INCONTRO DI FAMIGLIE IN CAMMINO
Milano, 2 giugno 2013
ANDARE NELLE PERIFERIE
La carità è espressione di quel cuore nuovo datoci da Gesù, che riesce a cogliere la sua carne viva nelle condizioni umane più disparate, e di conseguenza si compromette.
NATALE: Ringrazio Franco e le persone che hanno partecipato al Pellegrinaggio della Madonna del Bosco: è stata un’occasione per conoscerci meglio e per pregare per i nostri figli. Siamo lieti di avere Franco in mezzo a noi. Noi semplicemente, come già da anni facciamo, ci confronteremo sull’ esperienza che viviamo quotidianamente, tenendo presente l’insegnamento di papa Francesco.
DON GIANCARLO: Per far vivere alla Chiesa uno dei tanti gesti programmati per questo Anno della Fede, sabato prossimo in Piazza Duomo, presente l’Arcivescovo, ci sarà un evento straordinario: “Dieci comandamenti in dieci piazze” all’interno di contesti di preghiera, di musica, di danza, di testimonianze promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Lo scopo è quello di riproporre ciò che giovani e adulti non vivono più: la catechesi. Verrà fatta in pubblico sulle piazze di dieci città fra le più importanti d’Italia. Per Milano è stato proposto il comandamento “Ricordati di santificare la Festa”.
Oggi si celebra la festività del Corpus Domini. Per l’occasione papa Francesco ha invitato tutte le Chiese del mondo a vivere con lui, alla stessa ora puntata su Roma dalle 17 alle 18, un’Adorazione Eucaristica. Hanno risposto ben 350 Diocesi del mondo, fra cui la nostra: oggi pomeriggio l’Arcivescovo la presiederà in Duomo; da parte mia la presiederò in parrocchia. Mi è sembrata una cosa bella in questo Anno della Fede far diventare contenuto della nostra preghiera prima la domanda allo Spirito che ci porta i suoi doni: intelligenza, sapienza, scienza, amore, fortezza, pietas, timor di Dio, per poi fare insieme la professione di Fede. Chi di voi alle cinque desidera fermarsi e vuole coinvolgersi qui nella nostra parrocchia, lo può fare.
NATALE: Prima di recitare la nostra preghiera, ricordiamo i nominativi dei nostri figli andati in Cielo nei mesi di giugno e luglio.
Ora, prima di iniziare con le nostre testimonianze, leggo quella dei nostri carissimi amici Anna e Giovanni che da tempo non sono fra di noi perché Anna è ammalata:
“Carissimi amici,vi abbracciamo tutti con affetto come se fossimo lì con voi, adesso.
Esprimiamo tanta gratitudine a tutti coloro che ci stanno accompagnando con la loro vicinanza, le telefonate, gli sms o … semplicemente con il pensiero. Sappiamo quanto sia difficile stare vicino alle persone che soffrono. Ringraziamo don Giancarlo perché siamo sicuri che ogni giorno, durante la messa, unisca anche noi tra coloro che sono nel bisogno nel calice dell’offerta del corpo e del sangue di Gesù a Dio Padre. Da questa comunione di grazia ci sentiamo sostenuti e cerchiamo di offrire tutto quello che ci è chiesto in questo periodo, perché la fatica non sia vana ed ogni giorno abbia il suo valore. Ci sono giornate più o meno difficili, ma dalla festa di Pentecoste con l’abbondanza della testimonianza di fede che le parole del Papa hanno espresso, abbiamo tratto più forza e tanta consolazione. Quelle parole: “Il Signore sempre ci primerea, è il primo, ci sta aspettando per accoglierci, per darci il suo amore” hanno rinnovato la nostra fiducia e ci hanno confortato, perché a volte ci sentiamo avviliti, un po’ come naufraghi in balia della tempesta. Invece il Papa ci ha ricordato con forza che lo sguardo del Signore è sempre su di noi, anche se gli occhi della nostra fede si chiudono e noi ci addormentiamo tentati dallo sconforto.
Abbiamo così vissuto la Pentecoste come vera esperienza di Chiesa, raggiunti dal soffio di vita dello Spirito Santo che sostiene e consola e ci siamo sentiti uniti a tutte le persone che in piazza San Pietro hanno visibilmente manifestato la ricchezza della nostra fede.
Ci siamo anche sentiti richiamati alla responsabilità di testimoniare sempre, in ogni situazione e con più coraggio il Vangelo e Gesù, che da dentro di noi bussa per uscire, per raggiungere attraverso noi chi non lo conosce, è indifferente o lo rifiuta. Ci riferiamo a contesti molto concreti come il day hospital oncologico che frequentiamo settimanalmente dall’inizio dell’anno; quanta “carne di Cristo” povera e ammalata abbiamo incontrato! Le parole del Papa ci hanno risvegliato, malgrado la nostra fragilità, la coscienza e la responsabilità che anche lì deve arrivare la Grande Speranza, come la definiva Benedetto XVI, che è Gesù, la sua promessa di vita per tutti e i doni del suo Spirito.
Vi salutiamo ad uno ad uno, ci uniamo alle vostre preghiere e confidiamo molto nelle vostre”.
DON GIANCARLO: Bellissima testimonianza che fa vedere a tutti, per chi tiene il cuore aperto attraverso la Fede a Gesù Redentore che è il Samaritano con noi e noi samaritani suoi, come non ci si lasci schiacciare dalla croce stessa. L’appartenenza alla Chiesa e lo sguardo attento, il cuore in ascolto nei confronti dello Spirito, che illumina e conforta attraverso figure autorevoli, alimenta la speranza, la tiene viva. Questo risulta edificante sempre e noi continuiamo a trovarci in condizioni esistenziali, in condizioni spirituali e in condizioni anche morali diverse perché tra noi, per grazia dello Spirito, c’è sempre qualcuno che ne dà testimonianza. Questa è una di quelle testimonianze che, proprio perché non sono fatte da professori, anche se lo sono ambedue, ma da un papà e una mamma, da due coniugi che stanno lottando a motivo di una grave malattia, le loro parole si caricano ancora di più di quello spessore di verità di cui la vita ha bisogno.
Adesso raccontiamo un po’ di noi: esperienze, domande, prove, gioie da mettere in comune per quello che ci è stato donato o permesso di vivere in questo ultimo mese.
MARIA: Sono stata a Roma in occasione dell’incontro di papa Francesco con i movimenti, le associazioni cattoliche alla veglia di Pentecoste. Quello che il papa ha detto è stato bellissimo; ci ha esortati a pregare. Durante il viaggio di ritorno ho incontrato in treno una persona che mi ha fatto riflettere. Abbiamo parlato della veglia vissuta con il papa, poi mi ha chiesto se prego. Sì, le ho risposto, ma non sempre. “Tu non preghi abbastanza” mi ha fatto notare. E ancora: “Non devi pregare per tizio, caio, sempronio, ma per tutti in generale, perché in essi è compresa anche la persona per la quale vuoi pregare”. Questo incontro mi ha commossa.
DON GIANCARLO: Ci sono alcuni momenti nella vita dove le cose più semplici, le espressioni, fra virgolette, ovvie assumono una particolare importanza. Abbiamo sentito mille volte certe cose poi c’è un istante in cui diventano nuove, quando le parole o gli incontri o i gesti veicolano una novità che arriva diretta al cuore e lo risveglia, tanto è vero che non ci si dimentica. Delle stesse cose sentite, dette, vissute mille volte, alcune le lasciamo perse nella notte dei tempi, altre si fissano, perché sono legate all’incontro con qualcuno o qualcosa che è segno del mistero, del Mistero di Dio che, come ci ricorda papa Francesco, ci “primerea”, ci precede.
GIORGIO M.: Idea bellissima è stata quella di fare il pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Bosco a Imbersago. L’idea di trovarci con gli amici che condividono la tua stessa strada di dolore ti induce a partecipare. Devo dire che, nonostante tutte le mie perplessità e quelle di mia moglie Paola, è stata una giornata bellissima, malgrado la pioggia. Per farla breve, non immaginavo di trovare un luogo di culto così bello. Quest’anno io e Paola siamo riusciti a recitare per tutto il mese di maggio il Rosario. L’andata al santuario mariano si inserisce in questi momenti di preghiera. Voglio tornarvi con mia figlia Stefania e i bambini tanto mi è piaciuto! Ho trovato pure interessante l’omelia del sacerdote durante la Messa: trovandosi di fronte il nostro gruppo, ha fatto notare che il nostro dolore per la perdita di un figlio o di una figlia non lo si risolve con la psicologia, ma è colmato nel tempo dalla presenza del Signore che entra nel nostro cuore.
Suggerimento finale: chi non è ancora andato a questo santuario ci vada; è bellissimo.
MARISA : Questa mattina con mio marito Marcello sono andata nel Policlinico a trovare Carolina, figlia della signora che gestisce la pensione di Rimini dove siamo soliti andare. Carolina è a Milano per studiare all’Università Cattolica. E’ andata a Roma con il Movimento, ma è tornata da Roma completamente bloccata alle gambe. Ora è qui al Policlinico. Vive sola, ma devo dire che le ragazze della casa a ringhiera dove lei abita, a turno vanno a trovarla e l’aiutano nelle sue necessità. Questo fatto mi ha veramente commossa sia perché è andata dal papa sia perché è aiutata dalle ragazze che abitano vicino a lei, anche se da poco conosciute. Voglio pure raccontarvi un altro fatto: mentre uscivo dall’ospedale, ho visto un calendario con l’immagine di papa Francesco: ho chiesto all’infermiere dove lo aveva trovato. Mi ha riferito che gli è stato regalato andando in pellegrinaggio alla tomba di san Riccardo Pampuri. Tornando in ospedale, lo ha appeso nel corridoio del suo reparto. Visto questo, a Carolina mi sono sentita di dire: “Stai serena, sei in buone mani, prega; sei con il papa e san Riccardo Pampuri!”.
DON GIANCARLO: Uscire da sé, dalle comodità, dalle collocazioni dentro le quali ci siamo assuefatti e spesso ci difendiamo perché sono recinti protettivi, per andare verso le “periferie esistenziali”, è quanto ci invita a fare papa Francesco. Cosa sono le periferie esistenziali? Sono i contesti di vita in cui l’uomo vive. A me quanto ha raccontato Marisa non stupisce; mi fa piacere perché è la conferma che laddove una ragazza di Rimini si è incontrata con amiche universitarie cattoliche, quindi con un certo timbro carismatico, scatta insieme all’accoglienza la logica della comunione che diventa solidarietà. Questa parola etimologicamente indica il dare, il donare qualcosa di sé a chi è solo (soli-dare). La carità è espressione di quel cuore nuovo datoci da Gesù, che riesce a cogliere la sua carne viva nelle condizioni umane le più disparate, e di conseguenza si compromette. Oggi, ce lo ricorda il nostro cardinale citando Paolo VI: si ascoltano di più i testimoni che i maestri, e più ancora se chi è maestro è anche testimone. Le periferie esistenziali devono rientrare come la nervatura, lo scheletro portante di un umano in missione, di un umano liberato e lanciato secondo l’ottica indicata da Gesù ai suoi discepoli, di andare in tutto il mondo ad annunciare e a fare incontrare il suo Vangelo, che è la risposta per l’umano nelle sue esperienze di domande e di esigenze, e perché attraverso questo annuncio l’uomo, chiunque esso sia, possa incontrarlo. Questa mattina nel confessionale sono stato toccato alla stessa stregua di quanto diceva Marisa, perché mi sono accorto che essere confessore, essere strumento della Divina Misericordia, è una cosa commovente. Di fronte alle situazioni umane, anche le più aberranti, c’è il bisogno del cuore e di una presenza che non si scandalizza ma è portatrice di un amore misericordioso. L’essere lì come confessore, con il potere di essere il buon samaritano degli uomini e poter seminare il dono della pace (“ti assolvo dal male, va in pace, vigila, evita occasioni”) è bellissimo. Le periferie esistenziali le troviamo dovunque; bisogna però tenere aperti gli occhi, avere il cuore sempre spalancato, non perché uno debba o possa fare tutto, ma quanto Dio ci mette sul nostro cammino; lui stesso ci “primerea”, ci precede; noi che facciamo parte della Chiesa, noi che abbiamo bisogno di crescita come presenze vere che portiamo nella nostra carne, per accostare, come dice papa Francesco, i poveri, i bisognosi, gli sconfortati, i senza lavoro, i fragili, i perversi. Questo aprirsi alle periferie esistenziali, fatta di uomini concreti con i loro limiti, ha un ritorno illuminante e potentemente formativo rilanciante la nostra umanità. Durante la Veglia di Pentecoste papa Francesco ci ha ricordato la testimonianza delle Chiese perseguitate e ci ha dato un criterio illuminante per annunciare il Vangelo: sono necessarie due virtù, il coraggio e la pazienza. I cristiani che soffrono sono nella Chiesa della pazienza. La pazienza riempie il cuore di chi soffre, che vale non perché soffre, ma vale perché la sofferenza è illuminata dalla Fede che dà Speranza ed è vissuta con amore. I cristiani perseguitati soffrono: ci sono più martiri oggi che nei primissimi secoli della Chiesa. Il martirio, come ricorda il papa, non è mai una sconfitta. Il martirio è il grado più alto della testimonianza che noi dobbiamo dare. Noi siamo in cammino verso il martirio, siamo tutti dei piccoli martiri, soprattutto voi che portate addosso questa lacerazione biologica, affettiva come mamme e come papà. C’è poi il cristiano a cui è stata chiesta la testimonianza con il suo sangue, come è stato il caso di Shahbaz Batti, ministro pakistano delle minoranze, un cristiano ucciso da estremisti e il cui fratello non ha esitato ad assumerne l’incarico politico. Sono entrambi testimoni di Gesù in mezzo alle periferie di un’umanità complessa, quale è quella pakistana.
NATALE: Io sono rimasto colpito soprattutto dalla prima domanda che è stata rivolta al Papa durante la Veglia di Pentecoste. Alla domanda su come lui, papa Francesco, ha potuto raggiungere la certezza della Fede, ha risposto ricordando la sua famiglia, dove si viveva la fede in modo semplice e concreto, e in particolare la propria nonna, una donna che gli parlava di Gesù, che gli insegnava il catechismo. “Dio - ha affermato papa Francesco - ci mette accanto delle persone che aiutano il nostro cammino di fede. Noi non troviamo la fede nell’astratto; no! E’ sempre una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, che ci trasmette la fede, ci dà il primo annuncio. E così è stata la prima esperienza di fede che ho avuto”.
Su questa testimonianza ho riflettuto: ho sempre frequentato la Chiesa da buon cristiano, però tante volte per me e per mia moglie è mancato Cristo. Questa cosa ha preso una fisionomia diversa da quando, incontrando degli amici, ho capito che è valsa la pena di restare con voi per fare questo cammino, che è il cammino della fede, proprio come diceva Giorgio poc’anzi nella sua testimonianza. Questa cosa non la puoi dimenticare: puoi stare lontano un mese, due mesi , ma poi senti la necessità di incontrarti con altri, perché noi da soli non ce la facciamo. Siamo qui attraverso un'altra persona, che ha testimoniato e che continua a testimoniare che stare con Gesù ne vale la pena e che per noi, nel nostro dramma, c’è sempre Gesù, altrimenti saremmo travolti dal nostro dramma e dalle difficoltà della vita. Il Signore ci ha insegnato e ci insegna, e il papa ce lo trasmette, a vivere l’esperienza di Fede riconoscendo Cristo Gesù nelle circostanze, nelle cose della vita.
MARY: Ho con me una speciale coroncina, fatta di preghiera. E’ stata composta da una ragazza di quattordici anni della parrocchia di Dergano, che ha vissuto l’esperienza degli ultimi due anni della sua vita in un crescente cammino di abbandono in Dio, al quale lei si rivolgeva in tono confidenziale, come se si rivolgesse a suo papà. La prima cosa che chiedeva era di guarire dentro; gli ultimi mesi della sua vita sono stati come una danza durante la quale la sofferenza si è tramutata in un inno di ringraziamento. Anche se molto provata, ha fornito il testo di questa preghiera e sentiva forte l’esigenza di scrivere quasi come risposta ad un bisogno. Scrivere per lei era faticoso: aveva bisogno di grande concentrazione e raccoglimento quasi fosse in dialogo con Dio. Ha curato ogni singola parola. Al culmine della sua sofferenza, il 18 agosto, ha composto la preghiera finale. Questa ragazza è mancata, pensate un po’, la sera del 19 agosto, mentre il Papa celebrava la Festa Mondiale della Gioventù.
ROBERTO: Ho vissuto ieri una giornata molto impegnativa, perché il nostro amico Franco, che come sapete ha perso il figlio Mattia, ha voluto organizzare un giro per motociclisti, perché lui, e Mattia ancora di più, erano appassionati di motociclismo. E’ stata una giornata bellissima, perché l’ho trascorsa con tanti ragazzi, con tante persone dai venti ai settantacinque anni in moto, vi è stata una commovente partecipazione; questo ragazzo, Mattia, ha lasciato il segno, penso come tutti i nostri figli. E’ stato tutto perfetto; infatti Franco è stato occupatissimo: questa giornata si è trasformata per lui in piacere, al di là del cuore che sanguina sempre. Tutti hanno condiviso e contribuito a ricordare con commozione Mattia: con la loro presenza alla Messa, al pranzo e alla motofiaccolata, perché la scomparsa dell’unico figlio in una famiglia molto unita, ha colpito tutti.
E’ bello aver visto questa famiglia così unita, che ha lasciato questo segno positivo nella comunità di Paderno d’Adda. Ricollegandomi alle parola dette dal Papa nell’ultima udienza: “Ricordatevi che mai niente é perduto, ma se tante cose dipendono anche da Lui, però tante cose dipendono anche da voi”, sono tornato qui da voi. Sono credente, ma non sono così forte come voi in tante cose che leggete, però è bello prendere degli spunti, che ho trovato anche nelle parole di papa Francesco.
MARCELLO : Questa settimana mi sono reso conto di quanto sia importante seguire quello che ha detto il papa; mi sono ritrovato anch’io in una di quelle situazioni in cui ci sollecita ad andare nelle periferie. Facendo il volontario per il Banco Alimentare a metà pomeriggio con un altro volontario due volte alla settimana vado a prendere pane e frutta che avanzano nelle mense scolastiche di Busto Arsizio; immediatamente dopo aver finito la raccolta, li consegniamo a degli enti che ne hanno fatto richiesta, tra cui due asili dove vi sono tanti bambini e una speciale casa penitenziaria.
Arrivato in uno di questi due asili, dove abbiamo portato delle fragole, ho incrociato un bimbetto che vedo sovente. Questo bimbo, dai due grandi occhioni, non solo mi ha salutato con un bel ciao , ma anche, dopo avermi chiesto come mi chiamo, sempre guardandomi con quei begli occhioni così espressivi, mi ha ringraziato. Questo fatto mi ha cambiato lo sguardo quando sono andato dai carcerati. C’è sempre qualcuno di loro sulla porta che chiede cosa abbiamo portato oggi. Anch’io l’ho guardato negli occhi come dice il papa: ho visto un uomo come me, con le stesse debolezze, con lo stesso desiderio di felicità. Allora mi sono detto, guardandolo negli occhi, che è facile giudicare, è più difficile vedere gli stessi errori in se stessi.
RAIMONDA: Vorrei anch’io raccontarvi una mia esperienza di vita. Fino a qualche tempo fa vi era una mensa nella mia parrocchia che accoglieva coloro che ne avevano bisogno. Fra queste persone vi era un sardo che si lamentava sempre per il cibo. La mensa consisteva in un primo piatto cucinato da alcune mamme; io ero addetta a sparecchiare perché non so cucinare per le quantità. Era tutto cibo sano che acquistavamo facendo delle offerte. Un giorno in cui questa persona lamentosa si è attardata a prendere la sua parte, ne ho approfittato per dirgli la gratuità del nostro impegno. Allora lui mi raccontò che aveva vissuto per sette anni in carcere; diceva che nessuno fa nulla gratuitamente. Gli ho fatto notare che nella vita si può sempre imparare e vedere che vi sono persone che offrono tutto gratuitamente. Ne rimase colpito: da quel giorno ha aiutato a sparecchiare e si è offerto di lavorare con noi.









