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Agosto: Giornata nazionale di Rimini

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INCONTRO DI FAMIGLIE IN CAMMINO
Incontro Nazionale a Rimini (Agosto 2001)

Natale Colombo (Usmate). A nome della Fraternità saluto tutti; in particolare le persone che non vedo da un anno e quelle che sono qui per la prima volta. Un saluto ai sacerdoti presenti e a tutti gli amici che vedo ben abbronzati e tonificati dalle vacanze. Questo è il 4° incontro nazionale di Famiglie in cammino. Lo scopo principale è quello di conoscerci scambiandoci esperienze e testimoniandoci quello che stiamo vivendo. Per “Famiglie in Cammino della Lombardia” che si trova regolarmente a Busto Arsizio una volta al mese, questa modalità è stata di grande aiuto.
Per molti di noi è nata una vita nuova, un modo diverso di reagire e di affrontare il quotidiano.
Quest’incontro desidera dar voce soprattutto a chi vive in zone lontane dalla nostra e non sempre riesce a far conoscere l’esperienza in corso. La nostra esperienza c’insegna che la testimonianza è la cosa più bella e più gradita che si possa donare. Per questo è molto importante che, dove si vive, si dia testimonianza di quello che si ha dentro.
Con gli amici di Busto, in questi anni, ci siamo aiutati trovandoci sistematicamente e misurandoci sulle indicazioni che di volta in volta erano indicate. Il nostro testo guida è “Alla ricerca del volto umano” di Luigi Giussani.
La meditazione del libro ci aiuta molto nella verifica della vita personale e nel confronto tra di noi. Questo metodo si è rivelato valido per tante famiglie che, nel corso degli anni, ci hanno avvicinato. Lo dico con la speranza di allargare anche ad altri questa modalità. Molti di noi sono anche disponibili per testimoniare la loro storia nei luoghi più diversi d’Italia.
Per quanto mi riguarda il fatto di trovarci qui non è da poco. Per me, fin dall’inizio, partecipare al Meeting di Rimini è stata una cosa grandissima. Lo propongo a tutti perché qui vediamo in azione un popolo che si muove con la coscienza viva dell’Ideale. Anche ieri ho visto un popolo attento ai particolari e ai grandi temi che scuotono l’umanità.

                Don Giancarlo. La linea di demarcazione tra la miseria del pover’uomo e la statura di un grande uomo non sta nella laurea, nel conto in banca o nel tipo di professione bensì nell’uso di sé. Se l’uso di sé è spalancato e proiettato al Mistero, all’Eterno, c’è la certezza morale che la vita regalerà degli incontri e di conseguenza dei legami. Gli straordinari incontri indicano la strada del cammino al Destino che è Tutto. L’uomo è riempito dal Tutto e non dal particolare. Sentiamo allora l’espressione poetica di due ragazzine milanesi che negli anni cinquanta, dopo l’incontro con il loro insegnante di religione, hanno raggiunto la certezza morale.

                Povera voce di un uomo che non c’è
                la nostra voce se non ha più un perché;
                deve gridare, deve implorare
                che il respiro della vita non abbia fine.

                Poi deve cantare perché la vita c’è,
                tutta la vita chiede l’eternità;
                non può morire , non può finire
                la nostra voce che la vita chiede all’Amor.

                Non è povera voce di un uomo che non c’è;
                la nostra voce canta con un perché.

Voi non siete pover’uomini perché avete già nel cuore la certezza che nella vita fa cantare perchè ricchi di una ragione ideale: la fede, la speranza e la carità che hanno come ricaduta esistenziale l’accoglienza, la condivisione, la gratuità, la pazienza, la correzione e infine la misericordia.
Sono rimasto molto impressionato ieri mattina quando siamo passati con Simonetta e Gilberto al Santuario di Loreto anche per affidare alla Madonna questa giornata e per confessarci. A me è toccato un prete indiano. Faccio l’accusa dei peccati e lui mi dice: “Ti ringrazio perché tu hai avuto la possibilità di incontrare Dio misericordioso e io la gioia d’essere segno e strumento della sua misericordia” Questo è il vero significato del sacramento: un incontro di riconciliazione nell’abbraccio della misericordia. Qui sta la ragione della nostra grandezza e dignità.
Chi muore vive nell’Eterno. Lì attende il compimento finale.
La Chiesa vive due stagioni “l’aldiquà e l’aldilà”. Per questo è un popolo sui generis. Ha una storia che si è affacciata sul di qua con Abramo quasi 4000 anni fa e continuerà nell’aldilà. Il porto d’approdo di tutto è l’Eterno “perché la vita chiede l’Eternità”.
La vita non è fatta per il provvisorio ma per l’Eterno; non è fatta per il frammento ma per il Tutto. Noi accettiamo l’episodico e il transitorio come la condizione inevitabile introdotta dal peccato originale ma viviamo nella speranza di approdare al porto di Dio, l’Eterno.
Ci aiuti Maria, la ragazzina quattordicenne di cui l’evangelista Luca ha raccontato l’incontro decisivo. Immedesimandoci in essa recitando l’Angelus.

Recita dell’Angelus ed esecuzione del canto.

Suggerirei adesso uno spazio di silenzio in cui ognuno possa raccogliere le proprie idee. Molti hanno viaggiato tutta mattina e sono stanchi. Poi metteremo in comune le esperienze, le domande irrisolte e i problemi senza aver paura. Ricordate quello che ho detto all’inizio: il discrimine tra il pover’uomo e il grande uomo è l’apertura del cuore a chi è portatore del vero. Il vero non è riducibile a un’idea o a una opinione. È una presenza viva in cui si riconosce in atto un cammino. Chi è qui per la prima volta come don Francesco del Monferrato può raccontare anche il tentativo che è iniziato qualche mese fa.

Silenzio per 10 minuti

Gino Varrà. Vorrei invitare l’amica Ivonne che rappresenta il gruppo di Modena a raccontare la sua esperienza e quella degli amici di Modena che alcuni di noi hanno incontrato varie volte.

Ivonne Veratti (Modena). Noi abbiamo iniziato a far gruppo da circa un anno e mezzo. L’esigenza è nata dal vedere nel nostro piccolo paese tanta gente disperata. Penso che sia un problema generalizzabile. Da noi è reso eclatante dal fatto che ci conosciamo tutti e le tragedie vengono vissute da tutti. Con cinque coppie abbiamo iniziato a fare questo tentativo d’avvicinamento. Vi abbiamo invitato perché sentivamo il bisogno di parlare con persone che avevano già fatto esperienza e avevano già vissuto in prima persona l’esperienza del dolore. Per noi siete stati molto importanti ed è per questo che tuttora vi chiamiamo. Non siamo ancora in grado di essere autonomi. Abbiamo contattato anche altri gruppi come quello di Ferrara (Marchesini) per conoscere le modalità dei loro incontri. La nostra realtà è un po’ anomala. Il nostro Vescovo ci ha aiutati e sostenuti. Pensiamo di invitarlo all’inizio del prossimo anno. Il sacerdote che ci segue è di un’altra diocesi perché il nostro parroco non ne vuol sapere. Con fatica siamo riusciti a fargli celebrare qualche Messa. Ha paura che creiamo confusione. Ci siamo denominati “Famiglie in cammino” della bassa Modenese. Il gruppo comprende famiglie che sono sotto la giurisdizione di due diocesi. I nostri primi incontri sono stati molto faticosi. Quando venivate voi da Milano c’era sempre tanta gente. Quando ci trovavamo noi del paese era molto più difficile. La gente fa fatica ad aprirsi e a comunicare. Ho notato che voi infondete speranza. La gente ha capito che non tutto è perduto e vi ascolta.
Vengono in molti quando si celebra la S. Messa. Tutto però finisce e non nasce il gusto dell’amicizia come invece in atto fra tanti di voi. Hanno paura a tirar fuori dal loro cuore la loro situazione perché le ritengono private e perché il ricordo le fa stare male.
Nel prossimo futuro pensiamo di proporre la lettura del Vangelo e di aumentare i momenti di preghiera. Ci siamo resi conto che è il Signore che fa e salva. Il pregare insieme e il vivere qualche momento di amicizia dovrebbe favorire l’apertura graduale del cuore.
Purtroppo è molto difficile proporre il libro di Giussani o la Scuola di Comunità. Non lo capiscono.
Sulla vostra falsariga ognuno di noi si fa carico di altre famiglie e così, anche se la loro presenza è discontinua, manteniamo i contatti e le teniamo informate. Spesso si va a trovarle. Questa è la ciò che, per adesso, apprezzano di più. Ogni tanto una di queste signore mi telefona e mi chiede se passo a trovarla. Poi, in realtà, parliamo di tutt’altro ma il fatto che richieda la mia presenza è già importante. I nostri discorsi spaziano su Dio, sull’aldilà o su altri argomenti. Si è instaurato un clima di fiducia.
Ritengo che la vostra presenza sia necessaria per consolidare anche la nostra amicizia. L’esperienza altrui aiuta a partire ed a capire i passi da compiere.

Don Francesco Belloli (Casale Monferrato). Sono contentissimo di trovarmi fra voi. Sono commosso ma anche stanco per il viaggio. Volevo raccontare semplicemente che il mio incontro con voi è capitato per caso. Ho sentito Don Giancarlo al telefono e lui mi ha proposto questa cosa grande. Cercava un prete per il Piemonte e Don Primo cui si era rivolto gli ha fatto il mio nome. All’inizio ho tentennato perché ero già preso da molteplici impegni parrocchiali. Sono parroco da 25 anni in una Parrocchia di Casale Monferrato. Mi sto rendendo conto che l’incontro con voi non è accaduto per caso, come del resto nella mia vita nulla è accaduto, accade e riaccade per caso.
Il mio apostolato si svolge da in tre piccoli paesi di collina del Monferrato. Dopo i primi sei mesi di parroco una ragazzina di 15 anni che suonava in chiesa, una domenica si è schiantata ad un incrocio con il suo fidanzatino. Si chiamava Patrizia. Per me giovane prete celebrare quel funerale con mille persone è stata una dura prova. Dopo altri sei mesi un giovane della mia parrocchia si è impiccato. Due anni dopo un seminarista che aveva appena finito il primo anno di teologia stava andando a ringraziare la Madonna in un santuario quando un ubriaco lo ha falciato con la macchina. Questo accadeva nelle parrocchie della Diocesi d’Ivrea dove ho vissuto per sedici anni.
Anche nel Monferrato ho dovuto celebrare molti funerali di giovani. Qui con me c’è una signora il cui figlio, una notte, si è schiantato con altri tre ragazzi. Poi altri ancora. Questo mi ha fatto capire che anche la mia vita di prete non è capitata per caso. Ho incominciato a percepire quale immenso dolore colpisse queste famiglie. Ma ciò che cosa vuole dire per un genitore? Ho cercato delle risposte. Anche se prete mi sono sentito genitore di questi ragazzi.
Ho accettato questo umile lavoro di fraternità e mi sono accorto che faceva bene a me. Da un anno mi alzo al mattino in un altro modo. Penso a queste undici famiglie che arrivano da tutte le parti e vi ringrazio. Desidero anche ringraziare per le sintesi dei vostri incontri che mi arrivano puntualmente e che mi aiutano molto. Ringrazio perché posso aiutare un poco queste famiglie e questo mi fa sentire più vivo anche se poi, durante la giornata, sono ributtato nel caos delle cose da fare e sto male perché mi rendo conto che non posso fare di più. Però è Dio che salva e io ne sento già su di me i benefici. Una cosa chiedo a Dio di non farmi dimenticare mai: Io non posso dare ad un altro una cosa se prima non ha fatto bene a me. Anch’io mi affido al passa parola fra le famiglie ed all’amicizia che può nascere. E questo mi aiuta a vivere la gratitudine nei confronti di mia mamma con la quale litigo tutti giorni ma che mi prepara amorevolmente il pranzo. L’esperienza in corso mi fa gustare la bellezza di un fiore che nasce fra le rocce, cosa di cui, prima, non mio mi accorgevo più. Il primo frutto della mia appartenenza a Famiglie in Cammino è che fa bene alla mia vocazione. Perciò ci starei anche se non ci fosse nessuno da seguire.
Per quanto riguarda la storia, dopo i consigli di Don Giancarlo ed il libro di testimonianze del 1999 che gentilmente mi avete inviato, ho incominciato a riunire le famiglie proponendo come strumento il libro di Don Giussani “ Alla ricerca del volto umano”. E’ stato accettato. Siamo poi andati avanti trovandoci mensilmente.
Dapprima celebro la S. Messa ricordando i ragazzi e poi si fa l’assemblea. Mi sono di aiuto le sintesi dei vostri incontri che sono semplici ma piene di vita e di domande. Mi accorgo che, rispetto alla lettura del testo, sono molto più affascinanti perché raccontano l’esperienza dei singoli. La lettura di un testo è più anonima. Nelle vostre sintesi la persona vive la croce e la speranza in prima persona. Distribuisco le sintesi un mese prima dell’incontro. Poi ascolto le domande e i dubbi delle persone cerco di aiutarle nel cammino. E’ stato molto faticoso soprattutto per la mentalità dei piemontesi che fanno fatica a fermarsi in compagnia dopo l’incontro. A loro sembra che il pranzare insieme sia quasi un affronto ai figli morti.. Adesso le cose vanno molto meglio. Tanti hanno capito.

Pietrina De Sanctis (Castelbolognese). Quello che Ivonne diceva prima riguardo a voi Milanesi che fate visita ad altri gruppi italiani pone in rilievo il problema della vostra fedeltà ai nuovi gruppi che iniziano il loro cammino. Io sono Pietrina di Castelbolognese e vi conosco da circa 10 anni. L’esperienza degli inizi è stata molto bella. Adesso il gruppo iniziale si è un po’ disperso. Don Giancarlo mi ha consigliata di non insistere e di aspettare che siano gli interessati a muoversi. Mi sono attenuta all’indicazione. Ha proseguito Nino Iandolo con il prete di Forlì. Qualcosa sta rinascendo anche se in modo faticoso. Io mantengo il rapporto con una famiglia che oggi non è potuta venire.
Angela aveva iniziato un’altro gruppo a Castelbolognese. L’altro giorno l’ho incontrata e l’ho trovata un po’ più serena. Mi ha detto che il 1° settembre avrebbe fatto celebrare una S. Messa cui avrebbe partecipato anche il Vescovo. Ci sono molte famiglie che non vogliono rimanere sole e che sentono il desiderio di un’amicizia. Nonostante la dispersione ho l’impressione che stia rinascendo qualcosa. Penso di andare anch’io a parlare con il Vescovo perché trovo che è una persona molto aperta. Angela vuole andare dal Cardinale Biffi di Bologna che ha pubblicato un libretto sull’aldilà. Ci tiene molto che queste famiglie incontrino qualcuno che dia loro speranza.
Ho invitato diverse famiglie all’incontro di oggi. Però loro si difendono dicendo che desiderano un rapporto personale e non di gruppo. Recito Compieta tutti i giorni con Paola che ha anche telefonato ai Macchi di Varese. E’ stata contentissima di sentire telefonicamente anche i Rimoldi. Sta ora creando un’amicizia anche con noi e la gente di Castelbolognese.

Don Giancarlo. Credo che si possano già fissare alcuni criteri da tenere presenti.
1° La vita sboccia su un terreno fecondo. Su di un terreno inaridito e isterilito la vita non nasce. Puoi introdurre tecniche magiche ma non c’è nulla da fare perché la vita ha come motore il cuore, la coscienza. L’io umano non è un grumo di cellule vaganti per l’universo. L’io umano ha una sua fisionomia, ha un DNA divino. Noi siamo fatti ad immagine e somiglianza del divino. Io ricorro sempre a quest’immagine poeticamente bella ed esistenzialmente realistica e suggestiva. L’io è una scintilla vagante di Dio. Attorno ad un io vivo o ad un gruppo di persone che vivono la vita come amore al vero, come custodia del vero incontrato e come amore all’uomo di cui si desidera la salvezza. Non è il Vescovo che fa nascere la vita. Non sono le Curie a far nascere la vita. Non sono i veti dei preti a far morire la vita. E’ la vita a chiamar altra vita; è la vita che genera vita. E’ la vita che fa esplodere vitalità o che rivitalizza un terreno impoverito. Sottolineo con forza questa prima osservazione perché riporta la questione all’essenziale e non sugli strumenti che ciascuno è libero di usare come vuole. Si ritiene utile partire dalla meditazione del Vangelo, si parta da quello. Si vuol partire dalla recita del Rosario, si parta da quello. Si vuol partire dall’appoggiare il viso sulle spalle di un altro balbettando qualcosa perché un certo pudore o il groppo in gola t’impedisce di comunicare, si parta da lì. C’è chi invece è in grado di fare un annuncio od offrire delle testimonianze, percorra quella strada. Tutto quello che irrompe nel contesto della vita è grazia, è promessa di vita.

2° Il nostro obiettivo non è il proselitismo, il cercare, cioè, famiglie a tutti i costi. Noi non siamo alla ricerca di clienti perché non siamo un’azienda. Chi cerca clienti nel campo del dolore è un degenerato. Quello che sta a cuore a noi è di non essere distratti o indifferenti di fronte a quelle famiglie che portano in loro la ferita sanguinante della perdita. La gente provata vive un’attesa: l’attesa di potere incontrare qualcuno o qualcosa, soprattutto un’amicizia che favorisca una condivisione personalizzata e, attraverso di essa, una risposta ricca di speranza. A noi preme di offrire speranza. L’importante è che chi vive l’amore a Dio e all’uomo, come abbiamo sentito stamattina dal Vangelo durante le Lodi, metta in discussione se stesso chiedendosi: “la missione in cui il Battesimo mi ha introdotto e che il sacramento del matrimonio mi ha affidato mi rende deciso nel metter in gioco me e la famiglia o un giro di famiglie di amici su cui posso contare?” Così ci si muove. L’imbattersi nel dolore e non desiderare di trasfigurarlo con la fede in Cristo che è l’unico capace di dare una risposta all’enigma della morte, è un peccato mortale. Quando il dolore è lasciato a se stesso devasta. Il dolore in sé non è un valore, è un di meno. La croce intesa nel significato corrente di sfortuna, sfiga, disgrazia… non è un bene o una promessa. È un arma che lacera. Invece il dolore illuminato dal Cristo risorto che ha detto: “Io sarò con voi fino alla fine del mondo…; venite a me perché senza di me non potete fare nulla…; venite a me soprattutto quando siete affaticati e stanchi e io vi ristorerò…” diventa una risorsa di vita, di verità e di purificazione. Chi percepisce di avere in sé tale risorsa si mobilita per comunicarla a chi ne ha bisogno.

3° Se poi qualche gruppo ha in corso dei legami con noi della Fraternità che ci siamo messi in moto 11 anni fa dando origine a Famiglie in Cammino, sarebbe delittuoso non continuare a tener vivo il contatto con l’inizio sorgivo di una presenza che ha fatto rinascere molte persone. Non per una questione di sigle ma di affezione a dei rapporti e a una storia. I legami con la nostra Fraternità e con il carisma che l’ha generata sono fondamentali. Siamo disposti a girare per tessere una tela stabile di relazioni con i gruppi italiani che si ispirano e si riconoscono nel nostro metodo. La disponibilità c’è. La corrispondenza all’invito dipende da un’infinità di fattori che, non sempre, coincidono con il desiderio. In molti casi la venuta non può avvenire perché la vita lega a delle priorità familiari, territoriali, professionali e sanitarie dei singoli e dei familiari. Il domandare però è il primo segno di amicizia e di libertà. Anche l’assenza motivata è segno di amicizia. Sentiamoci pertanto vicini a prescindere della distanza geografica.
In merito a Pietrina sono convinto che i Vescovi devono intervenire da padri nella vita già in corso. Da 36 anni sono prete ed ho prestato servizio pastorale in quattro città della diocesi di Milano. Mi sono accorto che, a tavolino, nascono solo progetti e carteggi. Grandi studi, grandi piani ma la vita è altro. Dove nasce e dove c’è la vita lì bisogna guardare, lì bisogna intervenire!! Che il Vescovo sia invitato da gruppi che avviano tentativi di aggregazione è giusto. Il Vescovo potrà illuminare, incoraggiare, valorizzare e accompagnare. Non dimentichiamo mai che siamo noi battezzati chiamati in causa per suscitare, alimentare e coordinare forme di vita fraterna che danno vigore alla missione della Chiesa.

Anna (Rimini). Ho sentore che il nostro lavoro è ostacolato da Satana. Voi sottraete anime alla disperazione e cercate di infondere in loro la speranza cristiana. Quando le persone sono disperate è facile che diventino preda di un male terribile. Sottrarle alla disperazione equivale a ricondurle alla salvezza. In questo ultimo periodo ho conosciuto persone che hanno avuto disgrazie terribili e vivono uno stato di tale disperazione da pensare che la vita non sia più utile. Stanno pensando al suicidio. Il suicidio è la perdita di un’anima. E’ quindi una missione grande quella di chi si accosta persone tentate dalla disperazione. Farsi carico della croce altrui è urgente specialmente da parte di chi ha già vissuto tali difficili momenti. Chi è approdato alla riva della fede deve operare a favori di altri.

Savina D’Incognito (Milano). Condivido pienamente quanto ha detto Don Giancarlo perché corrisponde alla mia storia. Mi ha colpito il passo del Vangelo di stamattina che dice: “Aiutaci a perdere la vita perché possiamo salvarla.” Noi tutti abbiamo perso una vita. Però, in un certo senso, ne abbiamo trovata un’altra che porta sicuramente alla salvezza. Quando nostro figlio si è suicidato non sapevamo più che cosa fare e non avevamo più né vita, né futuro. Abbiamo intuito però che un aiuto ci sarebbe potuto venire da qualcuno. Bastava solo domandarlo e fidarsi. Io mi sono fidata e mi ricordo che dicevo: “non so perché mi è capitato questo però voglio fidarmi di Te, voglio credere in Te, o Signore”. È stata una scelta giusta che mi ha veramente aiutata e mi aiuta tuttora. Da un’assenza di vita, come diceva don Giancarlo, è nata un’altra vita che non ha più niente a che fare con quella di prima ma fa dire a me e a Vito: “è quella vera. È la più vera perché ti dà anche più gioia rispetto al prima.” Ogni giorno sorgono dei dubbi. Qualche volta ci si smarrisce e viene da chiedersi se si stia percorrendo la strada giusta. Il diavolo è sempre alle calcagna e cerca di insinuare che è tutto un’illusione. Io chiedo sempre aiuto allo Spirito Santo e gli chiedo di illuminarmi per far sì che io sia strumento di Dio nell’aiutare gli altri.
Tu Anna prima dicevi: Voi salvate. Non è vero. Noi portiamo solo testimonianza di quello che è successo a noi. Se gli altri si fidano e, nella loro piena libertà ci cercano allora possono capire che si può incominciare a vivere in modo diverso, più vero e gustoso. Ci vuole però molta pazienza e misericordia. Noi siamo essere umani e abbiamo molti limiti. Però è la strada giusta che ti dà la carica di comunicare speranza ad altri. Se vi fidate di Dio e di noi che siamo suoi strumenti vedrete l’inizio del vostro cambiamento.

Ivonne Veratti (Modena). L’esperienza che abbiamo in corso fatto e l’aiuto che abbiamo chiesto a Famiglie in Cammino della Lombardia sono nati dall’impatto con il bisogno. C’erano famiglie o singoli disperati che volevano suicidarsi; gente perduta che andava in giro di qua e di là alla ricerca di qualcuno che permettesse loro di parlare con i figli deceduti. Sono arrivati a una organizzazione denominata “La casa dell’albero”, sorta all’inizio con buone intenzioni ma poi degenerata per la presenza di “medium” provenienti dall’Inghilterra. Tutte le nostre famiglie sono passate di lì. Ancora adesso fanno fatica a staccarvisi. Ma il segno vero è Gesù, il segno è la Chiesa. Per questo noi abbiamo dato inizio a “Famiglie in cammino” locale. Lì i nostri amici si perdevano. Il ricorso ai medium era diventato come una droga di cui si ha sempre bisogno senza mai trovare la pace. Ci sono agenzie che inviano a casa inviti e programmi appena capita qualcosa di drammatico e censiscono le persone accostate. Questo rende difficile anche per noi l’incontro con le famiglie interessate. Non sapendo esattamente chi siamo e quello che facciamo nutrono dubbi e riserve anche nei nostri confronti.
Noi ci presentiamo come un gruppo cristiano. Per questo abbiamo coinvolto il Vescovo. Desideriamo avere un riconoscimento ufficiale in modo che sia chiara a tutti la nostra identità. Abbiamo anche letto il documento dei Vescovi dell’Emilia Romagna: “La Chiesa e l’aldilà” .
Purtroppo ci sono anche dei sacerdoti che partecipano o che avallano le pratiche mediatiche e sono diffidenti nei confronti del nostro tentativo.

Don Giancarlo. Prima ho affermato che solo un soggetto portatore di speranza è il più qualificato per far nascere legami ed esperienze che portano nuovo gusto all’esistenza ferita. Non sono le Curie. Tante persone provate da tragedie vivono nello smarrimento. Chi è smarrito confuso è anche desideroso di appoggiarsi a qualcuno che lo sostenga.
Lo smarrito però è anche facile preda di altri. E’ nata e sta crescendo un’industria del dolore sul dolore. Per gli affaristi è diventata fonte di guadagno. Ormai è organizzata a livello nazionale e regionale. Ci sono agenzie che promuovono meeting a pagamento creando illusioni e facendo intervenire medium sedicenti in contatto con l’aldilà che distribuiscono a pagamento consolazioni illusorie. E’ in quest’ottica che bisogna leggere l’intervento di chi diceva: il lavoro che voi state facendo in Italia è ostacolato da molti che vedono in voi dei concorrenti o avversari. Voi infatti volete sottrarre alla disperazione attraverso la presenza e la testimonianza dell’amore. Quest’industria pesca nel torbido dello smarrimento, del dolore e della disperazione facendo leva sulla promessa di contatto con l’aldilà.
Sta dilagando la “magia”. La magia cos’è? E’ il tentativo di piegare Dio al nostro bisogno. In che modo? Ricorrendo a strumenti meccanici, fisici, rituali o cabalistici. Non si usa la parola magia perché, anche nelle coscienze più assopite, essa evoca riferimenti alla menzogna. Dove c’è magia c’è sfruttamento menzognero e sotterfugio.
Per togliere ogni mistificazione e per avere la garanzia dell’ortodossia è utile l’intervento del Vescovo che è il custode della verità sull’uomo e sulla vita che Gesù ha affidato alla Chiesa.

Antonietta Lapescara ( Busto A.). Mio figlio Michele è mancato a maggio dell’anno scorso per un incidente stradale. Erano in quattro e lui ha avuto la peggio. Gli altri non si sono fatti neanche un graffio. Era domenica mattina. Noi abbiamo appreso la notizia di sera, al ritorno da una gita parrocchiale. Avevamo pregato tutto il giorno e avevamo raccomandato alla Madonna sia Michele che l’altra figlia. Non potevo accettare l’accaduto. Al primo momento mi sono sentita punita e sono subito caduta nella disperazione. Nonostante tutto però, pregavo. Abbiamo avuto vicino molti amici che non ci hanno abbandonato per un bel periodo. Un’amica poi mi ha fatto leggere un articolo di Famiglia Cristiana scritto dai coniugi Rimoldi che parlava di Famiglie in Cammino. Ho subito telefonato a Don Giancarlo che mi ha messo in contatto con Marisa e Marcello.
Frequentando il gruppo ho capito che lì avevo trovavo un’ancora cui aggrapparmi per dare un senso al dolore. Coloro che lo frequentavano erano passati prima di me per questo gran dolore. Ho pensato subito che potevano essermi di aiuto anche se, all’inizio, non riuscivo a capire bene il senso di quanto ascoltavo. Poi piano piano mi sono detta che dovevo persistere nel frequentare perché in fondo pensavo che c’era un aiuto valido. Ho sentito che il peso piano piano diventava più leggero e non sono più caduta nella disperazione profonda che mi aveva assalito i primi mesi. Oggi prego ed il mio sguardo è completamente cambiato. Non penso più di essere stata punita. Sono sicura che il Signore vuole da me qualcosa. Vuole magari che io faccia qualche cosa. Signore, fammi capire!! Sono andata con quest’intento a Lourdes. Ho detto alla Madonna : “Ti ho pregato sempre e ti ho raccomandato i miei figli. Visto che adesso Michele l’hai con te aiutami a capire perché mi hai dato questa croce. Dammi la forza di accettarla.”
Andando avanti spero di capire di più e di essere un aiuto per gli altri.

Vito D’Incognito (Milano). Prima Don Giancarlo ricordava che su un terreno arido è difficile che spuntino germogli di bene. In me è capitato qualcosa del genere. La perdita del nostro figlio ci ha spinti a Busto Arsizio per cercare l’aiuto di qualcuno. Dal cammino fatto in questi anni è nata la scelta di dedicarci agli altri in spirito di fraternità.
Quest’estate abbiamo incontrato tante persone: in Calabria a Sinopoli la signora Elisa e la sua famiglia e poi un’altra famiglia siciliana che ha perso contemporaneamente in un incidente stradale i due figli. Tali incontri riaprono le nostre ferite ma alla fine arricchiscono. Ringrazio tutti quelli che ci sono stati vicini come noi adesso facciamo con altre persone. Inoltre vorrei portare l’esempio di mio fratello Carlo. Dopo la morte di mio figlio era molto imbarazzato e non sapeva come comportarsi nei nostri confronti.
Tante volte non mi chiamava neanche al telefono e questo mi faceva stare più male. Io gli dicevo: “piuttosto che niente chiamami, dimmi una stupidata ma chiamami.” Quest’estate, al ritorno da un pellegrinaggio a Lourdes con una famiglia di Gravina che ha perso la figlia universitaria Maria Pia probabilmente assassinata dal fidanzato un paio d’anni fa, ci ha detto: “non vi ringrazierò mai abbastanza per averci fatto conoscere questi amici.” Non so cosa gli sia successo. Un’altra volta, vedendo l’affetto e il bene che c’è tra noi, si è commosso. Al presente lo trovo cambiato. Molto spesso va a trovare i nostri amici di Gravina e tra di loro è nata una bella amicizia.

Don Giancarlo. La vita, ogni forma di vita è per l’uomo; non solo per l’uomo bersagliato dalle prove ma per ogni uomo. Vito ci parlava del fratello cambiato dall’amicizia con una famiglia a cui hanno ammazzato la figlia. Potremmo enunciarli moltiplicarli all’infinito i casi di persone provate che hanno irraggiato un riverbero così luminoso da agganciare persone in tutt’altri mondi coinvolti. Dalla testimonianza di persone che vivono la croce in modo trasfigurato parte un messaggio che risveglia il cuore di chi intravede un segno per la propria vita. Dove si è vivi e veri c’è contagio, c’è diffusione di speranza e di vitalità. Non si banalizza più niente, non si prende più niente sottogamba, non si sciupa più neanche una parola. Si vive l’istante come opportunità di grazia, cioè come compito. Non si vive più con abitudine e non si vive più chiusi nello schema si vive da seminatori. Il testimone è un seminatore di speranza.

Natale Colombo (Usmate). Anna e Giovanni Rimoldi che fanno parte della nostra Fraternità si trovano in Giordania. Per testimoniare la loro affezione al nostro gruppo ci hanno inviato questa lettera.
Cari amici
Non possiamo condividere con voi questa giornata ma poiché l’ideale che ci unisce è forte e vivo in noi vorremmo ugualmente farci presente ed esprimere gratitudine ed affetto ad una compagnia di persone i cui singoli volti ci sono cari e familiari perché ci richiamano un impegno nei confronti della vita ed un compito a cui insieme siamo stati chiamati.
L’anno scorso è stato per noi piuttosto faticoso. Non è stato facile mantenerci fedeli ai momenti della Fraternità e a quelli comuni mensili. E quando la fatica sale è possibile perdere il senso vero di ciò che si sta facendo: la chiarezza del nostro operare. Ma, come spesso succede, se la fatica viene offerta al Signore ci viene concessa una grazia maggiore. E così è stato. Siamo stati veramente edificati e illuminati dalle testimonianze rese ad ogni incontro ma, in modo particolare, dalle testimonianze rese il mese di giugno in cui tanti di noi hanno raccontato il loro rapporto personale con la preghiera. Pur con modalità diverse ognuno ha riconosciuto la propria dipendenza dal Signore. Ognuno di noi ha sperimentato la propria radicale impotenza almeno una volta nella vita. Quella in cui ha creduto di dover consegnare alla terra il figlio, il frutto di tante attese e di tante promesse. Da questa terribile esperienza così umanamente umiliante in molti di noi è però fiorita l’umiltà vera, quella che riconduce al Padre, lo riconosce come origine della nostra esistenza e a Lui si rivolge con la preghiera di domanda e non poche volte di lode. Questo orientamento nella vita nei confronti del Signore è emerso in quell’incontro in maniera molto chiara. Eravamo tante e diverse individualità raccolte in un semplice salone ma ci raccontavamo il nostro desiderio di metterci in rapporto con l’Infinito. Per la verità questo è stato l’insegnamento di tutti coloro che, durante l’anno, hanno raccontato il loro cammino a volte traballante, sempre doloroso, verso l’unica possibilità di speranza. Un salmo proposto da secoli alla sapienza del popolo cristiano ci fa ripetere: “attingerete alle fonti della salvezza.” Ecco per noi la vostra compagnia, la parola ascoltata nei nostri momenti e poi rimeditata a cosa è stata la fonte della salvezza. Una sorgente di acqua sempre viva perché ricca di nuove profondità suggerite non solo alla consolazione del nostro dolore quanto piuttosto all’intera nostra umanità. Crediamo così di aver fatto anche con voi esperienza della Chiesa che è annuncio di salvezza per tutti gli uomini. Quante volte la parola di Don Giancarlo o di altri amici hanno aperto dentro di noi orizzonti nuovi e più veri. Hanno risignificato dei gesti che avevano perso la loro fecondità, dilatato la nostra speranza perché ci hanno fatto ritrovare la ricchezza di una vita accompagnata e affidata alla misericordia del Signore. Questa è certamente l’esperienza della Chiesa sostenuta dalla grazia di tutti i suoi sacramenti. Non dobbiamo dimenticare il sostanziale momento di grazia del nostro incontro. La morte di un figlio, l’evento che ci accomuna , poteva tramutarsi per ognuno di noi in una tragedia: quella di perdere il vero valore della vita…e costringere il nostro sguardo entro i limiti angusti del tempo: quello troppo breve della vita dei nostri figli e sentirne solo la precarietà e la limitatezza. Invece ciò che il nostro cuore appena osa suggerirci ed il messaggio del risorto affermano con assoluta verità è che tutto di noi è orientato all’eternità. “Tutta la vita chiede l’eternità” indica il titolo di questo meeting ma l’eternità, la vita nuova e definitiva è già entrata con la morte e resurrezione di Gesù nella nostra esperienza. Aiutiamoci a compiere quei gesti che misteriosamente ci fanno superare il tempo e raggiungere l’eternità aiutandoci ad affidare la vita all’eternità del Crocefisso risorto che ha vinto la morte.
Questa è la sostanza del nostro stare insieme nella nostra compagnia. Rivalutiamo anche le inevitabili incomprensioni collocandole nella loro giusta dimensione.
A tutti un caro abbraccio

Giorgio Targa ( Milano). Volevo anch’io citarvi un fatto che è avvenuto ieri qui al meeting. Il Meeting di Rimini è un ambito in cui i rapporti umani si rendono molto più facili e più semplici. Con Raimonda eravamo a pranzo. Era seduto al nostro fianco il Cardinale Simonis, primate della Chiesa Olandese. Con semplicità gli ho chiesto di fare due chiacchere.
Noi di Famiglie in Cammino abbiamo già avuto un incontro a Milano con il cardinale Martini. Come allora, anche ieri, abbiamo raccontato al cardinale Simonis la nostra storia di genitori provati dalla perdita del nostro unico figlio Leonardo e la nascita di Famiglie in cammino. Abbiamo sottolineato l’importanza dell’amicizia al Destino tra tanti genitori con i quali percorriamo il cammino della fede cattolica. Lui ci ha ascoltato attentamente e poi da buon padre, come diceva prima Don Giancarlo, ha visto che noi operiamo come Chiesa viva, come genitori adulti che testimoniano la loro fede purificata e rinforzata dalla prova. I suoi occhi si sono illuminati e ci ha un ringraziato per quello che stiamo facendo. Ha poi esclamato: “se avessi anch’io in Olanda un gruppo come voi che parte dal carisma del Movimento e che si traduce in cristianesimo vivo e operante!!!”. Noi gli abbiamo assicurato che, durante i nostri incontri, avremmo pregato perché, anche in Olanda, possa nascere una realtà come la nostra. Poi ha lasciato uno scritto per noi di Famiglie in Cammino.
Cari fratelli
Non esiste il caso. Oggi ho incontrato Giorgio e Raimonda Targa che mi hanno raccontato la loro storia. Ascoltando la tragedia del figlio ma anche tutto ciò che è seguito posso soltanto ringraziare Dio per la sua grazia e misericordia ma anche per i frutti che possono derivare dalla sofferenza e dal sacrificio.
Comunione e Liberazione è una vera grazia non soltanto per la Chiesa e la società in Italia ma per la Chiesa universale. Per favore, pregate per la Chiesa di Olanda affinché CL cresca anche da noi. Di tutto cuore auguro a tutte le “famiglie in cammino” la benedizione del Signore. Con salutoni cordiali, in comunione

E’ stata una testimonianza diretta anche se imprevista. Come abbiamo verificato sia con il Cardinale Martini che con il Vescovo di Modena la Chiesa ci ascolta, ci vede, ci abbraccia e ci dice: andate avanti perché state facendo una cosa buona. Dopo la benedizione di Don Giussani di circa 10 anni fa siamo continuamente confortati dalle parole di altri autorevoli esponenti della Chiesa che ci esortano a proseguire perché siamo nel giusto e nel vero.

Raimonda Targa (Milano). Il Cardinale Simonis ci ha detto che la Chiesa Olandese è molto malata, (abbandono della fede, aborto, eutanasia…) e ci ha chiesto di ricordarla nella nostra S. Messa e nelle S. Messe che verranno celebrate nei gruppi di Famiglie in Cammino d’Italia.

Don Giancarlo. Assumiamoci tale responsabilità. Se un Vescovo è costretto dal Suo ministero a vivere una situazione disastrosa come quella olandese, causata dallo sfascio del Cattolicesimo in corso da 30 anni, è giusto che anche noi viviamo la responsabilità affidataci.
La parola chiave che ci portiamo via da questa mattinata è: “il dolore diventa risorsa come ha scritto il Cardinale: ringraziare Dio per la sua grazia e misericordia ma anche per i frutti che possono derivare dalla sofferenza e dal sacrificio.”
Risorsa è ciò che porta frutto. Quando la sofferenza e il sacrificio, rigenerano, purificano e potenziano l’umano vuol dire che sono risorsa. Ma il segreto di questa risorsa ce lo svela la canzone che abbiamo cantato questa mattina e che è a tema nel Meeting di Rimini.
Tutta la vita chiede l’eternità
Ieri Giancarlo Cesana nel suo intervento ha detto: “L’eternità non è un fenomeno che incomincia nell’aldilà. Incomincia nella nostra esperienza umana di adesso e che noi vorremmo durasse per sempre.”
Voleva dire che l’eternità non l’hanno incontrata solo i nostri figli o i parenti che ci hanno lasciato ma che dobbiamo incontrarla anche noi qui e ora.
Infatti la nostalgia e il rimpianto di un figlio indicano il desiderio che l’eterno già incominciato continui per sempre. Il Papa nel messaggio che ha mandato al meeting non ci augura di entrare in un “mondo fuori del tempo e senza tempo”. Ci augura la pienezza, il compimento; ci augura cioè di essere felici.
Il compimento cos’è? E’ l’esperienza di una corrispondenza, l’incontro con una presenza che realizza il desiderio del cuore. L’esperienza del compimento è già cominciata e continua. Il problema allora è la purità dello sguardo e la tensione del cuore che emergono nell’impatto con le circostanze.
L’eterno si svela e si comunica così. Esso è il motore della vita. L’Eterno ti sorprende, ti raggiunge e ti scuote attraverso la circostanza di vita. L’istante che vivi è veicolo di grazia. La grazia passa anche attraverso l’esperienza del dolore. Se uno vive così non ha più paura. Normalmente invece non abbiamo il coraggio di affidarci a ciò che è più grande e sicuro di noi, il Signore. Don Giussani sempre dice: “quando hai sete la soddisfazione non la trovi nel ricordo di aver bevuto ma nel bere. Vorresti bere sempre. L’uomo nasce affamato, non nasce sazio. Per prima cosa piange”. Il limite esiste ma è colmato e redento dalla misericordia di Dio rivelatosi definitivamente per tutti in Cristo.
Il dolore è risorsa solo a questa condizione “In cruce victoria”.
A Costantino nel IV° secolo apparve in cielo la scritta “In cruce vincis” = con la Croce vincerai. Penso sia per questo che anche nella battaglia navale contro i Turchi a Lepanto nel 1571 il Papa affidò la resistenza cattolica si alla Croce e al Rosario “A Dio attraverso Mariam”.

Preghiamo per l’Olanda, per tutti gli amici e per noi perché si sia portatori di questa risorsa. Voi siete diventati più esperti nell’arte del dolore, del dolore generativo e, quindi, fecondo. Preghiamo

                L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria
                e la Vergine concepì per opera dello Spirito Santo.
                Ecco la serva del Signore:
                accada di me secondo la tua parola.
                E il verbo si è fatto carne
                ed abita in mezzo a noi.
                Ave Maria…………

                Prega per noi Santa Madre di Dio
                perché siamo fatti degni delle promesse di Cristo.
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