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Incontro del 18 Aprile 2010

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Uniti al Papa nella difesa della Chiesa

 

 Quello che lui dice e vive deve diventare sguardo nostro, criterio di approccio e posizione umana.

 

Natale (Usmate):   Iniziamo il nostro incontro riprendendo il testo di Giuseppe Lepori  “Fu invitato anche Gesù” con il capitolo “Il dono fino al perdono”, che oggi don Giancarlo introdurrà. Le parole di don Giancarlo durante l’omelia ci hanno ricordato il dolore del Santo Padre e ciò che sta vivendo in questo periodo, in cui la Chiesa, e perfino la sua persona, è fatta ingiustamente oggetto di attacchi e di calunnie in merito allo scandalo pedofilo, che ha interessato solo alcuni specifici casi di sacerdoti e religiosi, che hanno tradito la loro missione. Cosa  pensiamo di questo momento? Qual è la nostra reazione rispetto a questo duro attacco nei confronti del Santo Padre?

 

Don Giancarlo:  Non abbiamo niente da raccontarci, da mettere in comune?

 

Matteo (Busto Arsizio):  Tutte le parrocchie sono state invitate a pregare per il Santo Padre e la Chiesa.

 

Mariarosa (Milano):  Ho avuto modo di trattare con altre persone di questo duro attacco al Papa e alla Chiesa. Alcune di loro, pur non frequentando la Chiesa, non davano giudizi negativi,  non conoscendo bene il problema: per questo le abbiamo ammirate. Ma abbiamo trovato anche chi esprimeva un giudizio molto negativo, nei confronti del quale le nostre motivazioni in difesa della Chiesa sono apparse deboli.

 

Don Giancarlo:  Dobbiamo educarci  a prendere posizione,  a farci un giudizio culturale e morale dentro un metodo che non è quello sociologico, ideologico, reattivo e istintivo, ma è quello che nasce dalla Fede: dall’avere incontrato Cristo luce del mondo, Salvatore di tutte le sporcizie e di tutte le contraddizioni di cui siamo capaci. Tu cosa hai portato di tuo?

 

Mariarosa (Milano):  Ho portato la mia esperienza prima di tutto di grande tristezza per questa situazione e ho cercato di difendere la Chiesa e quello che ci trasmette. Se poi qualcuno ha fatto qualche cosa di gravemente disdicevole, non spetta  a me giudicare; però già per aver affrontato il problema con altre persone,  mi è sembrato di portare una testimonianza.  Come vivo questa tristezza e questo dolore? Cosa posso fare? Prego e poi non lo so…

 

Don Giancarlo:  Una cosa ho suggerito nell’omelia,  da applicare per imparare: guardare il Papa e come sta vivendo lui questo dramma. Quello che lui dice e vive deve diventare sguardo nostro, criterio di approccio e posizione umana. Hai letto la lettera pastorale del Papa ai cattolici d’Irlanda su questo argomento? Cosa vogliamo sostenere, se neanche ci siamo preoccupati di leggere, conoscere il giudizio della Chiesa sulla pedofilia?

 

Marisa (Busto Arsizio):  Di fronte a questi problemi c’è un grande dispiacere;  purtroppo questi avvenimenti sono accaduti: preti e suore sono uomini e donne e come tutti noi possono sbagliare.

Quello che invece mi fa sempre riflettere è il fatto che devo stare molto attenta a non correre dietro a quello che i giornali dicono, a essere molto attenta a non seguire il superficiale andazzo  comune.

Saranno la giustizia umana e la giustizia divina a decidere se chi è accusato di pedofilia sia o non sia colpevole.

 

Don Giancarlo:  Avvenimenti specifici  ci sono stati e sono già stati condannati, ma non hanno il volume quantitativo con cui i media hanno cercato e cercano di screditare la Chiesa. Questa è una falsità!

 

Marisa (Busto Arsizio):  Non dobbiamo lasciarci coinvolgere da questa falsità: la Chiesa è una cosa  ben più grande! Ho avuto modo di conoscere il caso di un sacerdote, attualmente in carcere perchè accusato di molestie nei confronti di una ragazza definita psicolabile. Di fronte alle accuse questo sacerdote scrive: “Non è successo niente, io so di essere innocente; pregate per me e per la Chiesa. Stare qui in carcere è duro e non so quando mi daranno la possibilità di potermi difendere, però pregate.” Chiedo a tutti voi di pregare per questo sacerdote.

Al di là di questo caso, che comunque merita la nostra attenzione, io dico che accusare tutti i sacerdoti e tutta la Chiesa di corruzione è come dire che se un padre si macchia di questo crimine, tutti i padri sono da accusare. Stiamo attenti! Oggi si cerca di distruggere  quello in cui crediamo. La Chiesa è veramente una grande spina nel fianco del “mondo”, intendendo per esso il luogo del male; la Chiesa ha dato princìpi grandi, un grande respiro che  il mondo non vuole.

 

Don Giancarlo:  Se vi può essere di conforto, di  fronte alla domanda di Feltri apparsa sul “Giornale”, di cui è direttore: “Mandate ancora i figli in oratorio dopo quello che è accaduto?”, nelle nostre parrocchie, abituate da secoli ad avere il prete dell’oratorio, non c’è nessuno che abbia fatto marcia indietro o abbia messo in dubbio la dedizione con cui generazioni e generazioni di preti hanno testimoniato cos’è l’amore all’altro e lo spendersi per un accompagnamento educativo, per una semina legata alla libertà del singolo.  C’è un sentire del popolo cristiano che è sano! La nostra gente è ancora sana. Fatti riprovevoli legati alla pedofilia sono accaduti da sempre, ma  dentro la Chiesa sono  percentualmente inferiori  rispetto a  quanto avviene tra persone sposate o in preti sposati, come nel caso della Chiesa Anglicana. C’è un attacco frontale alla Chiesa cattolica sul problema della pedofilia, come già lo è stato ai tempi del nazismo, allorquando Hitler, dopo l’uscita nel 1937 dell’enciclica di Pio XI contro il nazismo, “Mit brennender Sorge” (“Con viva preoccupazione”), scatenò un violento attacco alla Chiesa con l’obiettivo di screditarla, accusando il clero di pedofilia. Ieri come oggi, 70 anni fa! Accuse fortunatamente in gran parte dimostratesi infondate, per l’intervento di un alto gerarca nazista, che non aveva dimenticato le sue origini cattoliche e che segretamente, come ricorda Avvenire, inviò negli Stati Uniti il materiale raccolto per fomentare la diabolica strategia del discredito, svelandone la falsità.

 

Carla (Milano):   Voglio ricordare una cosa semplicissima: tutto il bene che abbiamo ricevuto dai sacerdoti e dai religiosi/e.  Io ho frequentato una scuola cattolica gestita dalle suore salesiane di don Bosco, che per me sono state delle seconde madri!

 

 Anna (Busto Arsizio): L’atteggiamento vero, umile di Benedetto XVI ricorda quello di Giovanni Paolo II nei confronti di altre gravi colpe di cui la Chiesa con la sua umanità si è macchiata nel corso della storia, colpe di cui Giovanni Paolo II non ha mancato di chiedere perdono. Ciò che mi colpisce di Benedetto XVI  è la sua disponibilità, al di là delle generalizzazioni e delle calunnie con cui la Chiesa è stata colpita, a riconoscere il male che è stato compiuto e a chiedere umilmente perdono, con un forte invito a un rinnovamento spirituale della Chiesa, che coinvolga tutti, laici e non. Dobbiamo anche noi essere pronti, come ci ricordava don Giancarlo, a riconoscere la presenza viva di Gesù nella Chiesa e quindi una realtà assolutamente salvata e fonte di salvezza per  il mondo.

 

Don Giancarlo: La Chiesa sta vivendo un momento particolarmente duro di persecuzione che si identifica non solo nell’eccidio di tanti cristiani innocenti -  ricordiamoci che la Chiesa è perseguitata anche in questo modo -, ma soprattutto nell’accanimento inaudito contro la sacralità di essa, che è santa non per gli uomini che la rappresentano, ma per la santità stessa di Cristo che l’ha fondata.

Se alcuni uomini di Chiesa hanno sbagliato, io ritengo sia giusto che vengano condannati e che paghino per le loro colpe; ma ricordiamoci una cosa importantissima:  il sacerdote va difeso perché è il dono più grande che Gesù ha fatto alla Sua Chiesa, perché senza il sacerdote non sarebbe possibile il memoriale della Passione di Cristo che ogni giorno si celebra sui nostri altari.

Senza i sacerdoti non avremmo l’Eucaristia. Il sacerdozio è veramente il fondamento della Chiesa Cattolica.

E non solo dell’Eucaristia. Provate a pensare alla Confessione, il Sacramento della Misericordia: è il sacerdote che diventa il tramite di quell’Amore, di quell’abbraccio divino che noi conosciamo con il termine Misericordia.

Se prendete  a pag.  60 il libro di Lepori “Fu invitato anche Gesù”, abbiamo la possibilità di vivere anche un collegamento fra ciò che è incominciato a emergere nei nostri contributi e il retroterra culturale che qualifica l’evento cristiano.

“Nell’incontro con Cristo – scrive Lepori - diventa visibile e percepibile l’origine della nostra vita, l’origine eterna e totalmente gratuita della vita: la misericordia divina”.

E’ Cristo che ce l’ha svelata: ce l’ha fatta conoscere parlando del Padre Suo, che poi, come ci ha detto, “è anche il Padre vostro:  un Padre che è Amore”.  E questo Amore è condiscendenza,  è liberalità e libertà capace di “svuotamento di sé”, di dono di sé fino all’accettazione di farsi maledire, di diventare maledizione per riscattare la bestialità dell’uomo.

Cos’è questa Misericordia di Dio? “E’ un flusso – risponde Lepori -  che straripa dall’Amore trinitario per investirci, per inondarci di un Amore che ci tocca fino al cuore”. “Non piangere!” disse Gesù alla vedova di Naim.

Ma come si fa a dire a una mamma di non piangere quando sta accompagnando il suo unico ragazzo al cimitero?

“Dal Cuore di Cristo – continua Lepori - esce un amore che raggiunge il cuore ferito e disperato della donna, fonte amara delle sue lacrime. Così, questa donna non scopre soltanto che la gratuità è all’origine della vita del figlio, ma anche che è origine della sua vita, del suo cuore. Nell’incontro con Gesù Cristo si rivela che ogni vita è sempre originata dalla misericordia di Dio”.

Cioè da quell’amore così misericordioso da diventare creativo. Il vertice della potenza dell’amore è la creatività; è la misericordia che va oltre il perdono di una volta:  è il perdono perenne dell’evangelico 70 volte 7. Un Amore la cui misura è di non avere più misure, non più soglie invalicabili.

“La gioia del Vangelo – fa notare Lepori sempre a pag. 60 -  è spesso presentata là dove si fa l’esperienza della misericordia di Dio come sorgente della vita. Quando Elisabetta  partorisce Giovanni  Battista, Luca commenta: i vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei  (Lc 1, 58)”.

Di fronte a questo amore, che è misericordia, emergono segni che sopravanzano la nostra fantasia o il cosiddetto buon senso della società che si meraviglia o si mostra contraria al fatto che un condannato (ricordate la “Uno bianca”?) chieda nel giorno del Venerdì Santo di poter entrare in una chiesa per confessarsi o come  nel caso di madre Teresa di Calcutta che viveva  ordinariamente quello che per noi è lo straordinario: solo vedendola comparire o sentendola parlare, si era là con occhi sgranati e bocca spalancata. Stupiti!

“E nella parabola del figlio prodigo – scrive ancora Lepori a pag. 60 - , il ritorno alla vita del figlio che il padre mette in evidenza è il frutto  dell’abbraccio del padre che riaccoglie il figlio: - Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato! (Lc 15, 23-24) -. Ma la reazione del figlio maggiore della parabola ci mostra che a questa gioia ci si deve convertire”.

Chi è ancorato nel pregiudizio sociologico e ideologico non è più capace di gioire. E’ capace di reagire su quello è accaduto, ad esempio, qui a Milano in viale Padova; ma intanto si è creato un clima che tende a considerare lo straniero come un potenziale nemico. Dobbiamo invece guardare la realtà a partire da Cristo e giudicarla secondo la sua ottica, secondo la sua misura, secondo il suo cuore!

“Il figlio maggiore, infatti - continua Lepori -, ribellandosi alla festa della misericordia del padre verso il fratello peccatore mostra che lui per primo non è ancora entrato nella vita che solo la misericordia può generare. Lui parla di interessi, di eredità, di capretti, di dovere assoluto. Nulla è gratuito nelle sue parole, nulla è mai stato gratuito nella sua vita. Allora il padre lo richiama ad una conversione del suo sguardo su di sé, sul fratello e sul padre stesso: - Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15, 31-32). Per convertirsi all’accoglienza della vita è necessario convertirsi alla misericordia del Padre”.

Tutte le volte, nei Vangeli, che compare il termine misericordia nell’esperienza, lì viene citata l’atmosfera di festa delle nozze di Cana che si ripete.

Andando a pag. 72-73 del libro “Fu invitato anche Gesù” (così facciamo meditazione sul testo),  emerge una domanda: “Come si coltiva e si vive il perdono?  Se leggiamo i brani in cui San Paolo tratta della vita domestica, del rapporto tra marito e moglie, tra genitori e figli, ecc., si vede – risponde Lepori -che ciò a cui è rimandata ogni esigenza morale di perdono, di obbedienza, di rispetto, di servizio, di sottomissione, è la presenza del Signore. Di per sé le esigenze che elenca Paolo non sono molto originali rispetto alla morale giudaica, e in fondo neanche rispetto alla morale pagana. Ma tutto è come immerso ‘nel Signore’, il tutto è situato dentro il rapporto con Cristo. Ed è qui tutta la novità, una novità che è rivoluzionaria perché tutta la morale, tutta l’esigenza  morale, tutto lo sforzo da fare, tutto quello che si deve sopportare, tutto passa dalla legge alla relazione, dall’esigenza morale al rapporto con Cristo presente”.

Ricordate la frase di Paolo: “Mogli; state sottomesse ai vostri mariti”?  I maschilisti ne ben contenti , ma dimenticano ciò che viene dopo: “Mogli, state sottomesse al marito come al Signore” e viceversa: “Mariti, amate le vostre mogli come il vostro corpo!”

Questo è il grande mistero, la grande rivoluzione portata dal cristianesimo, da Cristo.

Chi parte da Cristo arriva a vedere cose mai viste, arriva a pensare possibilità mai immaginate, arriva a vivere l’impossibile. Per la grazia che vi  è data.

Perché il cristianesimo non è sforzo di mettere in pratica i contenuti della morale cattolica. Povero è quel cattolico che vive così, perché vivrà logorato per tutta l’esistenza, vivrà insoddisfatto e frustrato per tutta la sua vita, perché non ce la farà mai, mai e poi mai!

Invece il cristiano arriva a vivere l’impossibile che la sua ragione non aveva mai pensato e che la sua incoerenza morale escludeva  dall’ambito delle sue possibilità, perché il cristianesimo è grazia cioè è azione di Cristo, che è Dio, un’azione che rigenera dalla testa al cuore, ai costumi.

Allora persino chi si è macchiato di molti delitti può a un certo punto rinascere, quando in carcere ha fatto l’incontro con dei cristiani che gli hanno fatto balenare davanti la misericordia di Dio.

La rivoluzione del cristianesimo è questa; non è quella che molti di noi hanno respirato nell’untume del moralismo, nelle regole da subire e rispettare, con gli sforzi giganteschi che toglievano la capacità di gustare e di gioire per il bello e per il vero,  indipendentemente dal fatto di non saperlo vivere in purezza.

Fa un’impressione nuova, suggestiva anche su di noi, l’imbatterci o il sentire parlare di quel buon pastore che non è una metafora, ma è la presenza di Gesù  che opera attraverso l’umano dei rigenerati  da Lui e in particolare tramite certi uomini, i sacerdoti, che non sono migliori di altri, ma - per chissà quale altro motivo - sono stati scelti  e incaricati da Dio misericordioso di essere distributori, indipendentemente dai loro meriti o demeriti,  di questa Misericordia.

 

Don Giancarlo continua leggendo il testo “Fu invitato anche Gesù” a pp. 73-74, pagine che trattano del perdono cristiano quale “volto delle relazioni umane vissute a partire dall’avvenimento di Cristo crocifisso e risorto”.

Termina con l’invito ad assimilare i contenuti della scuola di Cristo, che la testimonianza di padre Mauro Lepori evidenzia in questo libro, per diventare testimoni, dispensatori di una logica diversa da quella del mondo.

 

 

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