INCONTRO DI FAMIGLIE IN CAMMINO
GIUGNO 2001
GIUGNO 2001
Giorgio Targa( Milano). Vi porto i saluti di Flora e Natale che oggi non sono presenti perché padrini ad una Cresima. Aggiungo i miei personali e tutti quelli della Fraternità .
Inizieremo la nostra assemblea con una preghiera guidata da Don Giancarlo a cui seguiranno dei canti. Riprenderemo poi il tema sulla preghiera come evidenziato nella lettera mensile. Saranno utili le risposte alle domande lì riportate.
Invito anche i presenti che son qui per la prima volta, se se la sentono, a raccontare la loro storia nella massima libertà. Faremo l’assemblea fino alle 17, poi pausa di riflessione ed amicale. Al rientro sintesi di Don Giancarlo sugli interventi ascoltati ed infine S. Messa in ricordo dei nostri figli ed in particolare per quelli che vengono ricordati negli anniversari di giugno.
Don Giancarlo. Vi siete accorti che oggi è Pentecoste? L’importante è che dai segni si arrivi alla sostanza. Stamattina alcuni segni metereologici erano evidenti; lampi, tuoni, vento e luce. La sostanza è l’energia spirituale. Il Vangelo di Giovanni dice: Lo spirito è come il vento non sai né da dove viene, né dove si orienti. Però avverti l’impatto che ha su di te. Il vento lo si avverte fisicamente. Interiormente si avverte un’energia di forze rigeneratrici e quindi di nuove possibilità umane.
Proviamo a immaginare il caos iniziale. La Bibbia ce lo descrive così: Lo spirito aleggiava sul caos. Al caos subentrò l’ordine. Dio creatore vide che era cosa buona. E al settimo giorno, contemplando l’opera frutto, dello Spirito si riposò.
La seconda opera dello Spirito è nei confronti di Sara, moglie di Abramo. Il suo utero è sterile ma Dio lo rende fecondo. E’ la promessa ad Abramo: Io renderò la tua discendenza così numerosa che tu non potrai contarla. E’ paragonabile alle stelle del cielo. Contale! Se sei capace! O all’arenile: conta i granelli se ci riesci! Quello che tu non puoi né pensare, né conteggiare, né quantificare, Io con la mia potenza lo farò.
Dall’ atto di fiducia e di abbandono di Abramo è nata la storia dell’Alleanza fra il Mistero e gli uomini. E’ una storia che persiste da 4000 anni solcata dai prodigi e dalle irruzioni dello Spirito. Prendono forma i carismi che portano alcuni uomini a profetare. Tantissimi sono gli esempi. Salomone è un re che passa alla storia per la sua saggezza senza aver frequentato studi particolari. E poi su su fino a Gesù. Gesù è frutto dello Spirito.
Abituiamoci a non dare per scontate certe cose. Maria la tredicenne ebrea, con il suo sì ha cambiato il corso della storia. Ave Maria; che Significa: Piena di grazia il Signore è con te. Maria aveva una cultura di tipo popolare. Al suono di quelle parole ha avuto un sussulto come di fronte a qualcosa di decisivo per la sua vita. Credo sia capitato a tutti di incontrare o di sentire qualcuno risultato poi decisivo per la propria vita.
Quattro giorni fa mi ha telefonato un amico colonnello della Guardia di Finanza che aveva appena perso la mamma. Era rimasto solo anche perché la moglie, l’aveva abbandonato. Durante lo svolgimento di un corso a cui aveva partecipato ha incontrato una signora carismatica che utilizzava la scrittura automatica. Nelle 35 pagine scritte comparivano vezzeggiativi che il papà usava nei suoi confronti quando era bambino. Immaginatevi la scossa emotiva! Mi ha subito telefonato per sapere quale era il mio pensiero e quello ufficiale della Chiesa su questa possibilità di rapporto fra il di qua, limitato e temporale, e l’aldilà, eterno. Ho fatto questo esempio per far capire come una parola, un ricordo, una fotografia possono toccare il nostro cuore e farlo vibrare. E’ come una vicenda del passato rivive in un preciso istante.
Ecco per Maria è successa la stessa cosa. Si è sentita scelta. La potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Per questo quello che nascerà da te sarà figlio dell’Altissimo. Come Isacco e Sansone anche Gesù è frutto della promessa, quindi dello Spirito in azione.
Questa è la sostanza dell’Alleanza tra Dio e l’uomo incorso da 4.000 anni circa. Noi la conosciamo poco. Ci accontentiamo di sapere qualche particolare. Ci sfugge o dimentichiamo il senso globale.
Nella nostra fragilità abbiamo bisogno di certezze. Quando queste ci vengono a mancare allora rimaniamo smarriti, e non sappiamo più trovare la direzione della vita. Non è la fatica della lotta che sconcerta ma la demotivazione. Il non sapere cioè dove collocare la lotta e per chi farla. In nome di chi e per amore di che cosa portare la croce.
Gesù, 50 giorni dopo la sua Risurrezione ha mantenuto la promessa: “E’ giusto che me ne vada disse perché altrimenti non potrei mandarvi lo Spirito”. Egli chiama la Spirito con vari appellativi.
E’ il Consolatore. E’ una presenza che non ci fa più sentire soli. Ci mette in comunione e ci pone in relazione uno con l’altro. Un po’ come noi, oggi. Anche se ognuno di noi è qui con tutti i suoi crucci o i suoi desideri si riconosce in una storia comune. Non si sente solo. La solitudine è una scelta e non coincide con la vita solitaria. Lo Spirito ci mette insieme e ci incolla in un rapporto comunionale ed amicale attraverso la fede in Cristo.
E’ il Paraclito, l’avvocato, il difensore cioè delle sfide vere. E’ il difensore delle posizioni stracciate, ferite, provate come è stato provato Lui, il figlio. Lui però ha sempre sentito forte questa risorsa che gli faceva dire: Non la mia, ma la tua volontà sia fatta. Non quello che vedo o penso, ma quello che Tu o Padre, hai pensato e preordinato per me.
Ho voluto evidenziare questo per valorizzare la Pentecoste come avvenimento vivo e presente e non relegabile nel passato.
Nei confronti dello Spirito troviamo nella lettera ai Romani un bellissimo passaggio che dice: “Voi non sapete neanche che cosa convenga domandare”. Molte volte è vero anche per noi. Per fortuna, in forza del battesimo, in noi c’è lo Spirito che, con gemiti inesprimibili, sussurra al nostro cuore le domande giuste. Anzi, in molti casi è Lui a supplire al gelo o all’imbarazzo del nostro cuore e chiama il Mistero “Abbà”: papà. Quante volte voi genitori avete sentito i vostri figli chiamarvi nelle forme più diverse! Il cuore sobbalzava di fronte a certe tonalità di voce o di fronte a certi inviti. Soprattutto oggi ricordando le sensazioni provate nel rapporto con quei figli non più fisicamente fra noi.
Cantiamo. Discendi Santo Spirito (pag: 26 libretto delle ore)
Soffio di vita, forza di Dio. Vieni Spirito Santo.
Preghiera di Famiglie in Cammino
“Tu che adesso vedi senza ombre
quel mistero che tanto ci attira e ci affascina tutti,
aiutaci a vivere con più verità
la nostra vita ed il nostro compito.
E quando al mattino, nell’inno di Lodi, reciteremo:
E noi che di notte vegliammo attenti alla fede del mondo,
protesi al ritorno di Cristo, or verso la luce guardiamo,
vedremo te, nella luce.
Adesso ci sei vicino in modo diverso da prima
Ma infinitamente più di prima
E ci guardi con la stessa pietà
E con lo stesso sguardo
Di Colui in cui sei.” Amen
Canto
Poni tuos manos……..
Nino Monza (Gerenzano). Sono qui per la prima volta con mia moglie Monica perché Elisa, la nostra figlia maggiore di dieci anni, è morta qualche mese fa in seguito ad una grave malattia. Siamo stati invitati dai coniugi Macchi che hanno attraversato prima di noi la via del dolore e desidereremmo approfondire di più il senso di quel che ci è successo. Con la morte di Elisa sono cambiate molte cose nella nostra vita. In noi, è forte la domanda relativa al significato della nostra Fede. Che cosa vuole veramente il Signore da noi? In quel momento? Per ora rispondiamo che lui vuole la conversione dei nostri cuori. Questo implica un andare alle radici dell’esperienza cristiana che per noi è iniziata circa 20 anni fa quando eravamo ancora adolescenti.
Don Giancarlo. Coloro che sono qui per la prima volta sappiano che noi abbiamo un testo di riferimento su cui lavorare. Cerchiamo di mettere in comune domande, esperienze, tentativi incorso, scoperte, dubbi , perplessità vagliate alla luce del contenuto del testo dove si riesce, alla luce dei contenuti del testo. Nella lettera di invito mensile evidenziamo le domande per facilitare la comprensione del testo.
Il capitolo sulla preghiera ha aperto tre grosse questioni:
1° L’autore del libro, Don Giussani, ci dice: La preghiera esprime la coscienza della propria originale dipendenza da Dio. “Bisogna pregare sempre disse Gesù. La preghiera permanente perché quello costituisce l’ideale a cui ogni uomo deve tendere.”
Tu quando preghi e perché? Oppure perché hai smesso di pregare e da quando? Le situazioni di crisi favoriscono il ripiegamento su se stessi e incrementano una rabbia verso il Mistero. Gesù però ce lo ha svelato con un nome evocativo di una certa esperienza: papà Padre nostro che sei nei cieli….
2° La preghiera del padre nostro insegnatoci da Gesù è una domanda articolata in sette richieste che possono essere riassunte in una sola: Venga il tuo regno.. E’ come se dicessi : Signore io ti chiedo questa certa cosa perché mi sembra utile. Alla fine però ti chiedo quello che è conveniente e utile veramente per me.
Tale annotazione quale cambiamento di mentalità?
3° Una coscienza di dipendenza che rifiutasse di diventare domanda, di incarnarsi nel tempo e di agire in esso, non sarebbe più preghiera. Sarebbe un cedere al nulla, un alibi per ogni negligenza di impegno.
Hai forse corso questo rischio? Lo stai correndo? Per quali ragioni?
Già nell’assemblea del mese scorso avevamo abbozzato qualcosa sul nesso preghiera-cambiamento o preghiera-miracolo. Ricordo benissimo alcuni interventi ed in particolare quello di Carlo e di Emilio che, ad un certo punto, dicevano: Non abbiamo ottenuto la grazia che chiedevamo. Ci siamo però trovati arricchiti di altri doni. Una fede più potente, una compagnia di amici incontrati, sette vite salvate con il trapianto degli organi. Vorrei ritornare su questo argomento perché questa è una questione decisiva.
Il legame filiale di appartenenza al Padre, ci fa dire: “accada il Tuo regno”. Manifestati cioè come hai già fatto in altre occasioni della vita più liete o più cruciali che però non ci hanno messo in crisi.
Fausto Benzi (Cuggiono). Volevo fare una riflessione, soprattutto sul primo punto: quello del pregare sempre. Per me la preghiera è sempre stata un momento importante. Con la morte di mio figlio Marco è successo qualcosa. Prima pregavo fondamentalmente per dovere; perché mia mamma me lo aveva insegnato, e perché credevo che fosse una cosa giusta. E’ successa una cosa strana ed io mi sono accorto che oggi prego con fervore e convinzione. E questo mi dà gioia. È’ una cosa per me straordinaria in quanto umanamente avrei un sacco di riserve dopo la morte di Marco. Invece sento il bisogno di pregare che quotidianamente si concretizza nella recita di due rosari. Durante la recita mi vengono in mente i volti dei miei amici che con me vivono questa avventura oppure le riflessioni fatte nelle assemblee o le testimonianze. Mi è di grande aiuto. Oggi è Pentecoste e mi auguro
cuore. L’accettazione del disegno che Dio aveva su di me e sulla mia famiglia è stata proprio la molla che ha fatto scaturire questa novità. Sono convinto che la preghiera è l’unica strada verso la salvezza. Il Signore ce l’ha detto in tanti modi. Per me è vero. Il Signore non rimane insensibile ai nostri bisogni . Dobbiamo fidarci di Lui e poi ci pensa Lui al resto.
Giorgio Massetti (Milano). Volevo dire alcune parole a favore di quelle persone che non si sono sentite di raccontare la loro storia , senz’altro dolorosa. Quando si sta soffrendo non è facile parlare per nessuno, anche per me non esistono termini che fotografino lo stato d’animo di una persona si nel dolore che nella gioia. La sofferenza o la forza spirituale che uno prova sono difficili da misurare.
Per quanto riguarda l’intervento di Fausto mi rendo conto che questa situazione ha portato in lui una fede diversa. Diversamente non potrebbe affermare quello che ha appena detto. La Fede l’abbiamo tutti ma si tratta di scoprirla e di potenziarla. Una Fede che da una rassegnazione , che fa superare e che fa sentire che c’è un aiuto che proviene dal Padre, perché nessun avvenimento pur doloroso che sia debba essere ritenuto un castigo o punizione. No, non è così. Noi non conosciamo il disegno divino o il progetto che Dio ha su di noi e non conosciamo l’evoluzione della nostra umanità e di noi stessi. Cioè , in poche parole, non conosciamo il tempo che Dio ci concede di rimanere sulla terra per compiere la nostra evoluzione e giungere alla purezza per poi iniziare la vita eterna. La vita continua nell’aldilà.
Nel mio caso io ho perso un figlio di due anni e la moglie di 30 anni. Non so cosa il Padre aveva riservato per loro, però col tempo ho capito che in questa storia c’era un disegno preciso. La vita non è un paradiso ,ma è tribolosa e faticosa. Pertanto una persona sta qui il tempo necessario. Se la chiamata arriva a sette anni significa che la persona ha già concluso la sua evoluzione. In un modo o nell’altro , se il Padre Eterno decide che la vita è compiuta, viene chiamato. Noi di questo non dobbiamo angosciarci al punto di non capire questa elementare realtà. Il disegno divino non è facile da comprendere proprio perché è divino. Però Dio ci ha dato la Fede che ci aiuta a mettere a fuoco sotto una luce diversa alcuni avvenimenti della nostra vita. Questo è quello che affermava Fausto prima. La Fede da energie nuove che permettono di affrontare qualsiasi problema.
Ce l’ha ricordato prima Don Giancarlo quando diceva che lo Spirito Santo consciamente o inconsciamente ci risolve tanti problemi e noi magari non ci accorgiamo neanche. E’ un intervento superiore e non è legato alla nostra capacità o alla nostra intelligenza. La Fede è più pulita e vera soprattutto nei momenti di sconforto perché siamo sgombrati delle passionalità umana e siamo davanti all’essenziale. In questo modo la preghiera si lega al Padre, perché noi siamo fatti della stessa sostanza del Padre. Per questo l’aiuto e l’energia sono un dono che il Padre dispensa ai suoi figli che hanno solo il compito di riconoscerlo. La Fede ci aiuta in questo. Da questo nasce il compito di chi è gratificato da una Fede vera di farla conoscere anche alle altre persone che magari in quel momento non riescono a vederla o scoprirla. Per le nostre situazioni di dolore questo è ancora più vero e necessario e deve essere offerto come sostegno a chi in quel momento non intravede vie d’uscita. I nostri figli non sono morti ma sono solo trapassati ad una vita migliore e questo di per se stesso dovrebbe già essere motivo di consolazione. Altrimenti una persona morirebbe di dolore. Se uno rimane nello stato iniziale ed, io ho provato cosa vuol dire, non vivrebbe più e non potrebbe andare avanti a vivere. Anche da questo si deve constatare che c’è un aiuto divino al quale consciamente o inconsciamente non lo riconosciamo. Come si fa a riconoscere i disegni divini o i movimenti dello Spirito. Noi non riusciamo. E’ importante riconoscere che questo Padre esiste ed è presente sempre e ci aiuta ininterrottamente
Tiziana Bettollini (Parabiagio). Dopo che avevo già fatto una testimonianza qui da voi ho scritto alcune considerazioni. Vorrei leggerle. E lo dico anche per le persone nuove che magari non conoscono la mia storia e potrebbero dare una interpretazione diversa. Ho perso un figlio, circa due anni fa, a causa di un linfoma. Ho vissuto un’esperienza molto particolare perché non l’ho vissuta nel dolore. Sono stata graziata dal Signore ed ho ricevuto una grande gioia. Per me è stato un grande dono quel che il Signore mi ha dato. Avevo fatto queste considerazioni quando avevo fatto la testimonianza qui da voi: Molti a questo punto scrivono la parola “fine” A me al contrario piace pensare che la fine è un nuovo inizio. Certo qualcosa è finito ma qualcos’altro deve ricominciare Quella che noi chiamiamo fine è solo una fase di trasformazione. Oggi la maggior parte delle persone non vive ma attende semplicemente che la vita passi. Allora la vita diventa soltanto un contenitore di svaghi per ingannare la noia. Poi all’improvviso arriva la morte E gridano: imbroglio. Questo non era previsto! Ma la morte è davanti a noi fino al momento del nostro concepimento. E se si deve morire che senso ha la vita? Ogni uomo deve scoprire il significato di questa domanda Scoprirlo non vuole dire diventare padrone di qualcosa ma liberarsi. Liberarsi da tutte quelle cose che ci portiamo dietro; avidità, invidia, e soprattutto dall’idea di noi stessi. Ho detto liberazione ma avrei potuto dire purificazione. Purificarsi da ciò che esce dal nostro cuore e dalla nostra bocca, dal peccato. Il peccato, quel telo nero che noi ci mettiamo addosso, un danno che facciamo a noi stessi. Qualcosa che ci allontana drammaticamente dalla nostra condizione di creature nate per vivere nella luce. Signore, quanto è grande il tuo mistero! Per darci la luce hai creato le tenebre, per darci la vita hai creato la morte. E ora che fare? Bisogna scoprire il significato della sofferenza: morte, malattia, disagio, litigio, separazione ecc. Bisogna accettare la sofferenza perché ci insegna. Bisogna offrire la sofferenza al Signore che la trasforma in un grande senso di amore. La preghiera che grande verità. Padre nostro mio e dei miei fratelli, che grande strumento. Ci riconduce tutti ad una grande unità; alla luce. Bisogna quindi pregare più intensamente. Padre nostro, Dio Padre, possa rieccheggiare la tua voce in tutti gli uomini. Grazie
Ermanno Marzorati (Cantù).Vorrei fare una piccola testimonianza per dire qual è per me un modo per pregare magari nei momenti di insonnia o quando sono alla guida della mia automobile. Mi capita spesso di recitare semplicemente le tre preghiere più diffuse, oppure recitando il Credo nella stessa modalità che viene recitato durante la S. Messa. Riflettendo sulle parole contenute in queste preghiere e capendone sempre più il significato mi fanno trovare una pace interiore. Volevo rendere testimonianza su questo modo semplice di pregare che per me è molto efficace.
Anna Signorelli ( Gallarate). Io non dico due rosari al giorno come Fausto così come non dico le tre preghiere più importanti. Quando però mi sento particolarmente in crisi io dico semplicemente quello che mi ha insegnato la mia mamma: Signore Gesù che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di me. Lo dico molte volte e mi riempie di gioia. Se dico il S.Rosario dopo un po’ mi addormento. Questo non per fare una critica a chi riesce a pregare in modo tradizionale ma è una cosa più forte di me. Non dico delle parole in modo abitudinario ma penso al valore della giaculatoria. Don Carlo, il mio parroco mi ha detto: Provaci, Anna; vedrai che andrà bene. Ed è così.
Lina Marzorati (Cantù) Io non ho mai pregato molto, però dopo che è successo il fatto è stato diverso. Prima lo facevo poco e male ma da quando è successo di Marco io prego tanto. E al contrario della signora Anna io trovo una grande forza nel Rosario . Per me è diverso. Io recito il rosario tutti i giorni ed io sto bene, perché mi da la forza di andare avanti oltre ad una grande pace interiore. Questa per me è una cosa molto bella.
Carlo Maccagnano( Como). Volevo semplicemente dire che in tutti gli interventi che ho ascoltato ho notato un aspetto comune che traspare nelle pagine del testo di Don Giussani che sono state consigliate nella lettera mensile. Quello che conta nella preghiera è riuscire a trovare la coscienza dalla dipendenza da Dio. Questo fatto non è altro che riscoprire se stessi e scoprire che tutti quanti noi apparteniamo a Cristo e riusciamo in questo modo ad entrare in contatto non solo con Cristo ma anche con i nostri figli.
Giorgio Targa(Milano). Volevo dire anch’io che la prima domanda della lettera mi fa particolarmente riflettere perché dopo la morte di Leonardo, come ho già detto nell’incontro precedente, non avevo nessuna voglia di pregare ed avevo difficoltà a trovare le parole per farlo. Però devo dire che il Signore mi ha aiutato attraverso sacerdoti, attraverso la Chiesa, attraverso il movimento di Cl, attraverso i testi di Don Giussani mi ha aiutato a rimpostare la mia fede. Dove è citato: Riconosci la tua dipendenza da Dio? La domanda io me la sono riformulata in modo diverso. A seguito dell’incidente mortale di Leonardo la mia vita che io cercavo di reimpostare secondo le mie capacità o il mio programma di padre e di genitore è stata stravolta e quindi sentivo di avere tanti bisogni. Soprattutto quello dell’affettività. Mi sono accorto che nel cammino di fede avevo un bisogno essenziale che era quello di Gesù Cristo. Avevo bisogno di un rapporto con Lui. Perché questo? Perché lui mi dava i riferimenti e mi faceva capire il significato nuovo della mia vita. Ecco, in questo bisogno di Gesù cristo ho trovato molto conforto nel suo vangelo, nel leggere le sue parole, nel conoscere sempre di più il suo messaggio di salvezza che lui ha lasciato agli uomini ed a me in particolare. Come dicevamo prima nella nostra canzone. En tuos labios del Signor de Galilea. Questa è la mia preghiera. Io non sono fedele a forme di preghiera precostituite, ma a quelle di ricordarmi frasi del suo Vangelo. Episodi , nei quali Gesù parlava agli uomini e trasmetteva questo suo messaggio d’amore. Il suo Vangelo finisce sulla croce come del resto anche la nostra storia passa attraverso la croce. E l’altra frase del nostro canto che dice: metti i tuoi piedi nelle orme del Signor de Galilea per me ha voluto dire seguire il cammino che il Signore aveva presentato alla mia vita e portando la mia croce mettere i miei piedi nelle sue orme, nel segno che Lui aveva tracciato per la mia vita e per riscoprire che la mia croce non era più una croce di dolore e si trasformava piano piano in una croce di salvezza, in una parola di risurrezione. Ecco, volevo far capire che il bisogno di Gesù Cristo che ho nella mia vita è una dipendenza, ma è una dipendenza così forte che non posso più stare senza ascoltare le parole del Vangelo, di fede di speranza o di risurrezione. E le faccio proprie per me come una compagnia nei momenti bui in cui prego e che mi danno poi l’energia per risollevarmi. Ho capito che il mio non è un cammino di dolore ma di fede e di resurrezione.
Giorgio Macchi ( Varese). Mi ritrovo anch’io sulle posizioni di molti di noi che hanno difficoltà a pregare in modo ritmico e continuo. Quando mi ci metto dopo un po’ la mia mente vaga altrove e perdo concentrazione. Sono costretto a continui sforzi di memoria per non perdere il filo. Quelle poche volte che ci riesco è però motivo di soddisfazione e di gioia.
Per questo motivo, sentendo su di me in pieno il concetto di affidamento e di dipendenza dal Signore, cerco di pregarlo in altri modi. Il testo a nostra disposizione mi ha aiutato molto e mi fa sentire più libero e meno peccatore. Infatti , Don Giussani dice introducendo le varie forme di preghiera: basta pensare al Signore che è già una forma di preghiera. Ecco, io mi sono messo al suo servizio con tutti i miei limiti umani . Tant’è vero che ho nominato come mio nuovo datore di lavoro da quando sono in pensione “La Provvidenza”. Non sempre è facile perché questa disponibilità molte volte si scontra con le esigenze e con l’interesse dell’umano soprattutto quando si contrappongono interessi di tipo familiare. La mia storia mi ha cambiato completamente la vita e mi ha messo in una condizione di dolore che da acuto e profondo ed incomprensibile all’inizio si è trasfigurato a poco a poco e mi ha indicato la strada. Avendo provato le angosce e l’impotenza amplificata dalla solitudine, dalla mancanza di amici legati a te dal destino, ho capito l’importanza di avere qualcuno che ti ascolta in certi momenti. Mi sono lasciato condurre per mano dal signore ed ho incontrato tanta gente. Ho ascoltato e ascoltato tantissime storie di dolore che un po’ mi sono caricato anche sulle mie spalle. Per me questa è una forma di preghiera dove il tempo è dedicato al Signore.
D’altra parte mi rendo conto quanto pesi nella mia quotidianetà la pigrizia e la svogliataggine. Avevo un piccolo strumento costituito da un libretto di preghiere semplici fatto da un prete amico, e tra l'’altro dedicato a mia figlia Lidia, che mi aveva aiutato a pregare per un certo tempo in modo sistematico. E’ bastato riordinare la casa e non trovarlo a disposizione sul comodino che subito ho smesso di pregare in modo ordinato e costante. Conoscendomi e sentendo impellente molte volte il desiderio della preghiera mi rivolgo spesso al Signore con delle giaculatorie come ci ha ricordato prima Anna. Agli esercizi spirituali di Rimini, don Giussani, mi è venuto incontro caldeggiando una giaculatoria che ritengo completa per la mia vita. Dice:
Ho scoperto in questi tempi con cuore commosso, la formula giaculatoria più completa della vita cristiana: Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam. Ripetete questa formula tutti i giorni, tutte le ore , quando il Signore ve ne fa ricordare, è un momento in cui tutto si ricollega e si riconquista, tutto diventa una cosa sola.
Dio è lo Spirito, lo Spirito è Dio, cui apparteniamo: lo Spirito porta la coscienza e, se è bene applicata, l’uomo capisce che appartiene ad un Altro, appartiene ad una Presenza, misteriosa.
Vieni Santo Spirito in ogni direzione ,in ogni mio momento
Veni per Mariam, attraverso il tocco potente della Madonna..
Raimonda Targa( Milano). Ringrazio tutte le persone che riescono a dire due rosari al giorno. Per me è difficile perché sono molto lenta. Mi dà molta soddisfazione recitare il Padre nostro, Ave Maria o il Gloria però mi piace soffermarmi sul significato delle singole parole o delle singole frasi. Sono pertanto gratissima a tutte le persone che riescono a pregare in questo modo. Ritornando alla mia storia mi è venuto in mente come ero prima. Una persona cristianamente convinta e praticante . Mi preoccupavo che una persona che stesse per morire avesse i Sacramenti , le persone intorno che lo accompagnassero nell’ultimo viaggio. Quando è morto Leonardo in piscina non c’era nessuno ed io quel giorno non stavo nemmeno pregando per lui. In ospedale quando l’ho visto era già morto. Credevo che il cappellano dell’ospedale che mi aveva accolto in quel momento gli avesse dato i Sacramenti o perlomeno avesse pregato per lui. No, nessuno si era curato di niente. Sono sempre rimasta con quel grand3e incubo perché pensavo che mio figlio in quel momento non si aspettasse di morire e nessuno aveva pregato per lui. Era preparato? Che cosa gli passava per la mente in quel momento? Domande difficili da trovare una risposta. Aveva 16 anni e questo lo dico proprio per tutte le persone che hanno avuto i figli morti in disgrazie improvvise come la mia. Anche per i tanti ragazzi che in quei momenti percorrevano strade alternative o contrarie. Mi conforta il sapere che l’angelo custode è al fianco di tutti e che lo Spirito agisce per tutti.
Nel caso mio e di Giorgio sono venuta a sapere dopo due anni che il parroco ci aveva raccomandato ad una signora della nostra parrocchia che è immobile e che prega per tutte le persone
.In quel periodo abbiamo trovato una nuova forma di fede e non siamo stati preda della disperazione. C’era qualcuno che lavorava a nostra insaputa per noi. Lì ho cominciato a capire molte cose: siamo un corpo solo in un anima sola come dirà oggi la scrittura. Siamo una sola famiglia e anche se in quel momento i parenti più stretti erano affaccendati in altre cose e mio figlio non aveva avuto il tempo di pensare alla sua anima c’era comunque qualcuno che pregava per lui e per noi. Quindi era accompagnato e non solo da tutti i Santi che intercedono per noi presso il Signore ,ma anche dalle suore di clausura e da tutte le persone che pregano come tutti quelli che abbiamo ascoltato oggi nelle varie forme a loro più congeniali o dalle vecchiette che sgranano i rosari chiedendo a Maria la sua protezione ed intercessione. E volete che la Madonna non ascolti questo grido? Nell’ Ave Maria c’è questo affidamento : prega per noi e nell’ora della nostra morte . Ecco, dopo due anni, la sorella di questa persona vedendomi alla S. Messa per i poveri della parrocchia parlandomi mi disse: Vedo con piacere che lei non è disperata. Allora hanno avuto frutto tutte le preghiere che mia sorella ha recitato per lei per suo marito e per suo figlio. Grazie alla Madonna. Mi si sono aperti gli occhi. Da quel momento io non prego più solo per i miei cari o per i conoscenti ma anche per tutte le persone a cui l’ora è vicina ; accomuno i malati, quelli che muoiono per incidenti ecc.. Per questo nelle mie preghiere metto sempre dentro tutti ed in particolare modo i nostri figli, chiedendo aiuto allo Spirito santo che apra il cuore delle persone e che sostenga i genitori ed i parenti più stretti nella strada del dolore. Nel nostro quartiere e appena morta una ragazza per un incidente. Ho pregato molto con questa convinzione.
Un lungo applauso suggella l’intervento di Raimonda.
Don Giancarlo. Io vorrei come sintesi che affida a ciascuno di noi la possibilità di un lavoro che arricchisca la vita di una esperienza. Il lavoro che umanizza cos’è? E’ un modo di guardare e incanalare l’umano che allieta il cuore rendendo sempre più vero il nostro io, la nostra identità. Per fare in modo che questo lavoro possa continuare nelle prossime settimane su di sé per sé, che ci allieti, vorrei proporre quattro domande che sono emerse oggi dalle testimonianze ed in parte dalla lettura del testo che stiamo meditando. Preghiera, come consapevolezza di dipendenza.
1° Chi prega? Risposta. L’uomo in quanto uomo. Chi non prega è inumano o disumano. Perché la caratteristica della natura umana e non quello di tipo vegetale o minerale, che costituisce definisce la natura dell’uomo è la coscienza di essere fatto. Non di farsi lui. Ed è la coscienza in quanto fatto e continuamente rigenerato, ricuperato, riamato da un Altro, porta con sé la coscienza dell’appartenenza. A colui che ha fatto tutto. Al Creatore che per gli uomini è Dio e per noi cristiani è Padre ed ha fatto tutto. Dio è Provvidenza perché per noi ha sacrificato suo figlio. Perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. La natura dell’uomo è legame, desiderio, anelito all’Infinito. L’uomo è quella creatura che vibra in quella inquietudine gioiosa ma normalmente drammatica di non bastare a sé stessa, di non essere soddisfatta di ciò che è e di ciò che ha ,di ciò che gli è accaduto e di ciò che gli potrà accadere, per questo si affida. E’ dell’uomo in quanto creatura pregare perché non può staccarsi o non può non dipendere dal Creatore che l’ha fatta e che la ama. L’uomo non può fare a meno della suo origine e del suo destino. Pena il vanificarsi.
Purtroppo, oggi, la cultura vincente è il Nichilismo. Infatti l’uomo non è più niente. Ha voluto presuntuosamente di non dipendere e di non appartenere. Nella sua follia devastante si è aggrappato agli idoli che promettono e non mantengono. Alla fine cosa si è trovato fra le mani? Il Niente; non c’è più nulla per cui valga la pena di vivere. Nella mia esperienza di prete mi capita di parlare con un sacco di gente che ha alle spalle storie impressionanti di droga, di galera ecc. Per loro, la cosa impressionante che si scopre è, che vivere o non vivere è la stessa cosa. La risposta è dopo l’autodistruzione. Tanto sono costretto a morire e mi rimane poco tempo per cui non ne vale la pena. Si vive attraverso slogan del tipo: Meglio un giorno da leone che cento da pecora.
Uno prega non perché è religioso ma perché è uomo. Prega colui che ha la coscienza di essere uomo. La religiosità è dimensione costitutiva dell’umano e qualifica l’insieme di esigenze di significato, di giustizia e di amore scolpite nella natura umana che non trovano corrispondenza piena nella vita. Per questo l’uomo domanda. Poi appartiene ad una tradizione confessionale, come il cristiano troverà forme particolari di preghiera. Ma il punto sorgivo della preghiera è l’umano.
Quindi prega chi è uomo. Chi offusca la sua identità non prega più. Ha la presunzione di bastare a sé stesso o ritiene di essere stato trattato ingiustamente dal padre eterno e per questo fa il risentito. Tutto può essere giustificato da chi prede di vista la dipendenza strutturale di ogni creatura. Ma egli va contro Dio e contro sé stesso.
2°- Quando si prega? Le testimonianze ascoltate oggi hanno dato risposte diverse. Da noi emerge innanzitutto quella del dolore. Si prega nella speranza che il dolore che ci ha messo con le spalle al muro ci sia alleviato. E’ come se uno si trovasse su un ring per sostenere un combattimento di pugilato. L’avversario ti ha messo alle corde e tu incassi i colpi. Speri che il suono del gong ponga fine al calvario del match e che l’avversario abbia pietà di te. Anche nella vita capita e capisci che le tue forze da sole non bastano a vincere o a proseguire il match.
E’ la coscienza del limite che fa pregare. E’ la coscienza di un bisogno inappagato che fa pregare. E’ una relazione col Padre buono che provvede, salva e dona consolazione, conforto e aiuto.
In questi casi è il grido dell’uomo ferito che sale verso il Signore.
C’è però un’altra ragione per cui pregare. E’ la carica dell’amore. Quello che con semplicità è stato testimoniato in precedenza da Raimonda. L’applauso liberatorio finale dei presenti ne è la prova.
Riassumendo il suo intervento: Io prego per tutti. Nel mondo esistono oasi di preghiera dove le persone appartenenti a tutte le razze o l’età pregano per il loro prossimo. Sono gli ordini di clausura contemplativi o monastici che pregano per molte ore. Fanno da parafulmini agli eventi del mondo e spaziano in tutti i campi dove se ne sente il bisogno. Queste persone sono mosse dall’amore e dalla carità. Il loro motto è quello benedettino: ora et labora: offrire il lavoro, lavorare come espressione di preghiera e pregare come modalità di lavoro.
L’uomo prega il suo Dio in momenti e situazioni diverse. Di norma è più facile che succeda quando l’uomo è addolorato o oppresso dal limite. Capisce che non può essere Salvatore di sé stesso e si affida come un mendicante a Dio perché lo liberi da quella condizione.
Un’altra ragione per pregare è la considerazione del destino di un’altro. E’ il caso dei genitori per i figli. Quante volte nel segreto si affidano all’Angelo custode ed alla misericordia del Signore. Gli interessati non sempre lo capiscono perché sono distratti. Ma il cuore dei genitori sì.
3° Qual è il contenuto della preghiera? Venga il tuo regno.
Tu che sei la risposta a tutto il mio, manifestati. Quando il regno verrà si attuerà il disegno di Dio.
Sia fatta la tua volontà. La volontà di Dio è amore salvifico all’uomo.
A questo proposito vi leggo l’ augurio di Don Giussani ai convenuti per gli Esercizi spirituali a Rimini.
Dico solo che c’è una cosa che non può sfuggire: bisogna pregare, scongiurare Colui al quale apparteniamo perché non siamo chiamati invano. Ciò che definisce l’io di fronte a tutti gli atteggiamenti umani è proprio una coscienza, è il rapporto con l’infinito. L’uomo è caratterizzato da questa dimensione paradossale, tra il pochissimo- il fusibile- che si è, la sua pochezza, e il rapporto costitutivo che è il rapporto con Dio.
Voglio dire , semplicemente, preghiamo, perché questo si può fare facendo tutto, è un’intenzione, è come in una giornata piovosa il sole che sfonda le nubi e getta luce su quello che facciamo.
Ho scoperto in questi tempi con cuore commosso, la formula giaculatoria più completa della vita cristiana: Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam. Ripetete questa formula tutti i giorni, tutte le ore, quando il Signore ve ne fa ricordare, è un momento in cui tutto si ricollega e si riconquista, tutto diventa una cosa sola.
Dio è lo Spirito, lo Spirito è Dio, cui apparteniamo: lo Spirito porta la coscienza e, se è bene applicata, l’uomo capisce che appartiene ad un Altro, appartiene ad una Presenza, misteriosa.
Vieni Santo Spirito in ogni direzione, in ogni mio momento
Veni per Mariam, attraverso il tocco potente della Madonna..
Sono contento di avervi fatto questo richiamo a questa giaculatoria: essa costituisce un appoggio psicologicamente chiaro, perché innervato di radici.
Vi auguro che questa giaculatoria, questo impeto di sensibilità e di semplicità trovi nel vostro cuore continuamente spazio per essere richiamato. Una realtà umana da imitare secondo l’ordine per cui siamo fatti: questo è il destino, ciò che ci manca tante volte. Dio non può cessare un istante di essere la sorgente del nostro compimento. Grazie
Vi invito ad approfondire il testo a pag. 143- Cap. 4
Potrei dire che il vero contenuto della preghiera è la vita rammentando però aklcune riflrssioni particolari:
1°- La preghiera come domanda. Signore, guarda giù. Signore, abbi pietà di me.
2°- La preghiera come un grazie. Perché il grido dell’uomo è stato accolto, è stato udito.
3°- La preghiera come adorazione. L’uomo percepisce il limite, il proprio nulla e si affida al tutto Tu, o Dio, sei così potente, così vero, così buono, così grande, così infinito, da rimanere estasiato davanti a Te e Ti contemplo. Fammi percepire i segni attraverso i quali tu irraggi e diffondi il tuo amore.
Le forme della preghiera quali sono? Ne sono state citate tante: Il Rosario, le preghiere rituali e ripetitive, l’ascolto del Vangelo, alla liturgia ufficiale della Chiesa ecc.
Però le formule sono molte. L’importante è essere consapevoli che la preghiera è rapporto con, coscienza di essere davanti a. E’ gioia di appartenere e di essere condotti per mano. Allora va bene.
Sapete come pregava S. Filippo Neri? Lui siccome facilmente andava in estasi e si sollevava perfino da terra. Rimaneva in questa situazione per ore. Dal momento che era così preso che gli restava poco tempo per accudire gli ammalati si metteva a fischiettare.
Le forme? Quelle che uno si sente. La Chiesa ne ha privilegiate alcune ma non ha mai messo veti a nessuno. Basta che siano espressioni di questa dipendenza e di appartenenza filiale e amorosa. Da questo punto di vista, come ci dice il testo: e’ giusto che sia preso il pensiero, il cuore e l’azione. Meditazio, contemplazio, actzio.
C’è anche una preghiera di riflessione: Ascolti qualcuno e rifletti su quelle parole. Fai riposare lo sguardo su quell’immagine. Ti lasci ravvivare nel cuore dalla eco di quanto hai visto o hai sentito. E’ la Meditazio.
E poi la contemplazio: il Mistero. Il Tutto davanti al quale ti trovi, magari partendo da un particolare. Il valore ed il significato del particolare non sta nel particolare ma in quello a cui ti rimanda.
E poi l’actzio. Il lavoro vissuto come opera che vuol rendere visibile e incontrabile Cristo e il suo amore salvifico.
Lavoriamo su queste indicazioni, imparando a pregare.
Giorgio Targa (Milano): Vi ricordo alcuni avvisi importanti. Il primo si riferisce al nostro pellegrinaggio conclusivo al Sacro Monte, domenica 24/6. Una S: Messa sarà dedicata a tutti i nostri figli e soprattutto a quelli i cui anniversari cadranno nei mesi di luglio, agosto e settembre.
La cena conviviale chiuderà l’anno. A tutti buone vacanze.
Il secondo si riferisce alla Giornata Nazionale a Rimini, il 24/8 (venerdì) dove incontreremo anche le altre famiglie che ci seguono dalle altre parti d’Italia.
Vi raccomando una viva partecipazione a questi due importantissimi momenti del nostro cammino. Le adesioni possono essere date agli amici della fraternità di riferimento della fraternità.