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Maggio: Pellegrinaggio al SANTUARIO DI FONTANELLATO (PARMA)

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Pellegrinaggio al SANTUARIO DI FONTANELLATO (PARMA)
 


Anna Rimoldi (Busto A.). A reggere il Santuario sono i Padri Domenicani, assistiti dalla divina intercessione della Madonna che ha permesso più volte la rinascita della comunità, dispersa dalle guerre e sciolta a più riprese dalle disposizioni dei vari governi. Tante volte i Padri Domenicani se ne sono allontanati e altrettante volte ne sono rientrati in possesso. Nel 1512 i frati si stabiliscono nel villaggio di Fontanellato, nel luogo di S. Giuseppe. A causa delle continue guerre locali, sarà a partire dalla seconda metà del 1500 che potranno iniziare ad esercitare la loro opera di predicazione e di evangelizzazione. E’ nel nome della Madonna del S. Rosario che la comunità si allarga e fonda una confraternita che, seguendo le disposizioni del Papa domenicano S. Pio V, diffonde il culto a Maria. Questo papa, infatti, aveva attribuito la vittoria sui Turchi a Lepanto nel 1571 alle intercessioni della Vergine del Rosario.
Nel 1615, l’immagine di legno della Madonna col bambino fu commissionata ad un artista locale, rimasto ignoto.

Borsani (Cassano Magnago). Durante questo pellegrinaggio vogliamo guardare a Maria come modello di fede pronta e semplice per tutta l’umanità. Chiediamo che Famiglie in Cammino sia sempre più un ambito vivo, stimolante e ricco di esemplarità per la testimonianza di chi la vive. Chiediamo, inoltre, a lei, presente agli inizi della genesi della Chiesa, figlia di suo figlio, di poter amare la Chiesa tutta. Pensiamo alla Cina dove non è rispettato il primato del Papa nell’ordinazione dei Vescovi, alla chiesa europea che vive una situazione di confusione e di insufficiente sequela a Cristo.
L’annuncio dell’angelo coglie di sorpresa Maria che, infatti, risponde: “Come potrà avvenire questo, se non conosco uomo”? Questa domanda porta in sé una gran fiducia, piuttosto che un’obiezione. Fiducia nel fatto che a Dio nulla è impossibile. Dopo la risposta dell’angelo è subito pronta a dire il suo sì, con la semplicità di una ragazza di 16 anni. Maria ci fa capire come può essere semplice, anche per noi, dire “sì, ti seguo”. Basterebbe stare in ascolto del desiderio del proprio cuore.

Dopo l’annuncio, l’angelo lascia sola Maria. Questa ragazza dovrà affrontare i genitori e il promesso sposo. Leggendo il Vangelo non affiora alcun turbamento. Maria è totalmente affidata alla potenza di Dio. La sua prima preoccupazione è piuttosto quella di andare a trovare sua cugina Elisabetta per starle vicina e aiutarla. Maria, che ha sentito su di sé l’amore di Dio, capisce che quest’amore è così grande che deve metterlo a disposizione anche agli altri.
Si definisce qui la missione che anche noi siamo chiamati a vivere. Abbiamo incontrato una compagnia che ci ha fatto conoscere ed incontrare Cristo che ci ha cambiati. Raccontandoci la nostra storia, spesso paragoniamo la nostra vita con un prima e un dopo. Capiamo che il cammino intrapreso è benefico per noi, così lo desideriamo anche per chi ci è dato di incontrare.

Nel miracolo delle nozze di Cana, colpisce la tenerezza del rapporto tra Maria e Gesù. Non c’è più vino e la Madre dice ai servitori: “Fate quello che vi dirà”. Gesù le obbedisce e compie il suo primo miracolo. Siamo incoraggiati a rivolgere con fiducia le nostre preghiere a Maria che è la mediatrice tra l’uomo e Dio.

Il Cantico di Dante della Divina Commedia sottolinea magistralmente questo: “La tua benignità non pur soccorre a chi dimanda ma, molte fiate, al dimandar precorre”. Non solo la tua benevolenza viene in aiuto a chi si rivolge a te, ma molte volte anticipi l’invocazione.
Ai piedi della Croce Maria non è lasciata da sola. Da Cristo viene affidata a Giovanni e trova così una compagnia di amici. Anche per noi Cristo ha scelto e formato una compagnia in cui possiamo sentirci sostenuti.

Oggi incontreremo la comunità che opera a S.Ilario. È una comunità che si sta costituendo come movimento ecclesiale. È al servizio delle parrocchie e dei giovani attraverso scuole e varie attività parrocchiali. È divenuto possibile grazie ad Anna e Giovanni Rimoldi che intrattengono rapporti di amicizia con la famiglia Picchi. Li abbiamo incontrati nel marzo scorso.
L’incontro con un gruppo che vive un carisma diverso dal nostro ci darà l’opportunità di riflettere sulla comune appartenenza alla vita della Chiesa.

Come la prima esperienza della Pentecoste non ha eliminato le differenze così la Pentecoste contemporanea unisce la varietà dei carismi nel professare l’unica fede in Cristo.
Papa Giovanni Paolo II nel settembre 1981 disse: “I movimenti nel seno della Chiesa esprimono quel molteplice movimento che è la risposta dell’uomo alla Rivelazione, al Vangelo: il movimento verso lo stesso Dio vivente che tanto si è avvicinato all’uomo; il movimento verso il proprio intimo e verso il proprio cuore il quale, nell’incontro con Dio, svela la profondità che gli è propria; il movimento verso gli uomini, nostri fratelli e sorelle, che Cristo mette sulla strada della nostra vita”.
Visitando il duomo e il battistero di Parma saremo sicuramente colpiti dalla bellezza dei lavori artistici. Cerchiamo di vivere intensamente questa giornata e la bellezza della nostra amicizia.


INCONTRO COMUNITÀ DELLE BEATITUDINI

Natale Colombo (Usmate). Noi siamo genitori che dall’esperienza del dolore abbiamo iniziato a vivere insieme l’esperienza della fede. Insieme è più facile affrontare il dolore. Questa esperienza è nata nel ’92. Le prime famiglie hanno gradualmente allargato l’esperienza ad altre famiglie. Ci incontriamo una volta al mese nella parrocchia di don Giancarlo a Busto Arsizio a mettere in comune le nostre esperienze di vita. Come strumento di lavoro, annualmente, adottiamo qualche testo significativo su cui paragonarci per far maturare una sensibilità comune. Siamo famiglie che hanno vissuto la perdita del figlio. Questo dramma porta a isolarsi o a chiedere aiuto. La nostra amicizia ci ha aiutato a dare un senso positivo a quanto ci è accaduto.

Nazareno. Con Famiglie in Cammino ho approfondito la mia fede, ho imparato a conoscere di più Cristo e sentirmi vicino a lui. Un ringraziamento particolare a don Giancarlo che ha abbracciato il nostro dolore come ha fatto Cristo per i nostri peccati.

Don Giancarlo. L’unità dei cristiani è il sacramento vivo di Gesù, la sua presenza vivente qui e ora. Il nostro stare insieme non è solo per colmare un vuoto. L’umano, essendo veicolo del divino, risolve e lenisce le ferite riabilitando vite devastate. Tutti cercano di mettersi insieme. Il cuore dell’uomo infatti cerca compagnia proprio perché è immagine e somiglianza della compagnia trinitaria. Noi vogliamo imparare ad affrontare l’umano da Gesù.
Ci sta anche a cuore la missione. Famiglie in Cammino è nata con l’intento di offrire ad altre famiglie provate dalla tragedia della perdita di figli un luogo in cui sentirsi accolti per ricuperare la speranza sulla vita. Gesù è la vita e promette il centuplo quaggiù insieme alle prove e poi la pienezza.

Spaggiari Gabriella (S. Ilario d’Enza). Ho apprezzato molto quanto è stato detto che condivido pienamente perché anch’io ho perso una figlia. Certamente la risposta la cerchiamo nel Signore ma non come una consolazione che appaghi uno stordimento. Nella comunità, nel cristianesimo si deve cercare una risposta alle vicende della vita.
Il nostro cammino è iniziato 50 anni fa, si è allargato a tanti altri amici e questi amici sono stati di aiuto nel momento della prova. Questo aiuto ci ha fatto accettare e ha dato un senso a quanto il Signore ci chiedeva. Ogni nostra sofferenza è anche un bene per gli altri. In questi anni abbiamo condiviso molte altre sofferenze dei nostri amici e, per tutti, l’amicizia è stata di grandissimo aiuto.
Le parole di don Giancarlo sottolineano come la risposta che dà il cristianesimo all’uomo, è una risposta piena. Gesù, nell’amore vicendevole, ha posto la radice di tutto e nell’amicizia ha messo il punto focale della nostra vita: “Non c’è amico più grande di chi dà la propria vita”. Si può dare la vita anche nelle piccole cose di tutti i giorni. Ritengo sia questo il segreto della realizzazione della nostra vita e di un’amicizia autentica.

Spaggiari Giovanni (S. Ilario d’Enza). Il nostro gruppo nasce dalla convinzione che l’esperienza delle prime comunità cristiane era un’esperienza paradigmatica per tutti. Abbiamo sentito il bisogno di vivere in pienezza quanto il Signore metteva sul nostro cammino. L’umano però comporta limiti e difficoltà.
Gesù, nella sua vita, ha fatto la scelta di vivere in comunità con i dodici apostoli. Con questo ha voluto dirci, in particolare ai sacerdoti, che possiamo vivere come lui. In piccoli gruppi uniti tra di loro, si può stabilire un’amicizia profonda così da essere tutto a tutti, come diceva S. Paolo.
Il nostro gruppo si chiama “Comunità dell’Annunciazione”. Ci sono poi tanti altri gruppi che si comunicano le esperienze reciprocamente. Tutti questi gruppi fanno parte della Comunità delle Beatitudini.
Quando il Signore ci ha chiamati alla sofferenza l’abbiamo condivisa in modo particolare con la nostra comunità. Lì abbiamo sentito l’amore e la delicatezza. Tutta la comunità ci è stata vicina. Ci ha commosso sapere che i giovani andavano a pregare per noi. Chi è andato a Lourdes, chi ha offerto la propria vita in cambio della vita di nostra figlia. La condivisione è stata di tutti. Come diceva il monaco Thomas Merton “nessun uomo è un’isola”, nella comunione che il Signore ha voluto intrecciare con ogni uomo, noi siamo profondamente legati gli uni agli altri, Credo che la possibilità di vivere in pienezza sia reale..

Natale Colombo (Usmate). Vorrei capire in che modo è nata la certezza che il dolore non era solo tuo ma doveva essere condiviso con altri.

Spaggiari Giovanni (S. Ilario d’Enza). Nel mio lavoro avevo sempre cercato di trovare per me e per gli altri una risposta al problema del dolore. La mia prima esperienza è legata a un ospedale psichiatrico nel quale ho incontrava la sofferenza del disturbo mentale con quella del dolore fisico. Lì ho incominciato a cercare una risposta credibile.
Quando mi è sopraggiunta la prova, mi sono trovato abbastanza preparato. La lotta più grande è stata nella recita del Padre Nostro. Quello è stato il momento più terrificante perché mi rivolgevo a Dio Padre per la guarigione di mia figlia Bernadette mentre vedevo il continuo peggioramento della malattia.
Sapevo che lui voleva il bene ma io il bene lo vedevo nella guarigione. Mi sentivo in contestazione con lui. L’accettazione del disegno di Dio come il bene di mia figlia e mio bene, è stato un momento drammatico. La presenza del sacerdote che partecipava al mio dolore e dei miei amici mi hanno fatto capire che la comunione con la sofferenza di Cristo diventava un momento grandioso di salvezza.
La vicinanza di mia moglie che, pur dentro la sofferenza, manifestava una forza che non poteva essere solo umana mi ha permesso di accettare la prova e non solo di subirla. Eravamo convinti che il Signore ci dava un compito che non poteva esaurirsi in noi. Era un messaggio per la nostra famiglia e per tutti. Credo che le nostre figlie, nel periodo della sofferenza, abbiano capito molto e abbiano vissuto l’unità e la grandezza dell’amore famigliare.
La sorellina che non c’è più continui a essere motivo di unione profonda tra di noi.
Ho intitolato il mio studio a mia figlia e mi accorgo che questa bimba continua a rappresentare, una speranza per tante persone sofferenti.

Giovanni Rimoldi (Busto A.). Mi sono meravigliato della fecondità spirituale espressa dalla vostra comunità. Vorremmo sentire una testimonianza su don Pietro.

Seminarista. Ho potuto vedere dal vivo quello che leggevo nei libri sperimentando un crescendo di gioia e di entusiasmo. Il modo con cui io vedo vivere le famiglie nella condivisione e nel prendersi cura dei figli è un Vangelo aperto. Vengo richiamato alla fedeltà proprio guardando come la famiglia si spende. Una spiritualità alta ed esigente ma che non lascia soli perché si ha la certezza di essere accompagnati in ogni passo.
Ho fatto questa esperienza guardando e seguendo un giovane sacerdote che mi testimoniava la felicità della sua vita attraverso la direzione spirituale. Ho capito che non potevo accontentarmi di poco e dovevo trovare ciò che mi poteva dare il centuplo.
In seminario ho potuto vedere altri giovani come me che avevano i miei stessi desideri. Conoscendoci abbiamo scoperto che ciò che ci accomunava era don Pietro pur non avendolo conosciuto. Ho visto il sacerdozio non come una vita solitaria ma come un’amicizia vissuta con altri sacerdoti. So che quanto posso fare per gli altri mi è possibile grazie alla comunione che sperimento con le famiglie, i sacerdoti e le consacrate delle nostre comunità

Anonimo Vivevamo a pochi chilometri dalla parrocchia di don Pietro ma come famiglia ci sentivamo molto soli. Ci preoccupava anche l’educazione dei figli. Un nostro amico sacerdote ci ha indirizzati alla parrocchia di S. Ilario. Lì, sei anni fa, abbiamo trovato un’abbondanza di grazia e vi ci siamo coinvolti. Ci sentiamo un po’ operai dell’ultima ora ma anche orgogliosi di appartenervi Il percorso educativo è stato talmente coinvolgente che i nostri figli sono venuti a scuola qui e hanno trovato una realtà molto bella.
Nel 1992 morì mio fratello e, subito dopo, è arrivato come parroco della parrocchia un figlio spirituale di don Pietro. Con altri amici anch’io ho conosciuto don Pietro solo attraverso l’opera del parroco. Ciò che ci ha maggiormente affascinati e convinti è stato il vedere come questo sacerdote fosse capace di umanità e relazioni e, nello stesso tempo, capace di travasare in noi giovani alti contenuti di spiritualità. Ci ha accompagnati all’incontro con Gesù e ci ha aiutato a vivere un impegnativo cammino di fede in modo avvincente e coinvolgente. Attraverso noi giovani ha coinvolto le nostre famiglie e le famiglie dei nostri genitori.
Quello che ci è piaciuto di questo sacerdote è che aveva attorno degli amici che gli volevano molto bene. Abbiamo così desiderato di entrare nella comunità delle beatitudini con una nostra piccola comunità.

Don Giancarlo. L’esperienza che stiamo conoscendo è quella di un Movimento ecclesiale. La Chiesa o è questo o è una realtà che tende a chiudersi nella ritualità liturgica e negli schemi tradizionali, priva però di vitalità, di entusiasmi e di fecondità.

Anna Rimoldi (Busto A.). Don Pietro ha iniziato a seguire alcuni fidanzati. Ha costruito con loro importanti rapporti di amicizia. Ha continuato ad essere loro vicino anche nel matrimonio costruendo un progetto educativo fondato sulla condivisione e sull’amicizia nel quotidiano a partire dalla fede in Gesù. Quando da Correggio è stato spostato a S. Ilario d’Enza, sette o otto famiglie lo hanno seguito nella nuova missione. Poco alla volta hanno coinvolto altre famiglie proponendo un’amicizia per condividere la fede e la responsabilità educativa nei confronti dei loro figli. Sono famiglie con tanti figli perché vivono il matrimonio con grande generosità. Questo sacerdote è molto forte e ispirato, anche se molto ostacolato da altri confratelli.
Seguono una regola di vita molto precisa: partecipano alla Messa tutti i giorni, recitano la preghiera delle Ore. Hanno anche momenti di formazione: gli esercizi spirituali due volte l’anno e altri momenti di incontro. All’interno delle loro famiglie sono nate tante vocazioni sacerdotali. La loro preoccupazione educativa si è tradotta nella creazione di scuole gestite da loro. Molti di loro, infatti, vi lavorano gratuitamente come insegnanti o come volontari in varie mansioni.
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