Incontro 18 novembre 2012

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Milano, 18 novembre 2012

ANNO DELLA FEDE E TESTIMONIANZA

L’Anno della Fede non è solo occasione per rafforzare in noi la nostra fede, ma anche per trasmettere ad altri genitori questa nostra esperienza vissuta di Fede, che ha trasformato il nostro dramma da una croce di assurdo dolore a una croce di salvezza .

Natale (Usmate): Cominciamo pregando lo Spirito Santo perchè ci aiuti a sentirci più vivi nella Fede e ci aiuti a sostenere quanti soffrono per la morte di un figlio. Preghiamo per loro. Sappiamo che la scomparsa di un figlio è un autentico dramma: se vissuto senza l’aiuto della Fede, diventa insopportabile. Come tutti sappiamo, per motivi di salute don Giancarlo non è presente in mezzo a noi. Con lui abbiamo concordato che in questo Anno della Fede cercheremo di analizzare l’insegnamento del papa presente in particolare nella Lettera Apostolica “Porta Fidei, la Porta della Fede” e nelle catechesi sulla Fede che Benedetto XVI terrà settimanalmente nelle udienze generali del mercoledì.

Bruna (Milano): Il nostro gruppo di Famiglie rappresenta un valore da condividere con altri. Non è però facile invitare ai nostri incontri genitori che come noi hanno perso un figlio. Ho cercato ultimamente di farlo, ma senza risultato. Tenterò di nuovo. Ci penserà il Buon Dio a tracciare la strada.

 

Marcello ( Busto Arsizio): Noi possiamo solo testimoniare quello che abbiamo incontrato; è poi Dio che opera attraverso ciascuno. E lo fa nella vita in diversi modi, come nel caso di un nostro amico di famiglia, che dopo la nascita a sorpresa della nipotina, ha deciso di intraprendere il cammino del diaconato.

Maria Rosa (Milano): Vi vorrei invitare a pregare per Sandro, che ha frequentato Famiglie in cammino, e che ora, da quanto so dalla moglie, soffre per una grave malattia.

ANNA (Busto Arsizio): Possiamo anche cominciare a ridare voce a don Giancarlo. Attualmente non può farsi fisicamente sentire, ma ha descritto la sua attuale situazione sull’opuscolo parrocchiale Richiamo, sempre in modo brillante e con grande discernimento cristiano come è sua consuetudine.

FLORA (Usmate): Leggendo la sua testimonianza ho proprio percepito la sua umanità e la sua vicinanza ad ognuno di noi.

MARCELLO (Busto Arsizio): Don Giancarlo ci sta dimostrando con la sua umanità, la sua umiltà nella malattia, quanto ci vuole bene. Il suo carisma di amore è capace di coinvolgere le persone che lo incontrano. E’ con noi da quando abbiamo iniziato questo cammino e si è sempre speso in tutte le forme possibili e immaginabili per far capire a noi, per far entrare in ognuno di noi, cosa è l’amore di Dio per indurci a fare un cammino di felicità. E’ quanto stiamo dicendo con la massima libertà. Io penso che quando uno si sente libero di dire queste cose è anche felice di appartenere a Cristo, a cui conduce la fede che don Giancarlo ha sempre cercato di inculcarci.

GINO (Milano): Per la prima volta vediamo il nostro maestro, don Giancarlo, con un altro sguardo, perché lo scopriamo testimone nel dolore come noi. Questo lo rende ancora più umano, anche se già lo era. Adesso questa sua testimonianza lo ha portato ad essere come uno di noi, sia pure con la sua vocazione di sacerdote. Don Giancarlo ha aiutato tutti noi con il suo modo di fare e il suo insegnamento a superare il dramma della morte di un figlio o perlomeno a diluirlo. Ora è lui nella sofferenza anche se per altri motivi, quelli di salute. Questo mi porta ad apprezzarlo ancora di più, malgrado la sua attuale assenza. Lo vedo con un altro sguardo, come recita la nostra preghiera nei confronti dei nostri figli: “adesso ci sei vicino in modo diverso da prima ma … più di prima”.

Marcello (Busto Arsizio): Attraverso il cammino che facciamo impariamo a riconoscere uno sguardo diverso sul valore della vita, più consapevole di prima. Questo ci aiuta.

Gabriella (Gallarate): Ritornando sulla difficoltà di invitare altri a partecipare al nostro gruppo, che Bruna ha espresso, faccio presente che non è così importante che le persone partecipino. Importante è sapere che con la Fede si può trovare la speranza; importante è dare testimonianza e non preoccuparci se il gruppo non cresce. Noi dobbiamo solo testimoniare come diceva Marcello. Con mio marito faccio parte di un gruppo di preghiera dove noi portiamo la testimonianza del nostro dolore e della nostra speranza a persone che non hanno provato la perdita di un figlio.

Giuseppe (Milano): Anch’io vorrei dire qualcosa in merito. In questi ultimi tempi mi sono reso conto che il nostro Padre Celeste ci ha fatto un gran dono che è quello di ridarci la speranza, la speranza che ci permette di confrontarci con altri e dare anche un minimo di conforto. Una settimana fa ho incontrato un’amica con la quale ci si conosceva da ragazzi. Sapendo dei miei problemi lavorativi, le stavo spiegando che cosa stavo architettando per questo problema, quando ad un certo punto mi ha detto: “Non ti rendi conto, ma tu sei un esempio vivente per tante persone: nonostante quello che hai passato, non hai mai mollato. Sei un esempio vivente di quello che può fare la speranza che vive una persona­.” Al di là del fatto che questa amica ha visto in me una speranza, io non ho fatto nulla di speciale: ho semplicemente vissuto quello che in pratica ho imparato qui dentro. Ho imparato a non ridurmi soltanto alla sopravvivenza ma a riprendere in mano quello che è la nostra vita. La riprova l’ho avuta ancora con un altro tipo di esperienza che sto facendo: mia madre da due settimane è ricoverata presso un istituto di malati terminali anche se strettamente non lo è, ma ha tante di quelle patologie per cui questo è stato ritenuto il posto più adatto. In questo istituto al giovedì ci sono degli incontri con gli psicologi con lo scopo di preparare i familiari del malato alla perdita del loro caro. In questi incontri si avverte che veramente non esiste la speranza. Si sente che manca quella speranza che io voglio invece testimoniare. Ci sono situazioni drammatiche in cui è veramente difficile avere speranza, ma ho notato che chi affronta il discorso della sofferenza e della morte con l’aiuto della Fede è aperto a quella speranza che qui con don Giancarlo e con voi ho trovato. L’unico modo per avere speranza è vivere la propria Fede.

Giorgio T. (Milano): Voglio dire innanzitutto che tutto quello che avete detto finora lo trovo espresso con molta chiarezza e con molta umanità. La lettera apostolica del Papa, che abbiamo letto o che dovremo leggere in questo anno che Lui ha proclamato Anno della Fede, dice: “In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, Colui che dà origine alla Fede e la porta a compimento; in Lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano, la gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinnanzi al vuoto della morte. Tutto trova compimento nel mistero della Sua incarnazione, nel Suo farsi uomo, nel condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della Sua Resurrezione: in Lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza.” Ecco, l’invito del Papa è proprio quello di tenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, perché la nostra Fede, come ci ha insegnato la Chiesa e ci ha ripetuto tante volte don Giancarlo, è la Fede in Gesù Cristo che ha vinto la morte per noi con la sua Resurrezione e che ci sostiene in tutte le prove della vita, anche quella della morte di un figlio. Il cammino di Fede che abbiamo a poco a poco acquisito e che porta alla riscoperta della Resurrezione di Cristo è un invito che ci viene dato di trasmetterlo ad altri genitori che sono nell’angoscia, nella disperazione, che sono nel dolore più acuto perché non hanno ancora trovato la speranza in Gesù Cristo. Anch’io come voi confermo che il cammino qui intrapreso mi ha dato tanto: lo stare insieme con tutti voi, sentire i vostri passi di un cammino di conversione, ci ha aiutati tutti a crescere e ad avere una Fede più forte, che ci conduce a trasformare il dolore in un evento di salvezza. Sento molto forte il compito di non tenere tutto questo per me, ma insieme con voi di utilizzare tutte le occasioni di testimonianza cristiana, dato che, grazie al Signore, la nostra storia si è trasformata in una storia di salvezza. Questo può aiutare genitori disperati che non hanno ancora la Fede in Gesù Cristo e nella Sua Resurrezione. L’Anno della Fede non è solo occasione per rafforzare in noi la nostra fede, ma anche per trasmettere ad altri genitori questa nostra esperienza vissuta di Fede, che ha trasformato il nostro dramma da una croce di assurdo dolore a una croce di salvezza .

Giorgio M. (Varese): In settimana su invito di amici comuni io e mia moglie Paola siamo andati presso una famiglia, colpita dalla improvvisa morte di un ragazzo di venti anni per un incidente sul lavoro. Naturalmente quando capita un evento simile si rimane tutti sconvolti; di fronte a una malattia ci si arrende, ma quando il fatto è così drammatico la sofferenza immediata è ancora di più. Non è stato facile l’incontro con i genitori. Paola si è trovata subito con la madre che voleva parlarne, voleva sfogarsi. Il padre era chiuso nel suo dolore e quindi abbiamo parlato del più e del meno. Lui non aveva fede e quindi era inutile fare certi discorsi. Certo, uno prova un dolore immenso, ma bisogna lasciare che il Buon Dio lo aiuti a fare un percorso come il nostro: quella è la strada e ognuno deve percorrerla. Le circostanze della vita servono a farti capire qual è il percorso da intraprendere, poi sta a te come fare. Il percorso di Famiglie in Cammino è una proposta. Alla fine della serata il padre del ragazzo deceduto mi ha salutato dicendomi: “Voi siete venuti qui tra due persone che non conoscevate, avete perso le vostre due o tre ore. A me è bastato vedervi per cambiare registro.” Questo per dire che il seme deve crescere; magari può bastare la presenza per dare conforto.

Gabriella (Gallarate): Io e mio marito Gabriele anche quest’anno abbiamo organizzato un pellegrinaggio a Medjugorje. L’abbiamo organizzato perché lo sentiamo come un modo di ringraziare la Madonna, perché noi lì abbiamo trovato tanto conforto. Prima che accadesse una tragedia di questo tipo, il solo pensiero di perdere un figlio non mi era neppure sostenibile. Quando poi è accaduto, ho sentito su di me l’aiuto di tutte le persone che hanno pregato per noi. Faccio parte, come ho detto, di un gruppo di preghiera: ho sentito forte l’abbraccio, il calore di tante persone che pregavano per noi. Dopo di che, dirò forse per qualcuno una stonatura, soffrire non vuol dire essere disperati. Quando è morto mio figlio Marco, la mia preoccupazione era rivolta a dove fosse l’anima di Marco. Mi facevo un senso di colpa per non aver mai chiesto la protezione della Madonna. Davo tutto per scontato; non conoscevo il senso autentico della preghiera. Probabilmente pregavo perché ero convinta di essere una persona di fede, ma non lo ero; quando pregavo era come se recitassi. Andando in pellegrinaggio a Medjugorje, noi siamo stati testimoni di un fatto che mi ha dato speranza e poi sono arrivati altri fatti. Quindi mi sono chiesta cosa potevo fare per aiutare gli altri. Così abbiamo avvicinato gli amici di Marco; ho raccolto una cinquantina di loro e per loro ho organizzato un pellegrinaggio a Medjugorje. Dopo di che ho trovato un sacerdote per accompagnarli. L’anno scorso sono venuti solo una quindicina di amici di Marco; si sono però aggiunte altre persone. Vi hanno partecipato ragazzi che non credono, ma che con questo pellegrinaggio si sono posti il problema del senso della vita e della fede in Dio. Vi era anche una coppia splendida che ha avuto una bimba malata di una malattia genetica che ha ora due anni e mezzo. Anche questi genitori sono tornati in pellegrinaggio per offrire la loro bimba alla Madonna, perché, sono convintissima, che la Madonna appare: è una mamma e una mamma è molto vicina ai figli, soprattutto nei momenti difficili. Io sento fortemente che Medjugorje è un luogo santo dove accade qualcosa che non accade in altri posti.

Dino (San Lorenzo di Parabiago): Gabriele e Gabriella mi hanno dimostrato che hanno una grande fede. Nel pellegrinaggio che loro organizzano vi sono persone alla ricerca, dove emergono sofferenze, aspettative, domande mai espresse che in questi momenti vengono fuori in cerca di risposta. E’ l’occasione per confrontarsi con il Mistero. Credo che la Grazia sia scesa e che abbia dato ad ognuno le risposte confacenti. Il pellegrinaggio, fatto in un luogo sacro, è un’occasione propizia. Con mia moglie Tiziana l’ho sperimentato tante volte . Tornando al nostro gruppo di Famiglie in Cammino, un fatto con cui secondo me il Signore ci ha aiutato ad andare avanti e ad alimentarlo è stata ed è la presenza di Roberto. In questi due anni che ci frequentiamo, Roberto è stato un elemento di rottura in quanto usciva dai nostri schemi: lui aveva dentro di sé una gran voglia di farsi ascoltare e per fortuna lo ha fatto; lo faceva con tutti i suoi limiti e i suoi pregi, con tutti i retroscena che aveva lui e questo era un bene anche per tutti noi, perché ha potuto mettersi a confronto con le nostre idee; questo ci ha fatto riscoprire insieme il valore di Famiglie in cammino.