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Incontro del 20 gennaio 2013

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INCONTRO DI FAMIGLIE IN CAMMINO

Milano, 20 gennaio 2013

FEDE TRADIZIONALE E FEDE PERSONALIZZATA

La Fede della tradizione non è la fede tradizionalista come la Fede personalizzata non è una fede personalistica

 

NATALE (Usmate):  Ricordiamo con affetto Antonio. La sua scomparsa ci addolora. E’ stato un esempio di fede e di coraggio per tutti noi.  Siamo dispiaciuti di aver saputo  in ritardo della sua morte e di non aver potuto di conseguenza partecipare alle sue esequie.

 

 

DON GIANCARLO: Mi era venuto in mente la possibilità di celebrare oggi una Messa di suffragio, ma in realtà non è possibile, data la celebrazione domenicale in parrocchia di sei sante Messe.  Credo però che varrebbe la pena di celebrarla nella sua città di Gallarate, dopo aver debitamente informato tutti.  Personalmente con Antonio, in quanto guida spirituale di Famiglie in cammino, ho alle spalle una lunga storia. Malgrado la tragica morte della figlia e le gravi difficoltà familiari e personali, incontrando noi ha recuperato una fede solida, una speranza che lo ha reso tetragono, deciso, fermo. Ha saputo combattere la solitudine, lo scoraggiamento che la grave malattia che lo ha accompagnato per parecchi anni, rischiava di accentuare. Lui ha combattuto sempre con una serenità encomiabile. Ricordate gli interventi che faceva  in mezzo a noi? Non faceva trapelare i drammi di cui portava le ferite; con la riservatezza che lo contraddistingueva dava sempre accenti di serenità. Ci ha dato una testimonianza di speranza e di fedeltà.

 

DINO (S. Lorenzo di Parabiago): Sono andato a cercare un intervento di Antonio del quale conservo  un ricordo particolare. Antonio non parlava molto, però tutti i suoi  interventi sono stati molto significativi. Questo ritengo sia una sorta di testamento spirituale.  Antonio diceva così : “Parlando della conversione vorrei portare la mia esperienza. La conversione di ogni giorno deve subire una sofferenza, un dolore personale grande. Io da tre anni ho una malattia che non perdona, vivo da solo e ogni giorno devo convertirmi, ogni giorno devo lottare. Mi fa piacere quando vengo da voi e qualcuno mi dice che, nonostante tutto , mi vede bene. E’ questa la forza con la quale mi  aiutate a lottare giorno per giorno. Il dono della conversione, quel dono che il Signore fa a me e che io trasmetto agli amici, si avvera nel modo di vivere non più come alcuni anni fa, fatto di divisioni e di discriminazioni. Io voglio portare a tutti un sorriso ed è una cosa meravigliosa: è una cosa che aiuta me stesso, ma aiuta anche gli altri. Vivendo da solo, ho imparato anche il dono della solitudine, e con il dono del silenzio ho imparato anche quello dell’ascolto. Attraverso la mia esperienza di malattia posso comunicare agli altri anche la bellezza della vita che il Signore mi dona ogni giorno, la gioia che mi dà. Il bene del Signore è infinito e voglio ringraziarvi del sorriso che mi date.”

 

DON GIANCARLO:  La testimonianza dataci da Antonio è bellissima, ricarica tutti noi perché a tutti noi è accaduto o accadrà di trovarci in certi frangenti, per così dire in braghe di tela, tra molte difficoltà. Pensare all’esempio di  tanti fratelli, di tanti compagni e compagne di strada come nel caso di Antonio, è di grande conforto. Se è stato dato a lui, come ad altri,  se è stato a lui reso possibile il cammino di fede e di speranza, sia pure con alti e bassi, con le fragilità ineluttabili e ineliminabili della vita,  vuol dire che anche per me è possibile. Non è tanto il contenuto di un’omelia  a convincerci, in cui il predicatore dice cose vere ma che risultano tali nelle loro verità teorico astratta; quando le stesse cose sono espressione di comunicazione da parte di un uomo ferito, provato nel cammino concreto della vita,  hanno un’autorevolezza, una fecondità infinitamente più contagiosa. Lasciate che anche  nel vostro cuore cali questa seminagione buona, di cui Antonio è stato un vero testimone. Diciamo insieme una preghiera per lui, per noi, per i nostri ragazzi che in cielo ci attendono. Per quanto ci riguarda, di fronte a Gesù seguiamo l’invito di Maria alle nozze di Cana: “Fate quello che Lui vi dirà”.

 

NATALE  (Usmate):  Partendo proprio da questo, ricordiamo con Antonio anche i nostri ragazzi e soprattutto quelli che nel mese di gennaio sono arrivati al Padre; penso che Antonio li stia proprio abbracciando. Ricordiamo anche la mamma di Giuseppe che ci ha lasciati alla fine dello scorso anno. Siamo nell’Anno della Fede, prima di meditare sulle prime due catechesi del mercoledì che il papa ha tenuto e che ci possono aiutare a comprendere di più quello che stiamo vivendo in questo momento, lasciamo la parola a quanti vogliono esprimere la propria testimonianza.

 

NAZARENO (Tradate):  Prendo la parola per esprimere a voi tutti un ringraziamento per la solidarietà che mi avete dimostrato durante la malattia di mia moglie e, soprattutto, per la vostra preghiera. Adesso mia moglie è guarita da quella malattia per cui soffriva, anche se la sua salute non è perfetta. Per la mia fragile fede ho fatto fatica ad accettare il rischio che correva, ma dicevo sempre “Signore sia fatta la tua  volontà”. Confesso che la speranza della sua guarigione era tanta e  mi sono rivolto a Colui che ha detto “Chiedete e vi sarà dato”. Tante persone, quando hanno saputo della malattia, si sono unite spontaneamente alla preghiera; non immaginavo di essere circondato da tanto affetto. Io faccio niente o poco per gli altri; confesso che tutto questo mi è servito per capire meglio che ogni uomo è mio fratello e che Dio è il Padre di tutti e che è sempre al nostro fianco, soprattutto nel momento della sofferenza.

 

GIUSEPPE (Busto Arsizio):  In questo Anno della Fede, il mio pensiero va alle nostre radici culturali che ci permettono di capire e manifestare l’intensa umanità che proviene dalla fede. Il mio pensiero va soprattutto agli interessi e all’amore che la figura di Gesù sa suscitare specialmente nei giovani di oggi. Ci è molto di conforto. Il mio pensiero va anche ai non credenti, che invito a guardare con serietà alla vita di Gesù e alla sua immensa passione per l’uomo; anche se non riescono a riconoscere Gesù come figlio di Dio, sappiano riconoscere in lui il figlio dell’uomo che ha speso tutta la vita per il bene dell’uomo. Da parte nostra dobbiamo cercare di mettere tutta la nostra vita sotto la guida della parola di Gesù attraverso la Bibbia e attraverso la Scuola della Parola che rigenera la fede. Chi vuol essere cristiano deve seguire Gesù perché Cristo è sempre nuovo quando ci accostiamo all’Eucarestia; Lui ci perdona sempre. A proposito di fede mi è venuta in mente una poesia di Trilussa che dice: “ Quella vecchietta cieca che incontrai la sera che mi spersi in mezzo al bosco disse: ‘Se la strada non la sai, ti ci accompagno io che la conosco; se hai la forza di venirmi appresso di tanto in tanto ti darò una voce fino là in fondo dove c’è la croce’ Ed io risposi: ‘Sarà, ma trovo strano che mi possa guidare chi non vede.’ Mi diede la mano e sospirò ‘Cammina!’ Era la fede.”

 

NATALE (Usmate): In questo Anno della Fede vorrei far presente l’esperienza che ho vissuto ieri sera con amici. Eravamo in un bellissimo posto ospiti di una famiglia che ha accolto quattro ragazzi portatori di handicap. “L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani orientandoli di giorno in giorno alla maggiore solidarietà e fraternità nella logica dell’amore.” E’ quanto ci insegna il papa; questa famiglia ne è testimone e non solo essa. Questi quattro ragazzi facevano parte di un sito lavorativo che ha chiuso; al loro bisogno si è attivata un’azione di solidarietà. Un imprenditore di Agrate Brianza ha sistemato la casa e l’opera è partita. Tutto questo, a mio parere, è espressione della Grazia del Signore che illumina e  accompagna.

 

DON GIANCARLO:  Attenzione, io non vorrei fermarmi sulla clamorosità dell’iniziativa. Di fronte alla straordinarietà uno rimane colpito, rimane incantato o anche spinto dal prendere le distanze. Come Natale ci ha ricordato citando una brano della prima catechesi del papa sulla fede, è l’incontro con Cristo che genera la fede, rinnova i nostri rapporti umani.  In che modo? Orientandoli non di botto ma gradualmente di  giorno in giorno verso la maggiore solidarietà, a dare a chi è solo per sentirsi meno soli; il termine solidarietà, non dimentichiamoci, deriva dal latino e significa donare a chi è solo. Mentre uno dà o fa il tentativo di donare qualcosa,  trova un arricchimento grandioso, perché la logica della natura umana, che è creatura di Dio, porta in sé questo segreto: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Alla famiglia di cui accennava Natale è stato dato di intuire questo e di accogliere (papà, mamma e tre figli), rendendo ospitale la loro casa, quattro portatori di handicap con creatività e condivisione fraterna. Gli esempi di solidarietà sono tantissimi, ma i media, a cominciare dai giornali, non ne parlano. Parlano piuttosto di atti di violenza, di soprusi che scoraggiano, che incattiviscono, che allarmano i cuori. Nei nostri paesi, nei nostri caseggiati abbiamo invece il bisogno oggettivo di conoscere cose belle, di sapere che la vita è vivibile, perchè ci sono tanti esempi di solidarietà.

 

GIUSEPPE  (Cormano):  Questi ultimi due mesi sono stati caratterizzati da una serie di eventi che hanno inciso e incidono sulla mia vita: il primo è dovuto alla mia situazione lavorativa, il secondo è legato alla morte di mia madre.  Era da più di un anno che cercavo un nuovo posto di lavoro e non riuscivo più a collocarmi. Sembra che una persona superati i cinquant’anni sia messa da parte, pronta per andare in pensione; in realtà è troppo giovane per andarci. Di conseguenza mi sono inventato un altro lavoro. Con un amico ho aperto un’attività commerciale in Cormano  dove abito. In una vecchia corte milanese  ho riaperto con questo amico un negozio che era chiuso da trent’anni, iniziando un’attività di vendita di accessori in pelle, di borse, borsellini … Devo dire che durante il mese di dicembre abbiamo avuto un discreto successo; ora pensiamo di ampliare la nostra attività cercando di mettere i nostri prodotti in internet per una vendita on line. In questo posso valorizzare quelle che sono le mie funzioni e le mie capacità, essendo io un informatico. Ho creato una pagina su face book dove ho già raggiunto nel giro di due settimane quasi duecento persone a cui piace la pagina; non so come ho fatto, ma circa quarantamila persone hanno già visitato le mie pagine. Rimango veramente sbalordito da queste cose che vengono fuori dal mondo dei social network. Ma al di là di questo, quello che mi preme far notare è la constatazione che dalla morte di mio figlio avvenuta quattordici anni fa, la strada che in seguito ho percorso con voi  mi ha fatto veramente cambiare la mia visione della vita. Il fatto di poter riconoscere che un Qualcuno è sempre al mio fianco, e per qualcuno io intendo Cristo, è sempre una grande, grandissima consolazione. E’ questo secondo me il significato vero della fede. Io posso dire che vivo con la fede, perché la fede è ciò che mi ha dato la forza di rimettermi in gioco anche dal punto di vista lavorativo. L’ennesima riprova l’ho vista nello spegnersi di mia mamma. Oggi stavo facendo una riflessione su cosa rappresentava per me. L’ho sintetizzata con due parole. La prima è data dalla tenerezza, dalla tenerezza del suo sorriso, delle sue carezze quando mi sfiorava il viso; la seconda è data dalla fermezza. Mia mamma era una persona ferma nei suoi modi di pensare, di agire, e soprattutto era ferma nella fede; questo è quello che maggiormente mi ha insegnato nella sua vita e che mi ha dato una grandissima forza, anche e soprattutto in questi anni dove anch’io mi sono riavvicinato alla fede; devo riconoscere che il suo insegnamento in questo senso è stato fondamentale anche se l’ho riconosciuto dopo, perché nell’età giovanile non ci pensi molto, ma poi la realtà certi atteggiamenti, certe esperienze, certe testimonianze, come quella del nostro amico Antonio, ti rimangono dentro e ti lasciano il segno.

 

MARISA (Busto Arsizio):  Vorrei riallacciarmi a quanto Giuseppe ha detto. Come genitori possiamo e dobbiamo lasciare ai nostri figli una eredità di fede. Certamente hanno un grande bisogno del nostro esempio; viviamo una vita in cui non è facile incarnare la fede tutti i giorni.  Si fa  fatica a vivere assieme tra marito e moglie e  riconoscere che lo Spirito Santo agisce nel nostro matrimonio; anche dopo quarant’anni  di vita insieme per chiunque possono  sorgere incomprensioni che ancora possono dividere.  Il nostro matrimonio ci deve aiutare a crescere nell’amore anche con il reciproco perdono. Come Giuseppe nei confronti di sua mamma, anche mia mamma è stata un grande esempio di fede, con cui ha vissuto il suo matrimonio pur nella ristrettezze economiche, il rapporto con il marito e con i suoi  tredici figli, di cui io sono l’ultima.

 

GIORGIO  T.  (Milano):  Vorrei sottolineare un punto della catechesi del papa che ha tenuto in occasione dell’udienza dello scorso 24 ottobre. Devo dire che ho molta ammirazione per il papa: è veramente un Maestro, un maestro che ci illumina. Nello spiegarci cosa siano la fede e il suo valore, il papa dice: “Alla base del nostro cammino di fede c’è il Battesimo, sacramento che ci dona lo Spirito Santo facendoci diventare Figli di Dio in Cristo e segna l’ingresso nella comunità della fede, nella Chiesa.” E ancora: “Non si crede da sé  senza il prevenire della grazia dello Spirito; e non si creda da soli, ma insieme ai fratelli.” Questo “insieme ai fratelli” mi fa capire che è nella Chiesa, comunità ricca di testimonianze di fede, che noi possiamo alimentarci e far crescere la nostra fede. All’interno della Chiesa vive Famiglie in Cammino: la testimonianza che Antonio ci ha lasciato, come le altre testimonianze vissute in Famiglie in Cammino sono per me un alimento che mi aiuta ad avere fede, perché credo che Gesù Cristo agisce nella vita di ciascuno di noi e ci dà l’aiuto, il sostegno di cui abbiamo bisogno. Nel modo giusto, al momento giusto ci dà la speranza, ci dà il coraggio. Paragonare la vostra vita con la mia mi conforta, perché se il Signore ha aiutato Giuseppe e Antonio, aiuterà anche me sia pure in modo diverso ma sempre in modo adeguato. Noi di Famiglie in Cammino siamo partiti vent’anni fa da un evento di dolore, da un evento tragico, ma abbiamo chiesto l’aiuto al Signore. E’proprio stando insieme e sentendo il cammino di fede che altri hanno fatto, siamo sostenuti e aiutati nel nostro cammino di ede. Quello che dice il Papa io lo verifico concretamente nell’ambito di Famiglie in Cammino, perché la fede in Cristo non è una fede isolata, ma è, ripeto, alimentata, accresciuta dallo stare insieme con gli altri fratelli.

DON GIANCARLO:  Questo è un intervento di riflessione e di meditazione sul metodo educativo, pedagogico, attraverso il quale favorire il maturarsi nei nostri cuori della coscienza di ciò che si è. C’è una fede che è  di tradizione e c’è una fede personalizzata. La fede di tradizione cioè ripetitiva, di abitudine, è un valore ma non è l’ideale come attrezzatura per ingaggiare tutte le sfide della vita. Una fede tradizionalista è come un abito, una divisa che ci si mette addosso, che copre ma non è parte di te. La fede personalizzata, invece, non può mai essere paragonata con la divisa cioè a qualcosa che permetti che ti venga addossato e che porti con te nella bisaccia, nello scrigno dove ci sono cose antiche e cose nuove da tirar fuori quando conviene o da lasciare in disparte quando non interessa o non conviene. La fede personalizzata è frutto innanzitutto dell’incontro con Gesù oggi e non una volta, ma tante volte nella vita. Questa fede fa trasparire negli occhi di chi la vive una presenza e un atteggiamento interiore che non è di chi subisce, ma di chi è desideroso di far tesoro di ciò che viene comunicato, frutto di quell’incontro che è la presenza viva di Gesù attraverso i testimoni, attraverso fatti di vita, attraverso esperienze rinnovate, attraverso illuminazioni che accadono e che poi confermano, purificano e che permettono di assimilare le verità profonde. Questa fede risponde al desiderio, alle esigenze, al bisogno che attanaglia, ferisce il cuore. La fede personalizzata convince, lega all’autentico tesoro che è l’incontro con Cristo.  Tanto è vero che per trattenere questo tesoro si è disposti a rischiare tutto. Il papa ci invita quest’anno a riscoprire e ad approfondire l’incontro con Gesù perché la nostra fede non rimanga una fede  tradizionalista. Nella catechesi tenuta in occasione dell’udienza del 17 ottobre , lui così spiegava: “La ricorrenza dei cinquant’anni dell’apertura di Vaticano II è un’occasione importante per ritornare a Dio, per approfondire e vivere con maggior coraggio la propria Fede, per rafforzare l’appartenenza alla Chiesa Maestra di umanità che attraverso l’annuncio della parola, la celebrazione dei Sacramenti è opera della carità, ci guida a incontrare e conoscere Cristo vero Dio e vero Uomo”. Si tratta di un incontro non come idea ma come progetto di vita, un incontro con una persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di Figli. Quanto ci ha raccontato Marisa del suo rapporto matrimoniale con Marcello rivela che anche a distanza di quarant’anni, malgrado le increspature, è un rapporto sano, come quando sotto la superficie a volte burrascosa del mare, nelle profondità regna la tranquillità delle acque. Le bufere, le fragilità sono il pane quotidiano, da non subire, da non giustificare, ma da sanare. Come ricordava anche Giorgio, la comunità, l’appartenenza ad una compagnia di fratelli, di amici, vivificata dall’azione dello Spirito, illuminata e pervasa di preghiera, di ascolto di Lui e con Lui che ci parla, è una garanzia grande.

 

DINO (S. Lorenzo di Parabiago):  Vorrei riallacciarmi ai discorsi fatti con cui sono totalmente d’accordo. Ciò non toglie che certi pericoli andrebbero forse più specificati, esplorati meglio. Dette così, fede di tradizione e fede personalizzata, sembrerebbe che ognuno sia votato a farsi una propria fede perché personalizzata. Il Papa invece stigmatizza il relativismo di una fede personale che oggi va di moda e che cerca di cambiare la fede a proprio piacimento, in rapporto al proprio comodo e non a ciò che è vero. Io sono convinto che sia necessario che ognuno elabori una propria fede, perché possa viverla al meglio in questa società, ma sono anche convinto che senza aver acquisito una fede fedelmente trasmessa e che la Chiesa ci propone, quindi una fede di tradizione, non possiamo essere autentici testimoni. Credo sia sbagliato negare il valore della tradizione; più noi conosciamo il valore autentico della tradizione che ci è stata trasmessa, più siamo portati ad elaborare la nostra fede perchè sia il più aderente possibile al nostro essere.

 

NATALE (Usmate):  Colgo l’occasione per ringraziare Dino che in modo preciso e attento settimanalmente via mail ci manda la catechesi del papa. Dobbiamo rendergli merito.

 

DON GIANCARLO:  Probabilmente non mi sono fatto pienamente capire con i vocaboli che ho utilizzato. La fede della tradizione non è la fede tradizionalista  come la fede personalizzata non è una fede personalistica. La fede di cui giustamente  Dino ha rimarcato delle sottolineature oggettive e inderogabili è la fede trasmessa dalla tradizione, il cui vocabolo in latino indica qualcosa che è tramandato, trasmesso, consegnato da uno all’altro. Il cattolicesimo è tradizione vivente incominciato con Gesù come avvenimento. La Chiesa è il segno vivo di questo evento che è sempre in corso e che trova sempre testimoni così santi, così appassionati, così credibili da essere garanzia e fuoco che scalda, luce che illumina e presenza affascinante che contagia. ll tradizionalismo è una manipolazione comoda della tradizione. I tradizionalisti non sono in grado di rendere ragione della certezza della fede che dicono di possedere.  D’altro canto la fede personalizzata non è mai personalismo, non è mai qualcosa che tu elabori per te; questo sarebbe manipolazione riduttiva della presenza di Gesù. Con il vocabolo personalizzazione intendo quel riconoscimento, quella sequela, quella adesione, quella esperienza della verità che ripetuta diventa logica, diventa sensibilità, diventa sguardo che ti permette di dire “Non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. La personalizzazione è un’assimilazione  potente e miracolosa all’avvenimento Cristo.

Attraverso le catechesi settimanali del papa bellissime e chiarissime, possiamo meditare sul valore della nostra fede. Ci aiutano, in mezzo alle difficoltà della vita,  a capire cosa vuole Gesù da me durante la mia giornata lavorativa, nelle difficoltà con i figli, fra i tanti problemi. Ci aiutano a vagliare un giudizio che parte da Lui e che rende vero ciò che lo è, che ci aiuta a rivolgerci a Lui con il grido del pellegrino che ha bisogno di conforto e di sostegno: “Oh Signore, guarda giù, non lasciarmi solo perché altrimenti qui si mette male.”

 

 

 

 

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