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Ottobre: Incontro mensile

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Assemblea di ottobre


Natale Colombo (Usmate). Riprendiamo il nostro incontro salutando chi è tra noi per la prima volta. Oggi vogliamo riflettere sul messaggio di Benedetto XVI al mondo del volontariato che riguarda anche noi in quanto tentiamo di essere vicini alle persone che vivono la nostra condizione o che, mossi dall’esperienza del cambiamento, offrono il loro tempo in varie opere.

Valentina. Ho accompagnato oggi la mia amica Edda che, un anno fa, ha perso la figlia Gabriella per un tumore alla testa. Gabriella ha lasciato una bambina di otto anni. Il 20 ottobre era il primo anniversario della sua morte. Io, in quel giorno, sono andata in chiesa per una Messa in suffragio di mia cugina e ho saputo che al mattino era stato celebrato il funerale di questa giovane mamma. Dopo la Messa mi sono fermata davanti al Crocifisso chiedendogli di poter incontrare la mamma di quella ragazza.


Dopo un mese e mezzo siamo stati invitati ad un pranzo in Valtellina. Eravamo in duecento. Sedendoci al tavolo ci siamo trovati vicini una coppia che non conoscevamo e che, a un certo punto della conversazione, ci ha chiesto se avevamo dei figli. Io ho parlato di mio figlio che è in cielo. Lei di una sua cara amica che aveva perso la figlia. Si trattava di Edda che desideravo tanto incontrare e che, oggi, è qui.
E’ proprio vero che il Signore ci ascolta. Per me quest’incontro ha del miracoloso.

Nazareno Pulitano (Tradate). Anch’io ho perso mia figlia il 20 ottobre. La ferita non si rimargina. ma questa famiglia di amici ci aiuta ad aumentare la nostra fede. I nostri figli sono insieme in cielo, ma ci sono vicini. I nostri figli sono come angeli vicino al Signore. Noi dovremmo ringraziare il Signore che ci ha visitato.

Anna Rimoldi. (Busto A.). Il messaggio del Papa al mondo del volontariato a Vienna mi ha stupita. Ritengo che i destinatari non siano soltanto le persone che fanno del vontariato.
Io e Giovanni abbiamo sempre vissuto un impegno abbastanza importante a favore delle Missioni cattoliche nel mondo. Rapporti diretti con la realtà del terzo mondo non ne abbiamo però quasi mai avuti. Le parole del Papa sono sicuramente di grande aiuto anche per la mia vita. Il mio lavoro di insegnante mi mette continuamente in contatto con le persone, e in particolare con i ragazzi dai dodici ai quattordici anni.

Il Papa ci suggerisce il metodo per accostare questi ragazzi. Proprio per la velocità di come si lavora all’interno della scuola, per me è facilissimo scavalcare completamente la persona che ho davanti e puntare immediatamente ai risultati. Evidentemente non è questo lo sguardo corretto con cui guardare i ragazzi e il Papa suggerisce: “Il tuo guardare, Signore, è amare. Vi sono sguardi che possono andare nel vuoto o addirittura disprezzare e sguardi che possono conferire riguardo ed esprimere amore”.


Ci sono sguardi cioè che azzerano la persona e sguardi che, partendo dalla carità di Dio, sono capaci di ridare vita e dignità, fiducia e stima. Qualità queste che servono a tutti noi in qualsiasi momento della nostra vita e che, a maggior ragione, servono nel lavoro educativo con i ragazzi.
Il Papa insiste molto anche nel ricordare lo sguardo di Dio: “Nello sguardo degli altri sperimentiamo l’esigenza concreta dell’amore cristiano”. Molto spesso mi capita di chiedermi dove posso vedere e incontrare il Signore. Poi quando sono a scuola, ambiente nel quale potrei incontrarlo negli occhi di tutti i ragazzi che ho davanti, me ne dimentico e rendo molto tecnico il mio lavoro, spersonalizzando me e loro. Invece qui viene continuamente posto l’accento sull’urgenza di ricuperare la dignità della persona nella sua interezza. Gesù ci insegna una mistica non degli occhi chiusi ma dello sguardo aperto a tutte le realtà che incontriamo nei vari ambito di vita.


Il riferimento del Papa alla “mistica dello sguardo” deve scuotere anche noi perché, dopo quello che ci è successo, è facile dire basta e chiudersi su se stessi. Gesù ci propone una mistica dello sguardo aperto che sicuramente è arricchente per noi e crea anche tanto stupore negli altri. Così facendo tributiamo l’onore a Dio Padre.Quello che facciamo è perché possa affermarsi il suo amore e anche il suo regno.

Angela Troncone aveva vissuto molto intensamente la malattia in un bambino che poi è morto. Ripensando l’esperienza della perdita del suo David e di quest’altro bambino è riuscita ad esprimere in una poesia un messaggio di speranza che ci vuole trasmettere.

Angela Troncone Qualche anno fa ho incontrato al cimitero un’infermiera con cui ho fatto conoscenza. Le ho parlato di mio figlio e lei di suo marito e di suo figlio Lorenzo di cinque anni che stava morendo per un tumore al cervello. Dopo qualche giorno mi ha chiamato al telefono chiedendomi se potevo scrivere una poesia per Lorenzo. Le ho risposto che questo sarebbe stato possibile solo se il Signore mi avesse concesso una qualche ispirazione. Dopo qualche giorno, proprio il giorno di S. Lorenzo, mi richiamò per dirmi che Lorenzo era morto. Piansi per qualche giorno. Una sera, durante l’Angelus trasmesso da radio Maria, mi venne l’ispirazione. Questo bambino si rivolge ai genitori dicendo:

 

                        O mamma cara, papà adorato
                        per me voi più non piangete.
                        Quest’oggi il mio Signore mi ha esaudito.
                        Reggendomi sulle sue ali
                        mi ha portato nel regno degli angeli infinito.
                        E’ da quassù che ora io vi guardo
                        con gli occhi dell’amore del buon Dio.
                        Ed egli mi ha promesso, o mamma mia,
                        che sempre resterò vicino a voi.
                        E’ bello mamma, sai, essere qui
                        in questo paradiso tutto amore
                        e nella tenerezza del suo cuore.
                        E da questa luce che io sono invaso
                        E a voi la invio di rimando.

                         

Don Giancarlo. gli strumenti che ci suggeriamo ci permettono di lavorare dentro la nostra condizione di vita. La parola volontariato non fa riferimento solo a quello organizzato o legalmente riconosciuto ma a qualsiasi servizio al prossimo nato da libera scelta.
Teniamo anche presente che alcune parole del discorso papale sono state male interpretate dal traduttore.
Si parla ad esempio di “impegno volontaristico” anziché di “impegno volontario”. L’ impegno volontaristico è dettato dallo sforzo o dalla intraprendenza di stampo ideologico mentre l’impegno volontario nasce dall’amore ed è normalmente gratuito.

Flora Colombo (Usmate). Il discorso del Papa mi ha allargato il cuore e illuminato sulle esperienze che sto vivendo. Quando Christian ci ha lasciati una delle questioni che mi sono posta è stata di interrogarmi su cosa potevo fare. Il pensare di potermi impegnare per gli altri, a quel tempo, era per me spontaneo.
Leggendo questo discorso ho capito che la carità non nasce solo da uno slancio ma dal Signore che ci viene incontro abbracciandoci con il suo amore. Per me è da vivere con carità la vita, i rapporti, tutto. La sequela a Gesù ci educa a vivere con carità ogni situazione, di cogliere i bisogni e di assumerli. Anche la preghiera aiuta in questo. Oggi la sento molto più mia.

Maria Vallini (Arcore). Quante volte ho desiderato di non vivere più e di non essere neppure nata. Oggi non posso pensarlo più. Pensavo di non essere nessuno, di non avere alcun valore. Proprio come la mia vita. Oggi sento profondamente di aver ricevuto da Dio un dono grande: si tratta di qualcosa che ha dato una luce nuova a me e al mio sguardo sull’esistenza.

Per un caso, o per un disegno speciale del Signore, ho incontrato una famiglia che mi ha scelta per accudire un’ anziana in una vacanza in montagna. E’ un’esperienza speciale, bellissima. E’ come se avessi riscoperto che dare e amare, diversamente dal ricevere, costruiscono me stessa, mi svelano chi sono e come sono importante soprattutto per quel Padre che tiene i fili della mia storia.

Mi è sembrato che i loro figli Carmen, Stefano e i parenti fossero diversi da tante altre persone incontrate negli anni. Mi è sembrato bellissimo e particolare il paesino della Carnia dove eravamo in vacanza.. Anche gli abitanti di quella valle li ho accostati come un regalo. Ho capito che il Signore non fa certo distinzione tra chi ha studiato, è ricco o famoso e chi è ricco solo di vita e di esperienze. Lui chiama chi è disponibile, chi apre il cuore e si fida di Lui. Offre regali di tenerezza: incontri, conoscenze, fiori, montagne, boschi, cieli, amicizie e ascolti. Quanto ho già avuto! Tanti amici a casa da rivedere, tante persone a cui sono mancata quest’estate, persone nuove e amate, pensieri belli e profondi. E’ bellissimo sapere che siamo piccoli e umili, e che il Signore ci apprezza e ci vuol bene proprio perché siamo così.

Gino Varrà (Milano). Ieri sera abbiamo incontrato Albina e due amiche che da Roma sono venute a Milano per incontrare Carron che parlava agli insegnanti. Mi ha stupito la loro scelta di dedicare una giornata di riposo a questo incontro affrontando un lungo viaggio. Hanno vissuto questo disagio come una missione, la stessa che viviamo anche noi. Attraverso Famiglie in Cammino abbiamo fatto l’incontro con il carisma di don Giussani e con l’amicizia di don Giancarlo che ci hanno indicato la missione come metodo di vita. La loro presenza ci è stata di conforto perché, dopo un periodo di difficoltà, avevamo la necessità di parlare di noi. Questo incontro è stato anche motivo di arricchimento e di crescita.


Don Giancarlo. Antonio manda a tutti i suoi saluti e ringraziamenti per le preghiere che, durante la degenza in ospedale e durante la lunga convalescenza, ha sentito potenti. Mi ha assicurato che la fede e l’accettazione del disegno di Dio non sono mai venuta meno.

Il Papa desidera ricordare a tutti che l’esperienza della carità viene da Dio, è un dono. Un dono che, quando è riconosciuto e accolto, spalanca il cuore educandolo alla percezione dell’oceano di bisogni umani e alla gratuità. Per i fratelli uomini è sempre possibile diventare un buon Samaritano.

Il Papa definisce il volontario come la persona che vive con amore e dà carne al messaggio del Vangelo. Chi vive la carità dà concretezza alla teoria: amatevi come io vi ho fatto vedere. Il volto che incarna e fa incontrare l’amore di Dio lo rende sperimentabile da tutti coloro che hanno occhi per scorgere, attenzione del cuore per identificare i punti vivi nella società, i punti che danno speranza.
“Coloro che danno volto al messaggio evangelico rendono concretamente sperimentabile l’amore di Dio. Quando l’amore di Dio si riconosce nel prossimo, fratello o sorella, entra in circolo, dando frutti di vitalità. I morti generano morte. I vivi, che amano, generano vitalità.”

L’esperienza della caritativa ha come effetto di formare la propria personalità. La carità non la si vive innanzi tutto per gli altri ma per educare sé. Assumersi dei compiti, offrire il proprio tempo o denaro o farsi carico dei bisogni altrui, ci fa crescere, ci libera e ci fa gioire. L’esito del darsi è la gioia.
“Tale impegno significa anzitutto un’occasione per formare la propria personalità e per inserirsi con un contributo attivo e responsabile nella vita sociale. Questo avviene nelle cose più semplici della vita come prendersi cura dei parenti anziani, accogliendoli nella propria casa. In una società come la nostra, tale scelta, che implica attenzione e presenza costante, è paragonabile a chi opera in campo internazionale. L’esperienza della carità educa a maturare la propria identità e dà un contributo di incidenza notevole all’interno della società”.

Sono svariate le ragioni che possono portare l’uomo a impegnarsi nel mondo della gratuità.
Le ragioni che possono liberare risorse e favorire l’impegno di sé in qualche ambito sociale, educativo, sociale, sono svariate, ma tutte positive perché ciò che nasce dall’iniziativa del singolo, o ciò che nasce per libera iniziativa che vede sorgere gruppi, salvaguarda il principio di sussidiarietà. Guai se lo Stato o le istituzioni scoraggiano o impediscono tali iniziative.

Uno Stato che operasse in tale direzione è dittatoriale perché non rispetta il primato della società in rapporto alle istituzioni. L’amore del prossimo richiede sempre l’impegno personale e volontario per il quale certamente lo Stato può e deve creare condizioni generali favorevoli. Grazie a questo impegno, l’aiuto mantiene la sua dimensione umana e non viene spersonalizzato. E proprio per questo voi volontari non siete “tappabuchi” nella rete sociale, ma persone che veramente contribuiscono al volto umano e cristiano della nostra società”.


Questa coscienza del valore originario di ogni iniziativa di caritativa non è così diffusa. In molti casi si fa caritativa nell’ottica della supplenza a carenze delle Istituzioni civili o statali.

Quella descritta dal Papa è la motivazione giusta che libera, esalta e rende fieri nell’esperienza del dono.
“Il “sì” a un impegno volontaristico e solidale è una decisione che rende liberi e aperti alle necessità dell’altro; alle esigenze della giustizia, della difesa della vita e della salvaguardia del creato”

Il Papa afferma che l’esperienza di amore rende liberi. Libero è colui che è aperto alla realtà e, dentro essa, scopre esigenze di vario generi, campi nei quali poter operare chiedendosi quale potrebbe essere l’ambito più idoneo a lui. Tanti di noi sono impegnati in vari ambiti parrocchiali. La caritativa, se vissuta nello spirito di dare un volto all’amore di Dio, fa brillare una luce nei cuori di chi la riceve e di chi la vive con noi.


“Una cultura che vuole conteggiare tutto e tutto pagare, che colloca il rapporto tra gli uomini in una sorta di busto costrittivo di diritti e di doveri, sperimenta grazie alle innumerevoli persone impegnate a titolo gratuito che la vita stessa è un dono immeritato. Per quanto diverse, molteplici o anche contraddittorie possano essere le motivazioni e anche le vie dell’impegno volontaristico, alla base di tutte sta in fin dei conti quella profonda comunanza che scaturisce dalla “gratuità”.

E’ gratuitamente che abbiamo ricevuto la vita dal nostro Creatore, gratuitamente siamo stati liberati dalla via ceca del peccato e del male, gratuitamente ci è stato dato lo Spirito con i suoi molteplici doni”

Il Papa introduce due principi della dottrina sociale della Chiesa: quello della sussidiarietà e quello della cooperazione che nasce dalla libertà del cuore e che nessuna istituzione può proibire. La presenza di persone che inondano pezzi di società con questa logica di gratuità correggono e fanno intravedere l’alternativa alla cultura di mercato.
“La spontanea disponibilità rompe le regole dell’economia di mercato. L’uomo, infatti, è molto più di un semplice fattore economico da valutare secondo criteri economici. Il progresso e la dignità di una società dipendono sempre di nuovo proprio da quelle persone che fanno più del loro stretto dovere”.


Il Papa ci ricorda infine le condizioni necessarie per imparare la logica della gratuità, del dono di sé.
- riconoscere lo sguardo di Dio per immedesimarsi in esso. Gesù ce lo ha fatto vedere nella sua vita terrena passando in mezzo a noi sanando e facendo del bene. Il Papa chiama questo atteggiamento interiore “mistica dello sguardo aperto che combatte e corregge la mistica degli occhi chiusi.

La mistica dello sguardo aperto è scuola di solidarietà e di condivisione, la logica degli occhi chiusi diffonde estraneità, violenza e disprezzo.” In occidente stiamo vivendo, da questo punto di vista, momenti problematici per il modo diffidente, ostile e spesso sprezzante con cui ci si poniamo di fronte ai mussulmani e agli immigrati.

- la preghiera. “La preghiera a Dio è una via di uscita dall’ideologia o dalla rassegnazione di fronte all’ illimitatezza del bisogno. I cristiani continuano a credere, malgrado tutte le incomprensioni e confusioni del mondo circostante, nella bontà di Dio e nel suo amore per gli uomini. Essi, pur immersi come gli altri uomini nella drammatica complessità delle vicende della storia, rimangono saldi nella certezza che Dio è Padre e ci ama, anche se il suo silenzio rimane incomprensibile per noi…
Dobbiamo prevedere anche il silenzio di Dio, chiamato così da noi, ma il silenzio di Dio è una presenza paziente, non l’addormentarsi di Dio, è il patimento del suo cuore che non vuole imporsi alla libertà dell’uomo. Ha fatto l’uomo libero e la libertà è anche possibilità di andare incontro a Dio e alla bellezza della verità. Dio è amore. L’uomo fatto a immagine di Dio ha in sé l’anelito dell’amor, ma, nella sua libertà, può accantonare l’amore e sostituirlo con l’odio, la violenza, l’egoismo o con l’indifferenza”.

Maria Rosa Varrà (Milano). Le parole di don Giancarlo mi hanno spinta a domandarmi con quale coscienza vivo l’aiuto agli zii anziani. A loro offro la mia assistenza ma più per dovere che per amore in quanto nessun altro li aiuta. Come fare perché scaturisca in me l’amore che dovrei avere verso di loro. Credo di aver trovato la risposta nella sottolineatura della preghiera.

Don Giancarlo. Sì. Non stanchiamoci di domandare che il nostro cuore vibri di gratuità. E’ una grazia da domandare. Teniamo anche presente che la preghiera non è spontanea e automatica bensì espressione di un cuore bisognoso di verità e di amore. Il “venga il tuo Regno” che recitiamo nel Padre nostro ha questo significato: nel mio cuore e nel mio sguardo si affermi, o Signore,il tuo cuore e il tuo sguardo di amore. Guardiamo alla scuola attraente e irradiante dei Santi e agli esempi di persone che vivono con serenità ciò che noi non riusciamo ancora a vivere. Chi ha avuto la possibilità di andare a Cremona per incontrare un gruppo di “Famiglie per l’accoglienza” è rimasto mosso nel vedere la tenerezza di giovani mamme che accudivano i bimbi in affido o adottati. Il Papa dice: “I Santi hanno indicato questa via con la loro vita. E’ un cammino interessante e appassionante, un cammino generoso e, oggi, più che mai attuale”.

Natale Colombo (Milano). Abbiamo inviato i nostri ringraziamenti agli amici del Meeting di Rimini che, nello scorso agosto, ci hanno messo a disposizione gratuitamente uno stand.
Vi leggo il testo della lettera.

 

“Vogliamo esprimere la nostra gratitudine per la vostra accoglienza.
Il Meeting è stato, come ormai è tradizione consolidata, un evento di amicizia e di ricerca della Verità, destino per la quale siamo stati fatti. All’interno di esso, per la settima volta consecutiva, siamo stati vostri ospiti. Abbiamo così potuto allestire uno stand, quest’anno arricchito da un quadro eseguito da un nostro genitore, Mario Troncone, che ha voluto artisticamente raffigurare il Paradiso, la meta già raggiunta dai nostri figli e, per tutti, luogo del nostro destino e, quindi, motivo di speranza. Se la verità è il destino per il quale siamo stati fatti, come recita lo slogan del Meeting, per noi questa verità assume un particolare valore. Si fa carne in Cristo risort, primizia di coloro che, come i nostri figli, sono morti. Con questa certezza e con il vostro aiuto, quest’anno il nostro stand è stato occasione di confronto e di incontro con quanti come noi sentono la necessità di dare un senso al dramma della morte di un figlio o di una persona cara.
Grazie anche a voi abbiamo nuovamente potuto constatare quanto sia fecondo e molteplice il carisma di don Giussani, su cui si innesta anche la nostra identità di Famiglie in Cammino”

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