Milano, 20 marzo 2011
IL MALE HA UNA SOLUZIONE?
Noi cristiani non ci disperiamo di fronte alle ferite o ai colpi di coda del maligno, del male colpevole o non colpevole, perché c’è Gesù Cristo.
NATALE (Usmate): La missione di Famiglie in Cammino ci porta ad essere più attenti, più vicini gli uni agli altri. Il fatto di incontrarci e di stare insieme avvantaggia innanzitutto il nostro cuore. Ed è per questo che ci siamo dati anche un lavoro. Apriamo quindi il nostro cuore confrontandoci anche su quanto riporta il nostro libretto “Vivere è la memoria di me” ai punti 6 e 7.
DON GIANCARLO: Lo stile che stiamo imparando è quello di portare fra di noi fatti di vita o esperienze già inizialmente giudicate dalla sensibilità che definisce e muove la coscienza e il cuore di ciascuno . Questo è il vero aiuto che ci diamo.
Se all’interno del nostro ritrovarci non tutto viene avvallato, perché l’iniziale giudizio che il singolo ha comunicato ad altri può suscitare il dubbio in qualcuno, una ripresa del fatto, un approfondimento al giudizio o una rettifica ci possono aprire ad una lettura di sé e dei fatti di vita più completa. Il giudizio è il distintivo dell’adulto, mentre la reattività emotiva o emozionale è il distintivo dell’adolescente anche se ha settanta anni, perché tali si può rimanere se ci si ferma alla pura reattività emotiva. Occorre invece maturare un giudizio come presa di posizione ideale che si cerca di vivere attraverso un paragone continuo con i fatti della vita, un giudizio che arricchisce la vita e la rende più vera, più personalizzata. Così si diventa meno esposti alle chiacchiere dei giornali e alle loro interpretazioni.
GABRIELLA (Gallarate): Rifacendomi a quanto don Giancarlo nell’omelia ha detto sulla Quaresima, mi viene in mente quanto ho vissuto durante questa settimana all’interno della mia famiglia. Di fronte al digiuno che la Chiesa in questo periodo di penitenza raccomanda, ritengo che sia giusto spiegare a mio nipote quanto il papà ha fatto rispondendo alla raccomandazione della Chiesa. E’ giusto che, sull’esempio del padre, impari a saper rinunciare a qualcosa.
DON GIANCARLO: Ti ringrazio, perché quanto dici è una esemplificazione di quanto stavamo affermando: fin quando un segno, un fatto, un dato come questo non è giudicato, lascia indifferenti perché sottintende mille interpretazioni. Se invece uno lo motiva e lo spiega, introduce un giudizio qualificante: apre al discernimento, alla valutazione culturale, al vaglio fra il vero e il meno vero. Il giudizio chiama in causa qualsiasi fatto e il cuore del singolo che lo paragona su di sé. Il digiuno effettuato al primo Venerdì di Quaresima - è quanto ho dovuto spiegare ai miei ragazzi dell’Oratorio meravigliati del fatto che io non mangiassi alla loro cena - non è inappetenza, ma è la scelta libera di una mortificazione. La parola mortificazione - non dimenticatela mai nella sua etimologia “mortem facere” - è l’accettare, l’introdurre momentaneamente un morire, cioè il far venir meno un qualcosa che vitalmente piace, per uno scopo: l’amore di Cristo per condividere quello che Lui ha vissuto nel periodo che noi chiamiamo Quaresima, digiunando parecchie ore. Il digiuno mi ha reso più facile l’esperienza della memoria e della comunione con il Padre. D’altra parte il diavolo, il padre della menzogna, di fronte al digiuno di Gesù ha cercato di tentarlo; la risposta di Gesù è stata a sua volta perentoria: “non di solo pane vive l’uomo”, ma della parola di verità che esce dal cuore di colui che è amore e verità.
NAZARENO (Tradate): Leggendo alcune pagine del libretto “Vivere è la memoria di Me “, da pag. 44 a pag. 50, ho potuto meditare sul fatto che Cristo è presente in noi e per noi, per liberarci della nostra sofferenza. Gesù ha preso su di sé il nostro dolore ed è per questo che noi dobbiamo affidarci a Lui, anche se a volte non lo comprendiamo. Per comprendere quanto Lui ha compiuto e continua a fare per noi, è necessaria la preghiera fatta con il cuore . “Se in te predomina la ricerca del vero tu scoprirai il vero”: dobbiamo fare giorno dopo giorno con grande umiltà l’esame di coscienza. Solo così vedremo la Sua Luce: se cammineremo con Cristo, anche quando nella fatica e nello sconforto appaiono più le tenebre che la luce di Dio, riusciremo a vedere la vera Luce. Con questo modo di agire possiamo portare speranza nel mondo e questo ci permetterà di correggere anche i nostri errori. Il vivere meccanicamente la nostra appartenenza a Cristo molto spesso ci porta a dare per scontato atteggiamenti che in sé sono molto profondi, come l’andare a Messa, il recitare le preghiere. Dovremmo invece fare come Maria, la sorella di Marta, la quale ha scelto la parte migliore, sedendosi ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola. Dobbiamo restare aggrappati a Cristo sia da soli che insieme agli altri, per dare testimonianza perché Lui è la verità e la vita. Se noi accettiamo di convertirci, possiamo diventare un bene per gli altri, per la Chiesa e la società. E’Cristo che dobbiamo contemplare. Davanti a Lui trovo tanta gioia che non so come descriverla; anzi direi quasi quasi che con Lui davanti assaporiamo, già fin d’ora sulla terra, la felicità eterna. E’ una cosa che sento nel cuore.
DON GIANCARLO: Nazareno è ricco di quella semplicità e povertà di spirito che Gesù ha espresso con l’indicazione “Se non diventerete come bambini , non entrerete nel Regno dei Cieli”. Grazie Nazareno per la tua testimonianza.
ROBERTO: Le parole pronunciate da Nazareno sono un’eccezione. Secondo me bisogna capire la luce del Signore guardando dentro a noi stessi e ponendoci dei quesiti per i quali non tutti trovano una risposta. Stiamo tutti soffrendo e pregando per le varie situazioni di male e di sofferenza che accadono nel mondo. E’ necessario che le persone, che hanno la responsabilità della vita di molti altri, sappiano interrogarsi di fronte alla luce del Signore. Se capissero il dolore che gli innocenti, a cominciare dai bambini, stanno provando, forse si interrogherebbero per non creare certe situazioni! Mi domando perché la luce del Signore non riesca ad entrare nelle tragedie umane, per far riflettere quanti ne sono la causa. Vorrei che qualcuno, con i mezzi di informazione, possa espandere questa luce, per cercare di evitare tanto dolore!
DON GIANCARLO: Questa è la grossa questione che dopo il peccato originale ha caratterizzato tutta la storia e la caratterizzerà sino alla fine dell’umanità. L’esistenza del male è l’esistenza del dolore che è una, non l’unica, delle forme di male. E’ solvibile il male? il male ha una soluzione? Fuori dal cristianesimo questi perché e le corrispondenti risposte non hanno trovato ancora appigli sufficientemente ragionevoli e credibili; non c’è soluzione fuori dal mondo cristiano. Di fronte al terremoto e allo tsunami che in Giappone hanno avuto catastrofiche conseguenze, anche di carattere nucleare, al giornalista che poneva all’arcivescovo di Nagasaki questa domanda con due sfumature: “Ce la faranno ad uscire da questa tragedia?”; “Secondo lei dove possono attingere la risorsa della speranza , che è indispensabile per risalire dagli abissi quando tutto è crollato almeno in certe zone?”, l’arcivescovo ha risposto così: "Io non so dove i giapponesi possano attingere la forza, perché c i sono in atto due sintomi preoccupanti; il primo è che la religione tradizionale è snobbata, non ci crede più nessuno: lo scintoismo ha come connotazione il panteismo, cioè che il mistero, il divino presente dappertutto e che coincide con tutta la realtà, con tutta la natura. E’ per questo che i giapponesi hanno sempre avuto un occhio di riguardo quasi sacrale nei confronti della natura, perché nella natura c’è Dio. Secondo. Sta avanzando come da voi in Occidente il peggio. Sono sempre meno le persone che credono in Dio e con il venir meno di queste due risorse, la tradizione e la religiosità naturale, il crollo di questi due punti sorgivi rende i giapponesi incapaci di dare una risposta, di trovare un aiuto valido che li sostenga in questa emergenza drammaticissima”. “ D’altro canto – affermava lo stesso arcivescovo - noi cristiani siamo diversi. Sappiamo per chi ci stiamo sacrificando e impegnando, anche con la Caritas”. La Caritas giapponese è il più grande ente che esiste in Giappone nell’ambito dell’iniziativa privata sul fronte della solidarietà, anche se non può presentarsi come cristiana: è proibito dalla legge perché la laicità dello Stato permette la libertà religiosa, ma in campo sociale non permette che si esplicitino le identità e le ragioni che portano certi corpi intermedi ad agire e a intervenire. Al massimo è accettata la linea della filantropia, perché la parola filantropia non implica nessun riferimento di tipo confessionale.
Un altro articolo, che mi è capitato fra le mani dopo che il Papa nell’Angelus di domenica 6 marzo ha parlato del ministro pakistano Shahbaz Bhatti assassinato perché cattolico, conferma il valore dell’essere cristiano. Dal 2008 questo ministro stava portando in Parlamento la legge contro la blasfemia, che è una delle arroganze e delle violenze terroristiche fra le più diffuse nel mondo islamico dove si è imposta la sharia. In un’intervista di tre anni fa, che aveva rilasciato a Venezia, aveva affermato di non essersi sposato per poter servire il bene comune del suo popolo, senza compromettere la famiglia. Considerava la politica come servizio di amore alla verità; assicurava che non lo spaventava il fatto di poter essere ammazzato, ma diceva: “Sappiano tutti che io voglio far capire che, con il mio agire e con le mie espressioni, io vivo per Gesù e voglio assomigliare a Lui.
Queste due interviste, all’arcivescovo di Nagasaki e al ministro pakistano Bhatti, ci fanno vedere che nel mondo e nella società ci sono dei testimoni di Cristo che servono i fratelli nella verità e nella carità. Magari non fanno notizia sulle prime pagine dei giornali, ma ci sono e vivono e condividono l’esperienza del dolore e le conseguenze della malvagità umana. Tu, Roberto, hai toccato il dolore degli innocenti, dei bambini, e anche il dolore provocato dalla cattiveria degli uomini. C’è pure un dolore che non è causato dalla cattiveria: quello provocato dalle catastrofi naturali. In tanti casi non sono attribuibili alla malizia umana, son dentro lo sconvolgimento che il cosmo ha avuto in conseguenza del peccato originale e, se vuoi una risposta, vai a meditare il capitolo ottavo della Lettera di San Paolo ai Romani, il capitolo primo e secondo del Libro della Sapienza e anche il capitolo primo della Lettera ai Romani, dove c’è una fotografia delle ragioni per cui il male è entrato nel mondo e dove è indicata la strada non per eliminarlo ma per imparare a convivere con esso da vincenti, vale a dire da uomini liberi e non da uomini sottomessi o sfracellati.
Noi cristiani non ci disperiamo di fronte alle ferite o ai colpi di coda del maligno, del male colpevole o non colpevole, perché c’è Gesù Cristo.
Con Gesù si ha il rovesciamento di prospettiva e la soluzione: egli si è fatto carico di tutto il male. Non ha fatto il filosofo che tratta del male come nel caso di Budda; Gesù si è steso sulla croce. E’ ben diverso il cristianesimo rispetto al buddismo. Nell’imbattersi in alcuni lebbrosi Budda è rifuggito nel suo eremo, dove ha cominciato a filosofare sul perché c’è il dolore e la sofferenza , dando questa soluzione: estirpare dall’io ogni emozione, estirpare dal cuore ogni emozione, ogni sentimento, ogni reazione per arrivare all’atarassia. Gesù invece si è infilato dentro al dolore dell’uomo: ha percorso le strade in mezzo agli ammalati, che gli sbarravano il cammino, fossero ciechi, lebbrosi, assatanati, peccatori, prostitute, ipocriti. Lui ha patito con il suo amore: la sua è una scelta di compassione che non è la commiserazione, ma è il condividere facendosi carico immergendosi nell’umano. Ha dato la fiducia a Giuda che lo avrebbe tradito; lo ha affrontato nel Getsemani guardandolo negli occhi e chiamandolo amico. Pietro a sua volta, che pure lo ha rinnegato ma che, contrariamente a Giuda, si è lasciato ferire dall’amore di Cristo, ha sperimentato lo spessore del perdono e della misericordia, che lo ha fatto rinascere. Ecco, Cristo si è fatto carico di tutto il male riscattandolo, purificandolo con la vita e con il suo sangue. Con Lui si diventa capaci di affrontare e di stare davanti o dentro a tutto, con la speranza. Noi siamo chiamati a stare alla scuola di Cristo e, per quello che riusciamo, a diventare testimoni di questa novità e di questa rivoluzione nel mondo. Questa mattina ho incontrato una mamma che ha perso un figlio e che soffre molto anche per altre vicissitudini: questa mamma ha voluto dirmi di essere rimasta commossa per aver incontrato voi di Famiglie in Cammino: “ Ho visto in voi – mi ha detto - un cuore che io non ho ancora; a me piacerebbe vivere con il cuore che avete voi!”. Non sempre noi siamo limpidi o trasparenti, molti sono ancora in crisi. Ma la trasfigurazione che è avvenuta in tanti di noi è una stella che illumina, è la voce della speranza che comunica ancora speranza.
GIUSEPPE : Mi ha colpito ieri la lettura presente nella Messa in onore di San Giuseppe. Maria e Giuseppe non hanno fatto cose grandiose, ma con il loro comportamento e la loro presenza hanno illuminato il senso della vita per tutti noi. Non devi fare cose grandi per cambiare il mondo: basta essere un po’ lineari, che è la cosa più logica.
DON GIANCARLO: San Giuseppe è uno che ha obbedito e basta; si è accorto che obbedendo per amore sarebbe stato veramente libero. Il segreto della libertà è appartenere a un altro che ti plasma, potenzia, tonifica. Un brano sul nostro libretto “Vivere è la memoria di me” a pagina 49 dice: “Senza la contemporaneità di Cristo non c’è una speranza che sostenga la vita. La speranza deve essere poggiata su un fatto presente. Qual è il fatto presente che possa diventare criterio di giudizio e fonte di sicurezza? E’ Cristo, Cristo nostra speranza, cioè presente, cioè la Chiesa, cioè la compagnia nostra in quanto la nostra compagnia è il nostro modo di partecipare e vivere la Chiesa ed è il segno della presenza di Cristo, qui e ora. Questo è il fatto che permette di affrontare tutto, di giudicare e affrontare tutto, anche il male”.
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