a salvare il mondo. Di fronte alle sofferenze degli uomini, qual è la risposta del Vangelo? La rivoluzione? No! Solo un uomo che si lascia inchiodare alla croce e che proclama l’amore sconfinato di Dio per ogni uomo: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Ne deriva che il cristiano è l’uomo che ha coscienza di essere un perdonato e che, ad imitazione del Maestro, vuole imparare a perdonare.
L’alternativa al perdono non è il risentimento o la vendetta bensì la disperazione.
Se la sofferenza di Gesù ha salvato il mondo, dentro quella sofferenza c’era anche la tua. Noi pensiamo che la sofferenza sia inutile, vada eliminata, combattuta e cancellata. Dio non permette che nemmeno un goccia del tuo soffrire vada sprecata. La raccoglie tutta e ne fa un progetto grandioso: la salvezza di tutti gli uomini.

Nella Pasqua di qualche anno fa sono rimasto colpito dalla frase di Gesù riportata dalla liturgia: “Voi sarete testimoni della mia morte e della mia resurrezione fino alla fine dei secoli”. E scrivevo che io sono testimone della morte di Emanuela ma devo esserlo anche della sua resurrezione che non vedo ma che credo. Noi abbiamo la promessa fatta da Gesù al buon ladrone: “Io ti dico che oggi sarai con me in Paradiso”. Non domani, non chissà quando! Emanuela, oggi, è tra i santi del Paradiso. Quello che ho raccontato lei lo vede, lo vive. Forse sta sorridendo della fatica che noi facciamo a raccontarcelo. Potrebbe solo confermarci che è tutto vero!!
Concludo: alla Messa del funerale si prega in suffragio del defunto. E’ un’ottima cosa. Ma occorre anche pregare perché il Signore apra il nostro cuore ad accogliere la sua Parola. Dio ci ama da sempre e ci aspetta per accoglierci nella sua felicità senza fine.
Edith Stein, la filosofa ebrea convertitasi al cristianesimo e morta ad Auschwitz, ha lasciato scritto: “Dobbiamo dedicare molto tempo al silenzio per sapere ascoltare ciò che Dio vuole dirci, anche quello che, in questo momento, ci pare tanto incredibile e pazzesco”.

Don Giancarlo. L’amico Sandro ha fatto una testimonianza biblicamente e concettualmente ben organizzata. Penso che abbia tirato fuori dal cuore quello che, in questi ultimi anni, ha avuto modo di approfondire. Sono contento per lui perché le certezze morali permettono all’uomo di entrare ben attrezzato in ogni giornata. Fra le tante cose che si potrebbero riconsiderare ed approfondire ne prendo una: quella su Dio, definito come l’innamorato dell’uomo.
Dio in Gesù ha fatto veramente vedere cosa sia il suo amore salvifico nei confronti dell’umanità e il suo amore sponsale nei confronti della Chiesa, scelta come sposa.
Usando un linguaggio paradossale Sandro ha messo in risalto la natura dell’amore divino. Dio che è libertà suprema e sovrana obbedisce a quello che Egli è: amore. Deus caritas est. Si spende fino all’ultima stilla di sangue, fino all’ultimo respiro di vita per la persona amata, per il popolo amato, per ognuno di noi.

Il Vangelo racconta una cosa impressionante e commovente. L’ultimo fiato che esce dalla bocca di Gesù è: “Tutto è compiuto. Padre mi sono speso per Te e per la causa che mi hai affidato: offrire all’uomo la gioia di sentirsi amato e di sentirsi continuamente perdonato dal tuo amore”.
Sandro ha detto che Gesù non poteva scendere dalla Croce non perché non ne fosse capace ma perché la natura dell’amore è quella di obbedire e di spendersi.
A me la considerazione di Sandro sembra bellissima e vera. La bellezza è il vero che splende e risplende al punto che illumina e attrae. Una presenza è bella quando porta in sé una carica ed una esperienza di verità che ti affascina al punto da soggiogarti, al punto da farti pensare: quella è la strada! Così bisognerebbe stare al mondo!! Potessi anch’io essere così!
E’ bellissima perché, se la consideriamo nella ricaduta che ha su di noi, non c’è più spazio per la disperazione. La realtà, considerata alla luce di Cristo, ha in sé un messaggio irriducibile di positività dentro tutto e nonostante tutto.

La realtà è bella. Perché abbiamo reagito con sgomento, rabbia e sdegno di fronte alle immagini della distruzione delle Torri gemelle e del Pentagono? Perché erano simboli di una civiltà che è la nostra: una civiltà operosa, una civiltà nella quale la realtà è bella da vedere. Io sono stato in cima ad una delle torri ed ho gustato il panorama splendido che da lì si godeva. Vedendola aggredita in quel modo da uomini ridotti a “un nulla imbottito di esplosivo”, vedendo l’accattorciamento di alcuni simboli, vanto degli architetti che li hanno pensati e onore degli ingegneri che li hanno realizzati e pensando alla distruzione di risorse tecnologiche che sono costate fatica, studio, ricerca e collaborazione a livello mondiale, noi abbiamo capito che la realtà ha in sé una inesorabile positività. Quando abbiamo visto lo sbriciolarsi delle Torri per l’attentato di folli assatanati (l’uomo è l’unica creatura che può impazzire e fare disastri), non ci ha forse preso un groppo alla gola, paura e panico?
I simboli della potenza mondiale e il suo sistema di prevenzione e di protezione annientati in quel modo hanno suscitato rincrescimento, innanzitutto per la vita delle persone (6.500 circa) ma anche per la realtà in sé.

La realtà è frutto dell’atto creativo di Dio. E’ il suo canto d’amore. Se siamo in grado di ascoltarlo e di sintonizzarci sulla sua lunghezza d’onda lo gustiamo come il canto d’amore di una presenza innamorata dell’uomo. E’ per l’uomo che, ogni mattino, sorge il sole che regala i suoi raggi e mette in moto la successione ciclica delle stagioni.
In alcuni giorni il cuore si commuove, in altri no. Il canto di Dio innamorato dell’uomo non è mai ripetitivo. Sempre diverso, sempre geniale e imprevedibile. Certo gli offuscamenti, le burrasche e le prove della vita non mancano ma Dio, in Cristo, rimane l’ancora cui aggrapparsi.
Questa è la sorgente della nostra civiltà, della nostra identità e della nostra cultura che ha generato l’umanesimo cristiano.
Ciò che ha dato un volto definitivo alla verità, alla dignità e alla grandezza dell’uomo è la croce. Su di essa c’è un uomo immolato per amore, per scelta di libertà.
Il guaio è che noi abbiamo i crocefissi appesi in casa, li abbiamo sulle cime dei campanili o sulle vette dei monti ma non ci toccano più perché non ci dicono più nulla. Ormai sono diventati arredi delle case, delle città o delle montagne. Non parlano più. Ma perché non parlano più? Perché non ci contagiano più? Perché noi siamo precipitati nell’assuefazione e nella dimenticanza. Siamo stati soggiogati dagli idoli e non più dalla realtà come segno dell’amore di Dio che, da innamorato, si è immolato per noi.

Matteo Lapescara (Busto A) Volevo ringraziare gli amici ed il gruppo per le due splendide giornate passate a Rimini in occasione del raduno nazionale e del Meeting. Sono state bellissime ed invito in futuro tutti a partecipare. Anche per noi era la prima volta ma è stata una esperienza vivificante.

Anna Maria. Durante l’estate un momento particolare mi ha fatto riflettere. Ero sulla spiaggia sola. Tutti erano andati via. Mi arrivò una pallonata. Una signora di nome Mara è venuta a chiedermi scusa. E’ di Milano. Mi ha preso un’emozione che non potete credere. Aveva le stesse caratteristiche di mia figlia. E’ come se mia figlia mi avesse parlato attraverso quella persona. Per me è stato molto significativo.

Giorgio Masetti (Milano). Volevo aggiungere qualche parola a quello che si è detto in merito all’amore del Padre. Lo so che è difficile pensare ad un Dio d’amore e di giustizia quando una persona si sente colpita ingiustamente da qualche disgrazia. Nel mio caso ho perso la moglie di 30 anni ed un figlio di due anni. La fede mi impedisce di pensare ad un Dio ingiusto e, se Dio è giusto, non posso pensare ad un colpo inferto ingiustamente. E allora la disgrazia non può essere che una prova prevista nel disegno del Padre Eterno su ognuno di noi.
Prima Sandro ha detto che Dio ha creato la storia dell’uomo. Io lo dico in un altro modo. Ogni uomo ha una sua storia, ogni uomo ha una sua fatica, ogni uomo ha delle persone care, ogni uomo ha dei compiti da svolgere. E’ vero, noi siamo stati creati a Sua somiglianza! Ma l’uomo con il suo egoismo e con la sua smania di potere rovina l’impianto originale di Dio.
Per quanto riguarda la vita spirituale, ricordiamoci che dobbiamo alimentarla di qua per poter poi avere la pienezza di là. Il primo ambito di impegno è quello del dono di noi stessi. Siamo stati creati per la comunione e non per la sopraffazione. Certo l’uomo, a seguito del peccato originale, ha dentro di sé una fragilità che lo porta a commettere errori. Anche nei momenti più critici deve cercare di non perdere mai di vista il disegno di Dio. L’amore a Dio porta l’uomo a vivere in modo più vero e misericordioso verso se stesso e verso i fratelli.
Cristo è la strada. Noi dobbiamo solo seguirlo fidandoci di Lui. Se ci fidiamo impareremo a vivere nell’altruismo e nell’amore come ce l’ha fatto vedere Lui. Vivere in amore significa sentire di poter donare qualche cosa di sé in modo gratuito senza averne un ritorno.
Dio ci dona la pace. Ma come è possibile donarla agli altri se noi viviamo in modo egoistico? Solo chi è in pace può donare la pace.

Giorgio Macchi( Varese). Quello che ci ha detto adesso Giorgio è bellissimo. Io però vi invito a fare delle testimonianze di vita vissuta e di fatti che hanno cambiato la nostra vita o di incontri con persone che ci hanno stupito nel loro modo di vivere sia nella gioia che nel dolore.

Don Giancarlo. Tu Giorgio, cos’hai da testimoniare?

Giorgio. Nonostante il dolore per la perdita di Lidia sia sempre vivo mi sto rendendo conto che la mia vita è molto cambiata sia nei fatti che nel modo di ragionare e di mettermi di fronte alla realtà.
Oggi sono particolarmente felice perché, ieri, ho partecipato alla giornata di inizio anno del Movimento di Cl a Milano. Subito all’entrata una gradita sorpresa. Vedere i miei amici più cari di Famiglie in cammino in attesa e il vedere una marea di persone che fanno un cammino come il mio mi ha dato gioia e serenità. Appena entrati ci ha accolto un popolo che cantava. Mi ha colpito in particolare modo la testimonianza di Cesana: missione è rendere vivo il passato nel presente.
Questo è vero per me e per molti di noi perché crediamo in un Dio presente, incarnato nell’uomo. In un certo senso è anche vero per i nostri figli che sono nella luce. Il mondo macina notizie e avvenimenti e trita tutto. Per me tenere viva la memoria significa ricordare Lidia non nel modo sentimentale ma nell’amore profondo al destino che ci legava facendola vivere nelle opere che nel suo ricordo sono nate. Questo vale per molti di noi.
Una settimana fa è andato in onda in Tv una trasmissione intitolata “Blu notte” dove era stato ricostruito il caso di Lidia. Era una trasmissione fatta veramente bene da una troupe che era venuta a casa nostra. Dalle nostre parole i presenti avevano veramente capito chi fosse Lidia e per quali ideali lei aveva vissuto la sua breve vita: per Gesù Cristo.

Per me e per Paola è stato gratificante perché tantissime persone ci hanno chiamato. I più numerosi sono stati i gli amici di Famiglie in cammino.
L’altra cosa che mi ha fatto capire la strada da me percorsa è stata una discussione fatta al circolo con i miei amici sui fatti accaduti in America. Tutti erano schierati contro i terroristi e l’inefficienza dei servizi segreti americani. Io non riuscivo a capire come di fronte ad una carneficina il pensiero, anziché essere prima rivolto ai morti e alle famiglie in attesa di notizie sulla sorte dei propri cari, fosse rivolto alla politica.
Forse nessuno aveva provato nel suo cuore quello che avevo provato io quando, quella notte, cercavo Lidia e non riuscivo a trovarla. Una esperienza di sgomento e di speranza. Lidia era morta.
Quante lacrime dovranno essere ancora versate dall’uomo? Qui mi ricollego all’intervento di Giorgio Masetti sull’egoismo e sulla smania di potere e di sopraffazione che caratterizza l’uomo.
Certamente nell’uomo c’è positività ma non dobbiamo dimenticare che Satana, il re della menzogna, è attivissimo e lavora contro la pace e la serenità dell’uomo. Dico questo perché certi fatti non hanno una spiegazione logica ma sono frutto di forze misteriose che mandano in tilt il cervello dell’uomo e lo rendono assatanato ed incapace di ragionamento.

Gino Varrà (Milano). Parlaci di come hai trascorso le tue vacanze.

Giorgio. Anche quest’anno una buona parte delle mie vacanze con Paola e Alberto le abbiamo trascorse nella casa di Reggimonti a Bonassola in compagnia di alcuni amici della fraternità e non. In vacanza c’è la possibilità di conoscersi meglio perché si vive più a contatto e in spazi ristretti.
La nostra casa era come un porto di mare. In quindici giorni sono passate circa 50 persone. Fissi eravamo dalle 15 alle 20 persone. Non era facile riuscire ad essere sempre sereni. Solo qualcosa di più grande consente di vivere in armonia nonostante la confusione che, senza volere, regna in alcuni momenti. C’è stato con noi per una settimana anche Don Giancarlo che dettava i ritmi giornalieri della preghiera e delle riflessioni nonché i lavori nel giardino e nella casa.
La fatica della quotidianetà amplifica i difetti e i limiti delle persone più che le virtù. Qualche momento di tensione c’è stato. Ma in generale è stato bellissimo. La concordia ed il modo di stare assieme era visibile anche in spiaggia dove eravamo la comunità più numerosa. La gente ci guardava come stavamo insieme ed era incuriosita.

Un vicino di casa normalmente ostile alla nostra comunità si è fatto in quattro a darci una mano per estirpare delle erbacce e dei rovi mentre la moglie ci ha cucinato delle specialità peruviane. Il nostro modo di lavorare e di stare insieme aveva colpito anche loro.
Questo è possibile perché fra noi c’è Gesù Cristo. Altrimenti il nostro comportamento sarebbe come quello di gran parte della gente che non riesce neanche a vivere le vacanze con la famiglia in pace e in tranquillità.
Nei momenti di crisi, di noia o di tensione ritorno sempre alla vicenda personale che mi ha cambiato la vita e mi rendo conto che, alla fine, Dio ci ha messo insieme. Prima non conoscevo nessuno di voi. Con voi avevo in comune solo la perdita di un figlio. Avrei potuto finire come le tante famiglie che ho conosciuto in questi anni che vivono nella disperazione e nella solitudine. Ma Dio non ha voluto questo per noi e ci ha fatto incontrare. Non posso che ringraziarlo. Il modo migliore di farlo è quello di stare, quanto più è possibile, con gli amici più veri.

Don Giancarlo. Ringraziamo Giorgio per questa testimonianza. Credo che siamo rimasti in pochi a pensarla in questo modo. Nella storia del cosmo c’è una lotta permanente fra il bene e il male, tra l’Anticristo e Cristo. Ognuno ha i suoi seguaci e i suoi adepti.
Il mondo occidentale, la mattina dell’11 Settembre, si è risvegliato brutalmente dal suo torpore. Sono convinto che quella data segni l’inizio di un cambiamento epocale. Prima d’allora non si sentiva nessun capo di stato all’infuori del Papa difendere o tentare di salvare la nostra civiltà. Di fronte al pericolo di soccombere e di far sparire dalla faccia della terra la nostra civiltà le Nazioni dell’Occidente si sono coalizzate per difendere dal terrorismo questo patrimonio di tutta l’umanità. Di questo valore l’Occidente stava perdendo la coscienza preso com’è dal materialismo, dalla finanza, dalla produzione e dall’edonismo. Da decenni infatti è dominante la cultura dell’effimero ed anche il suo prodotto, l’uomo dei lustrini senza radici.
L’uomo è di fronte a due possibilità: ancorare la propria vita su una roccia che dà sicurezza o essere preda dell’effimero. In poche parole: o ha la certezza “che la vita chiede l’eternità” o altrimenti diventa indifferente alla vita o pauroso di fronte a tutto.

Il prodotto più vergognoso della seconda posizione è il kamikaze. E’ un essere abominevole, assatanato. Di fronte ad uno che non ha più voglia di vivere ed è divenuto un fantasma, niente lo può più risvegliare. E’ un cadavere ambulante nelle strade della vita. E’ perverso perché, oltre a non dare valore alla sua vita, non considera nemmeno il rispetto per la vita altrui. Gode a distruggere i simboli o le opere che altri hanno creato e che ogni uomo del passato ci ha lasciato come eredità e come segno del suo passaggio. Niente lo ferma.
Queste due posizioni costituiscono il dilemma dell’umano. Senza Cristo predomina la seconda. L’uomo fa il viveur cercando le soddisfazioni effimere senza badare a darsi una stabilità per il per sempre.

Il Vangelo di Matteo ci ricorda che l’uomo saggio è colui che costruisce la sua casa sulla roccia. Le intemperie della vita non avranno il sopravvento.
L’idolo invece è il prodotto delle masse soffocate dal materialismo o plagiate dall’ideologia. Un io senza un Tu non può generare un noi. Non può fare l’esperienza dell’insieme, dell’appartenenza o delle relazioni comunionali che generano la vita. Il problema non è quello di essere in tanti o in pochi. L’importante è che ci sia tu al momento giusto. Ci sono miliardi di uomini mossi da un ideale. Come il nostro gruppo. Sono partite tre famiglie. Ora contiamoci. Pensiamo a tutti quelli che ci hanno contattato e sono transitati nei nostri incontri. Non dobbiamo farci spaventare da niente perchè la fede e l’amore ci muovono. Se ci sono state delle tempeste distruttive si ricomincia con calma partendo dalla propria persona. Solo così, nel tempo, la vita diventa consistente come la roccia.
Satana è sempre in agguato. La Bibbia lo definisce: omicida, nemico dell’uomo e padre della menzogna. Vive fra di noi mimetizzato nell’idolo della menzogna, della lussuria e dell’usura, continuamente pronto a tentare l’uomo con nuove emozioni. Ma poi lo scarica e lo lascia a se stesso.
Forse la distruzione delle Torri di gemelle ha dato la possibilità all’uomo occidentale di fermarsi in questa corsa idolatra e di ricuperare i veri fondamentali della vita.

Antonio Zanetello.(Gallarate).Sono diversi anni che frequento questo gruppo. Per la verità frequento anche “Rinnovamento dello Spirito”. Ci sto bene in tutti e due. Quattro anni fa è morta mia figlia e due anni fa mi sono separato dalla moglie. I due figli che mi sono rimasti vivono con la mamma. La mia situazione è drammatica ma ho imparato una cosa dalla vita in tutti questi anni: il Signore è il Signore della mia vita. Non tutti i giorni mi è chiaro questo. Cerco però in tutti i modi di rimanervi fedele. Per questo partecipo agli esercizi spirituali che mi propongono i gruppi che frequento ed ho capito che per me lì è più facile essere vicino al Signore e dire sì alla mia vita e alla sua chiamata. Il Signore mi chiama attraverso la comunità e mi aiuta a superare le crisi e le debolezze. Da solo non c’e la farei con tutti i problemi che ho. Nella comunità trovo la forza di reagire e soprattutto la pace. Questo non accade ai miei figli e alla mia ex moglie. Imparo a perdonare, a saper tollerare e così supero ogni difficoltà. Per me il gruppo è come la benzina che alimenta il motore della mia vita. Io mi sono affidato a Lui e Lui mi aiuta a crescere soprattutto nel campo del perdono e della misericordia e nell’imparare ad amare.

Oggi vivo con il desiderio di trasmettere ai miei figli la verità relativa al Dio d’amore che mi dona la pace che loro non hanno ancora trovato. Far capire e trasmettere il bene d’amore è il mio compito. In questo modo realizzo il progetto buono che il Signore ha su di me. Sta a me acconsentire. Lui farà quello che deve fare. Lui sa benissimo che se io acconsentirò mi darà il doppio di quello che ho perso. Come Maria che ha detto sì. Poi ha fatto tutto il Signore. L’ha resa grande ma è partito dal suo sì. Quest’anno l’ho vissuto con dentro quel sì. Sto ancora camminando.
Ho imparato anche un’altra cosa: a inginocchiarmi davanti al Signore, a piegare il mio ginocchio e affermare che Lui è il signore della mia vita perché è il mio Dio. Questo lo riconosco tutte le mattine nella preghiera. La morte di mia figlia in quest’ottica non è più un dolore. Gesù mi ha aiutato a perdonarla del gesto che ha fatto. E’ rimasta 18 anni con me. Ora non è più un dolore perché il Signore me l’ha tolto. Ha voluto però che contemporaneamente piegassi il mio ginocchio in quanto Egli è il padrone della mia vita e della nostra vita. Ora riesco a ringraziare il Signore riconoscendo la verità del Suo progetto. L’accetto con amore perché il suo è comunque un progetto buono su di me e sui miei cari. Questo l’ho imparato vivendo nella comunità.

Valeria Borsani (Canegrate) Mio figlio si è sposato ieri. Non avrei mai pensato di provare la serenità, la gioia, dopo la perdita di Gabriella. Invece ho provato gioia e serenità perché sapevo che Gabriella in quel momento era con me. Nella vita bisogna distinguere i momenti in cui bisogna piangere perché il dolore è struggente da quelli in cui bisogna lasciare libero sfogo alla gioia. La gioia l’ho provata ieri al matrimonio. Non è un sentimento casuale ma il frutto del cammino che sto facendo con voi. Diversi di voi erano presenti a condividere con me e Luigi questo momento. Ma vi devo dire che eravate tutti con me. Grazie. Vorrei poi invitare tutti i presenti a fare l’esperienza del Meeting di Rimini e della giornata nazionale delle nostre famiglie. Io sono cinque anni che ci vado ed è per me un’esperienza bellissima. E’ un’esperienza diversa da quella di Reggimonti ma è un’esperienza di fede, di cultura e di amicizia che vale la pena di provare.

Luigi Borsani (Canegrate) Non so parlare ma confermo tutto quello che ha detto mia moglie Valeria. Anche per me è stata un’esperienza di gioia e di serenità.

Fausto Benzi (Cuggiono). Volevo dare testimonianza dell’incontro che c’è stato ieri a Milano in occasione della giornata di inizio anno di CL. Ho capito di come sono fortunato perché mi sono reso conto che, dentro la nostra storia, ho fatto un cammino importante. Di questo volevo dare testimonianza e ringraziare tutti gli amici che me lo hanno permesso.
Un’altra esperienza forte vissuta nella giornata di ieri sono stati gli occhi di Don Giussani, apparso in video senza riuscire a comunicare con la parola. Ho percepito la gioia presente nel suo cuore. Ho visto lo stesso sguardo del nostro Papa. I loro occhi hanno qualcosa di simile, di uguale, come una luce. Un amore immenso che alimenta la fiamma dell’umano.

Natale Colombo. Chiudiamo con una preghiera il nostro incontro. Ricordiamo gli anniversari di tutti i ragazzi che ricadono in questo mese e che saranno opportunamente ricordati da Don Giancarlo nella S. Messa. Arrivederci al 21 ottobre. Grazie a tutti
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