famiglieincammino.org

  • Full Screen
  • Wide Screen
  • Narrow Screen
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size

Febbraio: Incontro Mensile

E-mail Stampa PDF

INCONTRO FEBBRAIO 2008


Natale Colombo (Usmate). Il gesto della Santa Messa è un gesto bellissimo, perché ci aiuta ad iniziare il nostro lavoro ed è fare memoria di ciò che abbiamo incontrato. Riprendiamo le nostre riflessioni sull’Enciclica del Papa.

Don Giancarlo. Per chi è con noi per la prima volta ricordo che il Papa, dopo aver presentato nella prima parte dell’Enciclica la natura dell’amore, la natura di Dio, nella seconda parte la domanda riguarda la Chiesa e a quali forme di carità è chiamata nella società, per vivere al suo interno una comunione che elimini il più possibile le disparità fra abbienti e meno abbienti. Per quanto concerne la giustizia, la Chiesa che contributo può dare allo Stato. E’ compito dello Stato creare condizioni di giustizia. Compito della Chiesa non è né quello di fare da stampella allo Stato, né quello di dettare leggi allo Stato. La Chiesa, nel corso dei secoli si è dotata di una sua dottrina che è la dottrina sociale che dalla fine del ‘700 ad oggi ha visto un crescendo. Il prossimo mese anche Benedetto XVI farà conoscere l’enciclica che sta completando che ha come contenuto l’interesse sociale.
Nella Deus Caritas il Papa distingue gli ambiti e qualifica la caratterizzazione che la Chiesa vive dentro la società, parallelamente alle iniziative e alle istituzioni filantropiche dello Stato. Attraverso cenni storici ci mostra come già nella Chiesa dei primi secoli Stefano è stato il rappresentato della diaconia, prima forma di caritativa vissuta nella Chiesa di Gerusalemme. Nella Chiesa latina, a Roma, San Lorenzo era uno dei diaconi della Chiesa. L’imperatore, dopo aver arrestato il Papa e alcuni confratelli, chiede a Lorenzo di raccogliere i beni della Chiesa e consegnarli alle autorità. Lorenzo, con un’intuizione geniale che solo la fede può suscitare, regala tutte le ricchezze della Chiesa ai poveri e li presenta all’imperatore come i gioielli della Chiesa.
E’ un aiuto che vogliamo darci per ascoltare esperienze vissute e uscire dalla nostra assemblea con una capacità rinnovata nel vivere le proprie povertà e guardare le povertà altrui con uno sguardo di simpatia, aprendo il cuore alla disponibilità.

Giorgio Targa (Milano). Della lettura dell’enciclica per me è molto importante la prima parte quando il Papa ampiamente ci dimostra che Gesù ci ha amati per primo dandoci la sua vita sulla Croce e ci ha dato la Chiesa come ambito dove poter crescere. Da questo amore che riconosco di aver ricevuto fin dal momento del Battesimo, ci parla di come si attua concretamente questo amore. Ciascuno nella sua vita cerca di declinare questo amore nelle modalità e nel contesto in cui si trova, con la storia personale che il Signore ci dà. Per tradurre l’amore che io ho ricevuto da Cristo in un amore verso i fratelli, devo fare due distinzioni: un’attività di amore gratuito, dove il denaro non conta nulla; ad un’altra attività dove il denaro conta un po’. Sappiamo bene che in un brano del Vangelo Gesù si rivolge ai discepoli dicendo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Quando il Signore mi ha dato un grande dolore ho capito che la prima cosa da fare dopo che il Signore mi ha aiutato a superare questa prova, era aiutare altri genitori. E’ per questo che 16 anni fa, insieme con gli amici, ho iniziato Famiglie in Cammino. Famiglie in Cammino è una forma di amore umano e cristiano dove abbiamo avvicinato, accolto genitori che hanno dovuto affrontare lo stesso evento per aiutarci reciprocamente in un cammino di conversione. Ritengo che questo sia un dono grandissimo che Cristo ha fatto alla mia vita dandomi questo lavoro, che affronto molto serenamente perché è qualcosa che solo il Signore poteva volere dalla mia vita, dandomi coraggio ed energia per compierlo.
Il secondo ambito comprende le cose più concrete e vedo che ci sono degli ambiti di carità organizzata, con modalità scopi precisi. Nella memoria di nostro figlio Leonardo che frequentava la scuola, ho privilegiato delle fondazioni che aiutano dei giovani privi di mezzi economici per affrontare la scuola, oppure giovani che dopo aver frequentato per un certo periodo la scuola hanno avuto degli sbandamenti e hanno bisogni di corsi per inserirsi nell’attività lavorativa e specificatamente una scuola che offre diplomi per l’utilizzo dei computer. Il nostro sostegno va anche alla cooperativa di solidarietà di Lorenzo Crosta per aiutare i giovani nella ricerca di lavoro, rendendoli sereni. Con i miei limiti e poche capacità, ma con la mia molta buona volontà ho cercato di declinare nella mia vita quanto il Papa ci indica essere un compito per ogni cristiano, cioè l’aiuto agli altri. Ho solo ascoltato la parola e l’insegnamento di Gesù che San Paolo ribadisce in una frase: “L’amore di Cristo ci spinge ad aiutare altri fratelli”.

Savina D’Incognito (Milano). La carità è una disposizione dell’anima a fare del bene. Sono personalmente convinta che non esista nessun cammino spirituale che non contempli e conduca a delle opere, alla carità. Il cammino contempla per primo amare Dio sopra ogni cosa, è Lui che lo comanda. Ogni uomo, però, è creato ad immagine di Dio, ed è nostro fratello, automaticamente ne deriva la carità. Se apriamo il nostro cuore all’amore non ci mancano le occasioni per la carità. Agire in questo modo porta a una dilatazione del proprio io coinvolgendo la Chiesa, l’umanità che porta ad una rinascita per noi, in un modo nuovo.

Nazareno (Tradate). Per vivere la carità sociale occorre chiedere per capire di cosa c’è bisogno. Non può bastare solo l’aiuto economico, a volte occorre un consiglio, un sorriso, parole di incoraggiamento, un po’ di compagnia, prestarsi per qualche servizio a chi è in difficoltà. Farsi prossimo in modo disinteressato, semplice e spontaneo, fare in modo che gli anziani, gli ammalati, non si sentano sole; dare loro importanza perché si sentano importanti. Gesù dice: “Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi, se vi amerete gli uni gli altri comprenderanno che siete miei discepoli”. Credo che tutti noi abbiamo una fame e sete enorme di diventare discepoli di Gesù, anche se le nostre colpe ci sovrastano. Sappiamo bene, però, che la sua misericordia è molto più grande delle nostre colpe, perciò dobbiamo amare per essere amati. Credo che su questa strada ci si incammini alla carità.

Giorgio Macchi (Varese). Ringrazio il Signore che mi ha dato la possibilità di incontrare delle persone che mi hanno indicato come anche nella tragedia ci sia una luce. Non è tanto la nostra capacità di aderire a forme di carità. Prima della morte di Lidia la forma della carità che perseguivo era più una forma di solidarietà, in quanto facevo delle cose più per dovere che per amore. Il dovere alla fine stanca, oppure porta a dover valutare i pro e i contro nel compiere un certo gesto, non è quindi positivo. Ciò che mi aveva sorpreso nel vivere la morte di Lidia, era come chi frequentava certi ambiti avesse dentro di sé il senso della carità che mi serviva per proseguire la vita. Mi avevano colpito gli amici di mia figlia che si erano presentati nel momento peggiore della mia vita, in cui non sapevo come affrontare il dolore, mentre gli amici con cui fino ad allora avevo condiviso molte cose, non erano capaci di sostenerci. Gli amici di Lidia sono state le persone che ci hanno permesso di capire, attraverso anche dei piccoli gesti, cosa fosse la gratuità. Non avrei mai pensato alla fondazione nata a nome di Lidia, in Africa, senza queste persone. Questo è stato l’inizio, perché ci si butta nella caritativa, magari per non pensare, poi col tempo si amano le cose che si fanno perché c’è una ragione. Questa esigenza diventa un cammino della persona, la caritativa diventa un bisogno di vita, ogni giorno la vita è segnata da queste cose.
Il percorso iniziato con gli amici nell’opera di Famiglie in Cammino ha avuto questo contrassegno. La perdita di Lidia ha scatenato nel mio cuore, in quello di mia moglie e degli amici il bisogno di aiutare il prossimo per amore e come ringraziamento per tutto quello che avevamo ricevuto da chi ci è stato vicino. Diventa così un cammino affidato in cui si impegnano le capacità che ci sono state donate. Le opere possono sorgere dall’intuito delle persone e sono portate avanti dall’amore che c’è nella Chiesa. Io sono stato chiamato a dirigere l’asilo che quest’anno ricorda il centenario della sua fondazione. Molti hanno potuto godere di questo servizio, tra cui io e i miei figli, quindi ciò che faccio oggi vuol essere un ringraziamento per tutti coloro che hanno contribuito a portare avanti questa opera.

Vito D’Incognito (Milano). Nella biografia di una Santa ho trovato questo pensiero: “Quando qualcuno non conosce le proprie origini è imbarazzato nel raccontare da dove viene”. Credo che sia altrettanto imbarazzante nel non sapere rispondere a domande su che cosa è la Chiesa, chi è Dio, chi è Cristo ecc. Quindi per cercare di seguire fedelmente il messaggio di Cristo a volte si ha l’esigenza di approfondire. Una cosa che mi ha sorpreso nel convegno di Verona del 2006 è un riferimento alla lettera a Diogneto della fine del I secolo: “A volte è meglio non dire di essere cristiani ma fare le opere a nome di Cristo, che dire di esserlo e non seguire i Suoi insegnamenti”. L’annuncio del Vangelo era raccontato dai primi Apostoli mossi dal desiderio di diffondere l’insegnamento di Cristo spendendo per questo la loro vita.
Credo che la carità la si possa fare quotidianamente nei più svariati ambiti e ognuno di noi può trovare degli spazi particolari. Ad esempio io mi diverto a cucinare per gli atri alla mensa dei poveri. La mia apertura di cuore deriva dalla consapevolezza del grande dono che Dio mi ha fatto e continua a farmi. La morte di Gesù è per la mia redenzione, sapendo che gratuitamente ho ricevuto tutto e gratuitamente, con il cuore rivolto a Gesù, voglio donare. Il dono, allora, può diventare l’incontro con Cristo attraverso la lettura evangelica, attenzione e servizio per gli altri, la preghiera per il prossimo, anche un nemico dichiarato della Chiesa per il quale posso pregare perché in lui abbia a smuoversi l’animo. Il dono può diventare la meditazione della parola, per cercare di capire cosa Dio vuole dirmi. Dono è anche riconoscere la mia pochezza e ciò che faccio non è merito mio. Dono è poter contare in qualsiasi momento su di un grande Amico che mi ascolta e mi aiuta a ritrovare la serenità, un Amico con il quale instaurare un dialogo continuo interiore. Dono è l’umiltà di ringraziare per tutto il bene che ci è donato quotidianamente. Dono è anche la capacità di cogliere la presenza di Dio nelle persone e nei momenti particolari che viviamo quotidianamente.

Anna Maria (Milano). E’ da due anni che frequento il gruppo di Famiglie in Cammino. Mio figlio Massimiliano è mancato due anni e mezzo fa. Vorrei dare un incoraggiamento a Sandra che per la prima volta è con noi. Il vero problema è riuscire ad affidarsi. Io sono ancora lontana dal farlo sempre tutti i giorni. Quando ci riesco capisco che mio figlio è comunque sempre con me e faccio qualcosa per lui. Un amico, l’anno scorso, mi ha detto: “Se imparerai ad affidarti vedrai che le cose andranno meglio”. Io ho ancora un lungo cammino da fare ma credo che dobbiamo darci anche del tempo. In questo momento sto tentando di aiutare una mamma, coetanea di mio figlio. Silvia ha perso la bambina un anno fa e capisco che in lei ci sono molte ritrosie nel farsi aiutare. Credo di avere dei limiti in questo senso.

Don Giancarlo. Chi intraprende gesti, servizi, mossi dal principio della carità, cioè amore ricevuto che poi è partecipato e dilatato su altri, diviene un testimone. Chi fa carità è il testimone più credibile di Dio. Compito della Chiesa è essere immagine vivente e contemporanea alla vita dell’uomo di Dio che ama, di Dio che genera vita e redime, permettendo all’uomo di realizzarsi nel destino di pienezza e felicità. Guai se il testimone decide di fare il testimone, diventerebbe un mestiere.Il testimone è colui che vive per sovrabbondanza di amore, non più contenibile in sé, accetta di uscire da sé perché gli è stato dato di incontrare qualcuno che lo ha posto davanti ad una necessità. Allora si può dire il proprio sì. Mentre dice sì, dà un giudizio interiore e diventa molto importante coglierlo a livello di consapevolezza critica. Dicendo sì a quel servizio e a quelle persone che fruiscono di quei servizi, decido che quelli diventano mio prossimo. Il prossimo non è l’uomo, diventa prossimo se si decide su di lui uno sguardo di preferenza e condivisione. Se teniamo presente il metodo con cui il testimone vive, non per convincere ma per rendere l’altro una presenza su cui calare la sovrabbondanza di gratuità, tale metodo può rendere liberi.

Matteo La Pescara (Busto A.). Qualche giorno fa sono andato all’Inps e ho incontrato un mio collega di lavoro che ha voluto farmi conoscere suo fratello. Nel lasciarci ha voluto ringraziarmi per quello che aveva fatto Michele, mio figlio. Ho chiesto una spiegazione e mi ha raccontato che dopo che era diventato invalido gli amici non lo guardavano più, mentre Michele ha continuato ad essergli amico, lo aiutava e lo accompagnava in macchina. Ha potuto vivere dei momenti sereni grazie a Michele.

Don Giancarlo. Nello scenario della storia pochi colgono, dai servizi, dai gesti, dagli incontri con persone capaci di amore, la bellezza affascinante che scaturisce dalla gratuità. Alla fine, quando sarà tutto chiaro, si vedrà come la storia dell’umanità, dentro e fuori la Chiesa, è stata intessuta più da trame di amore che non da trame di conflitto e di odio. La cattiveria è solo il movimento di coda del Satana ucciso. Gesù dice.: “Io ho vinto il mondo, non abbiate paura”. Sarà chiaro e fonte di gioia permanente l’accorgersi che ciò che ha dato speranza al genere umano è l’amore e noi continuiamo a essere dei soggetti che attingono all’oceano infinito dell’amore di Dio e che a loro volta accettano di prendere da questo oceano un mestolo di energia di amore e portarlo là dove c’è sete, aridità, angoscia e mendicanza.

Natale Colombo (Usmate). La settimana scorsa mi è capitato di vivere con gioia e al medesimo tempo partecipazione al bello facendo una vacanza con degli amici qui presenti, sulle Dolomiti.
Ogni volta che raggiungevamo una vetta indugiavamo ad osservare il paesaggio circostante e mi ha colpito la definizione popolare del monte Pelmo detto “cadregun del Padreterno” lì evidentemente l’uomo ha colto la maestà della montagna che fa pensare alla presenza buona di Dio. Questa grandezza, l’emozione che mi ha colpito, la capisco ancora di più adesso, perché vivere con coscienza che qualcuno ci ha offerto questa immensità ci fa essere grati. Questo atteggiamento è possibile se si impara ad amare Cristo, il Padre grande che ci ha dato la bellezza, la nostra umanità e la gioia.

Don Giancarlo. L’uomo, soprattutto dopo aver incontrato Gesù, e dopo essere stato in sua compagnia, si accorge che porta in sé fattori che lo definiscono come uomo e sono la sete di infinito, di bellezza sconfinata, di amore, ma è anche portatore e testimone inesauribile di amore perché il suo cuore è un concentrato di divino. Dio è sorgente di amore e in quanto sorgente eroga amore.Il creato è manifestazione di questo amore incontenibile nel quale eros e agape, passione e gratuità, si sono fusi in un’energia che può dare forma al cosmo in un istante e provvede al suo dilatarsi. Dio è creatore e continua a restaurare e a provvedere al creato perché, dopo i disastri che l’uomo compie, dal peccato originale in poi, mira a far godere a tutti i cieli nuovi e la terra nuova. Il progetto di Dio non è il far finire tutto, ma il far finire la conflittualità nel presente per offrire lo spettacolo della bellezza che ha sempre salvato e continuerà a salvare l’autenticità del cuore umano.
Di fronte ad ogni visione di bellezza, infatti, l’uomo si ferma, si commuove e reagisce con stupore. L’uomo può cambiare. Ad esempio Paul Claudel si è convertito perché nel pomeriggio di un giorno di Natale è entrato in Notre Dame dove l’organista preparava i vesperi che si sarebbero cantati prima della Messa. E’ rimasto estasiato dalla bellezza del mistero attraverso le note musicali ed ha scritto grandi opere cristiane. Ne L’Annuncio a Maria fa pronunciare ad Anna Vercore, papà di Violenne che porta in braccio la bimba morta: “Scopo della vita non è vivere, ma morire e spendersi”. Spendersi come dono permanente e come dono totale.
La condizione che permette all’uomo di vivere la sete di amore ed essere testimone di amore è stare in sequela, stare con un Maestro che è la Chiesa, corpo vivo di Gesù, e dentro ad essa stare con discepoli che brillano nella nostra considerazione come fulgidi esempi che incoraggiano e per cui si è iniziato ad imparare e nel cui solco si vuole continuare a camminare, per maturare il cuore di gratuità.
A volte mentre si compie un atto di amore e attenzione gratuita, altri ne approfittano indebitamente quindi nasce la domanda se ne vale la pena. Sorge poi una conseguente domanda con quale cuore ripartire, con il cuore diffidente o con il cuore libero del discepolo? Di fronte alla non riconoscenza occorre trovare la fonte da dove poter attingere la forza per continuare.

You are here: Testimonianze Anno 2008 Febbraio: Incontro Mensile